Giovedì sera il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo decreto Bollette, un pacchetto di misure fiscali destinate a contenere l'aumento dei prezzi energetici, ora che il gas è tornato a viaggiare sui 145 euro per megawattora. Un anno fa era intorno ai 20-30 euro, e non accenna a declinare. 
Il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale ricalca quasi perfettamente quello delle bozze circolate nei giorni precedenti, ma con un'eccezione per nulla trascurabile, soprattutto in questi tempi.

Dal decreto infatti è sparita la norma che introduceva una tassa sui cosiddetti extra-profitti conseguiti dalle imprese che importano gas in Italia a un prezzo molto più basso di quello di vendita.

Più precisamente, il prelievo sarebbe stato calcolato a partire dal margine tra il prezzo finale di vendita del gas e il costo di approvvigionamento per le compagnie, prendendo come parametro di riferimento il prezzo fissato nei contratti di importazione di durata superiore a un anno.

Il precedente 

La norma era stata inclusa, seppure in maniera molto generica, già nella prima bozza del decreto, circolata il 22 giugno. Sulla aliquota della tassa non era ancora stato trovato un accordo, però si stabiliva che sarebbe stata applicata fino al mese di marzo del 2023.

Successivamente, nella bozza di decreto resa pubblica il 30 giugno, il prelievo veniva fissato al 10 per cento, escludendo però dal computo i volumi di gas destinati allo stoccaggio. Risultava inoltre accorciato di tre mesi il periodo di applicazione, che da marzo 2023 passava così a dicembre 2022.

Qualcosa però è andato storto durante il processo di definizione dei dettagli del provvedimento.

Nel testo approvato ieri dal Consiglio dei ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, non vi è più traccia del prelievo sulle compagnie energetiche, al contrario di quanto riportato da alcuni dei principali quotidiani nazionali.

Contattata da Domani, una fonte di palazzo Chigi non offre commenti e si limita a chiarire che «quello che conta è il provvedimento finale», cioè la versione pubblicata dalla Gazzetta ufficiale. Ma non fornisce alcuna spiegazione riguardo lo stralcio della norma sugli extra-profitti.

Il nuovo prelievo, aggiuntivo rispetto a quello approvato lo scorso maggio, avrebbe interessato in particolare Eni. Il gigante petrolifero italiano, infatti, importa circa la metà del gas che arriva nel nostro paese, di cui si approvvigiona prevalentemente attraverso contratti di medio-lungo termine, come quelli con la tanto contestata società russa Gazprom e l'algerina Sonatrach.

Secondo una relazione pubblicata dalla Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) lo scorso anno, Eni opera in condizioni diametralmente opposte rispetto agli altri player di mercato. La società energetica guidata da Claudio Descalzi si approvvigiona tramite contratti di importazione di circa il 60 per cento del gas che poi rivende in Italia, mentre per gli altri operatori la quota non supera il 13 per cento.

Con i listini del gas destinati a rimanere alle stelle ancora a lungo, questa differenza strutturale si è tradotta in un enorme vantaggio competitivo per la società di San Donato, che non a caso nel primo trimestre 2022 ha quadruplicato gli utili rispetto allo scorso anno.

Il prelievo una tantum

Il 30 giugno intanto scadevano i termini per versare il primo acconto del contributo straordinario per le compagnie energetiche introdotto dal cosiddetto decreto Ucraina.

Si tratta in questo caso di un prelievo una tantum che si applica a tutte le compagnie energetiche e non solo ai trader di gas, stabilendo come base imponibile l'incremento del saldo tra operazioni attive e passive nel periodo tra ottobre e aprile, rispetto al saldo derivato nell'esercizio precedente.

Inizialmente l'aliquota era stata fissata dal governo al 10 per cento, ed Eni stimava un impatto di «alcune centinaia di milioni di euro».

In seguito la percentuale è aumentata al 25 per cento. Da allora il Cane a sei zampe non ha più condiviso stime. Intanto però le compagnie del settore hanno annunciato battaglia contro questa misura, definita come «ingiusta e iniqua».

Nei giorni scorsi il tribunale amministrativo ha negato la sospensiva sul contributo dovuto nei confronti di alcune big del settore come Kuwait Petroleum, Erg, Acea ed Engie, le quali avevano presentato ricorso.

Staremo a vedere chi e quanto pagherà e, soprattutto, se alla fine il costo di queste tasse verrà scaricato sulle famiglie, come quasi sempre è accaduto nel recente passato.

© Riproduzione riservata