In relazione all’intervento della dottoressa Valeria Termini. “L’idrogeno è il futuro ma non ancora il presente”, pubblicato su Domani di domenica 27 settembre, in primo luogo ritengo che avreste potuto verificare e citare che la responsabilità del lavoro non è di proprietà di Cernobbio bensì realizzato da The European House Ambrosetti, primo think tank privato in Italia con 260 persone, 300 eventi all’anno, e oltre 100 ricerche e studi strategici elaborati. In secondo luogo, in relazione ai contenuti dell’articolo, desidero portare alla vostra attenzione alcune considerazioni in quanto ci sono dei passaggi inesatti. L’articolo offre un interessante spunto di riflessione sulle strategie energetiche future del nostro paese. Mi permetta di partire da una considerazione: elettrificazione e idrogeno sono due elementi sinergici e complementari per il processo di decarbonizzazione e non dovrebbero essere messi in contrapposizione. Anzi, bisognerebbe focalizzarsi sui vantaggi che potrebbero derivare dalla loro combinazione nell’ambito di sistemi energetici moderni.

Lo sviluppo dell’idrogeno

Lo sviluppo dell’idrogeno avverrà con dinamiche che ci sorprenderanno in termini di velocità e magnitudo del fenomeno, come testimoniano gli sviluppi politici che si sono susseguiti negli ultimi mesi a scala globale. Come per l’elettrificazione, si stratta di una partita importante per la competitività economica di intere filiere nazionali. Una opportunità, che secondo me il nostro Paese, la seconda manifattura d’Europa, non può ignorare ma che viceversa deve considerare attentamente coniugando strategie energetiche, politiche industriali e relazioni geopolitiche. Anche grazie agli investimenti fatti nel settore elettrico, la produzione di idrogeno verde sarà sempre più competitiva nei prossimi anni grazie alla rapida discesa del costo delle rinnovabili e al previsto aumento della domanda di elettrolizzatori. La stessa Germania, contrariamente a quanto riportato nell’intervento, ha una strategia basata sull’idrogeno verde con un obiettivo di 5 gigawatt di capacità di elettrolisi al 2030. Per chi conosce il mondo dell’energia il 2030 è praticamente domani. Grazie al suo posizionamento nel Mediterraneo, l’Italia può giocare un ruolo primario nella strategia europea verso l’idrogeno verde.

Una partita aperta

Dal punto di vista tecnologico la partita è ancora aperta, in quanto tutte le tecnologie devono ancora affrontare uno sviluppo di scala e la successiva industrializzazione; in tutto ciò, il mondo della ricerca italiano è tra i capifila. Non bisogna inoltre fare l’errore di non considerare tutto il set di tecnologie, che nel nostro studio chiamiamo “ancillari”, ma che consentono di “vestire” le tecnologie ad idrogeno quali elettrolizzatori e celle a combustibile in sistemi completi. Parliamo di tecnologie meccaniche, termiche, elettriche ed elettroniche con chiare eccellenze presenti nel nostro paese e per le quali l’idrogeno è al tempo stesso un rischio ed un’opportunità. È quindi essenziale che l’Italia non perda l’opportunità unica e irripetibile di sviluppare questa tecnologia definendo da subito visione e piani di investimento ambiziosi che traguardino senza paura ed indugio ad un posizionamento industriale capace di creare opportunità di crescita nelle diverse filiere del Paese. Dobbiamo inoltre guardare l’idrogeno come un vettore in grado di ridisegnare gli equilibri geopolitici globali.

L’Italia ha un ruolo chiave

In tal senso, l’Italia, grazie alla posizione chiave e alle sue infrastrutture di rete, può essere un anello chiave per l’interdipendenza energetica dell’intera Europa. Grazie a una vasta e strutturata rete del gas, l’Italia può diventare l’hub europeo dell'idrogeno, un "ponte" tra l'Europa e il continente africano e un abilitatore della strategia energetica europea ribaltando gli attuali paradigmi. Peraltro, piani come quello tedesco prevedono una forte quota di idrogeno da importazione, aprendo per l’Italia una doppia opportunità: diventare potenzialmente più autosufficiente, ma anche un Paese esportatore. Come sottolinea il recente studio di The European House - Ambrosetti “H2 Italy 2050”, l’Italia ha tutte le carte in regola per sviluppare una filiera dell’idrogeno leader in Europa: siamo i primi produttori di tecnologie termiche, i secondi di tecnologie meccaniche e soprattutto i secondi nelle tecnologie di elettrolizzazione alla base dei sistemi per la produzione di idrogeno verde. In più le nostre aziende sono state tra le prime a muoversi, come dimostra la sperimentazione di Snam sulla miscela di gas e idrogeno (al 10% e non al 5%) nella rete di trasmissione.

Un vantaggio evidente

A ciò occorre aggiungere i vantaggi derivanti dalla nostra posizione geografica, che ci collocano come ponte naturale tra l’Europa e il Nord Africa. I possibili impatti sull’economia sono evidenti. Secondo vari analisti internazionali, l’idrogeno potrà rappresentare tra il 20 e il 25% dei consumi finali di energia a livello globale al 2050, affiancando, anzi sostenendo, l’elettricità rinnovabile per raggiungere l’obiettivo di un’Europa a zero emissioni di CO2 al 2050 andando ad agire nei settori “hard-to-abate” quali il trasporto pesante, alcuni settori dell’industria e del residenziale. È utile discuterne e confrontarci, analizzando pro e contro, ma è indubbio che l’idrogeno rappresenti una opportunità di crescita che l’Italia non può permettersi di mancare, anche per evitare di essere marginalizzati nella nuova geopolitica dell’energia. Insieme e non contro un processo di elettrificazione accelerato.

La risposta di Termini

Gentile dr. De Molli, concordo naturalmente sulle opportunità future offerte dall'idrogeno nella filiera energetica, come ho scritto, in una visione sinergica.  Mi dispiace invece dover confutare la sua tesi sulle strategie seguite da Germania e Commissione europea; infatti, dopo un anno di dibattito tra istituzioni, governo e industria (2019), la Germania ha optato oggi per “l'idrogeno blu” alimentato da fonti fossili con cattura e stoccaggio del carbonio e non da fonti rinnovabili. Il motivo è nella comparazione dei costi, eccessivi per le fonti verdi. La rinvio ai documenti tedeschi, alla proposta della Commissione e allo studio dell'Oxford Institute for Energy Studies dal titolo "Blue hydrogen as enabler of green hydrogen: the case of Germany", R.Dickel, Oies 2020, dove i dati economici sono analiticamente rappresentati, non riportati nell'articolo per motivi di spazio. Anche nell'energia, il diavolo sta nei dettagli.

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