Un elenco delle attività economiche ecosostenibili: in questo consiste la Tassonomia verde, che nelle ultime settimane sta facendo discutere dentro e fuori dalle stanze delle istituzioni europee. Si tratta di quello strumento dell’Unione Europea che avrebbe il compito di orientare gli investimenti privati nel processo di transizione ecologica. L’obiettivo è dare sicurezza agli investitori, proteggere gli investimenti privati dal greenwashing e indirizzarli dove sono più necessari per combattere la crisi climatica.

Il pressing di Francia e Germania

Inizialmente la tassonomia prevedeva solamente le fonti rinnovabili, ma dopo il pressing della Francia per il nucleare da una parte e quello della Germania per il gas dall’altra, il compromesso è stato l’aggiunta di entrambi in tassonomia, attraverso il terzo atto delegato proposto dalla Commissione a febbraio 2022, con un pacchetto unico inscindibile.

In questo quadro l’Italia dietro ai riflettori ha spinto per l’inserimento del metano, come rivelato dal vicepresidente della Commissione Ambiente dell’Europarlamento Bas Eickhout, relatore della legge sulla Tassonomia, in un’intervista rilasciata alla trasmissione Report. Il governo Draghi avrebbe infatti fatto pressioni per l’inserimento del gas sotto l’influenza delle lobby del fossile, Eni e Snam per prime.

Ma la notizia più inquietante arriva dal fronte di guerra: Gazprom, Rosatom e Lukoil (le principali multinazionali fossili russe) secondo un report di Greenpeace avrebbero organizzato una campagna per far sì che il gas e il nucleare ottenessero l’etichetta di sostenibilità dell’UE, rafforzando il potere geopolitico di  Putin e rendendo l’Europa ancora più dipendente dall’energia russa per i decenni a venire, con buona pace delle tanto acclamate sanzioni nei confronti di Mosca.

Il voto appare purtroppo abbastanza prevedibile, anche se è di questi giorni la notizia che la Germania voterà contro questa nuova tassonomia, essendo contraria alla presenza del nucleare. Ma per bloccare la proposta servono almeno 353 voti contrari nel parlamento europeo, cosa tutt’altro che facile, considerando che il voto avverrà già i primi di luglio. Eppure c’è ancora margine di influenzare la votazione, per evitare soprattutto che il metano venga etichettato come green.

Il grande elefante nella stanza di questa tassonomia è infatti il gas fossile: questo, seppur non causi l’emissione rilevante di inquinanti, emette comunque una grande quantità di CO2 durante la combustione. Inoltre, il metano, essendo estremamente leggero e volatile, tende a sfuggire e disperdersi in atmosfera, con un effetto 80 volte più climalterante rispetto alla CO2. Tanto più che le perdite durante le fasi di estrazione, trasporto e stoccaggio del gas sono smisurate, tant’è che l’International Energy Agency sottolinea come le emissioni globali di metano dal settore energetico siano quasi il 70 per cento in più rispetto a quanto riportato ufficialmente dai governi nazionali.

Il gas, seppur presente nella tassonomia con certi criteri (sostituzione di impianti a carbone, approvazione entro il 2030, emissioni massime di 270 gCO2/kWh, passaggio a combustibili rinnovabili entro il 2035 e riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento per kWh rispetto al vecchio impianto) non sarà che una scusa per poter continuare finanziare ed utilizzare i combustibili fossili. Oltretutto, non sono neanche previsti, al momento, né sembrano possibili, dei meccanismi di verifica credibili e di applicazione delle condizionalità.

Inoltre, includendo progetti fino al 2030, le centrali interessate continueranno a inquinare ben oltre quella data, dunque imporre limiti di emissioni non basta, quando l’obiettivo dovrebbe essere quello di azzerarle. La tassonomia verde presentata va quindi bocciata, perché gli investimenti privati vadano realmente nella giusta direzione e non in tecnologie già vecchie, causa di cambiamenti climatici e che dovranno essere abbandonate tra pochi anni. Anche perché questa proposta indebolirebbe la leadership europea nel campo delle politiche contro la crisi climatica, influenzando negativamente gli obiettivi climatici di altri paesi.

Per questo, sabato 21 maggio, Fridays For Future Europa è sceso in piazza di fronte alle sedi delle istituzioni europee assieme a tante altre realtà della galassia ecologista per chiedere di votare contro questa tassonomia. In Italia le mobilitazioni si sono svolte a Milano, di fronte al Palazzo delle Stelline e a Roma, dove dal Colosseo è partito un bike strike. Cari politici europei, votate contro la nuova tassonomia, votate per il futuro delle giovani generazioni.

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