Ci sono voluti circa vent’anni di duro lavoro per ottenere una piattaforma su cui parlare di cambiamento climatico. Ci sono voluti otto minuti per riportarmi al punto di partenza. Era l’ottobre del 2019 e migliaia di attivisti ambientali protestavano in giro per Londra, parte di una campagna di due settimane per costringere il governo e le aziende ad agire sul cambiamento climatico. Un noto programma della Bbc mi invitò a parlare in qualità di portavoce di Extinction Rebellion, o XR, il gruppo a cui faceva capo gran parte di chi protestava.

I produttori della Bbc però avevano fatto bene le loro ricerche perché la prima domanda ottenne l’effetto sorpresa di quando ti trovi improvvisamente sotto i riflettori, di quel genere che fa grande la televisione, se non la reputazione: qual era il fondamento scientifico dell’affermazione di uno dei co-fondatori di XR, che sei miliardi di persone moriranno a causa del cambiamento climatico entro la fine del secolo?

Sapevo che sparare un numero per fare scalpore non funzionava. Ero stata alle riunioni di XR e avevo sostenuto l’idea di non usarlo solo perché qualche scienziato l’aveva citato. Cercai di trovare un punto forte, ma con l’incalzare delle domande semplicemente non sapevo cosa fare, e fu evidente.

Le settimane dopo l’intervista furono un inferno. I miei colleghi di XR erano scontenti di me perché non avevo difeso adeguatamente l’argomento. Al di fuori di XR ricevetti email di disprezzo, compresi attacchi razzisti sui social, per strada venivo riconosciuta e insultata e ricevetti persino una minaccia di morte. Come donna, di colore e ambientalista ho lavorato tanto per far sentire la mia voce, quello fu quindi un duro colpo.

Decisi che il mio tempo a XR era concluso. Volevo tornare a scrivere di ambiente e a parlare alle conferenze, ma la mia credibilità di comunicatore scientifico era stata danneggiata. Non mi si perdonava la gaffe dei sei miliardi. Ovunque andassi mi veniva chiesto di quello e tutti si aspettavano da me una spiegazione. Più ci pensavo più mi rendevo conto che c’erano molte cose che non ero più in grado di spiegare, nemmeno a me stessa. E ho cominciato a chiedermi perché.

Come attivista per l’ambiente per tutta la mia vita adulta, per anni avevo sentito quanto il glifosato e gli organismi geneticamente modificati (ogm), fossero nocivi per l’ambiente (quando in realtà queste affermazioni contrastano le prove scientifiche). Per anni poi avevo sostenuto gli stili di vita “verdi” per ridurre l’impronta di carbonio, ma i dati mostrano che le emissioni hanno continuato ad aumentare anche se sempre più persone cambiavano le loro abitudini.

Cambiare pensiero

Gli attivisti spesso chiamano l’emergenza climatica una crisi esistenziale, e penso che lo sia, ma non solo perché il nostro futuro collettivo può essere in pericolo. I cambiamenti che dobbiamo attuare sono più profondi delle soluzioni tecnologiche e dello stile di vita. Dobbiamo iniziare a cambiare il modo in cui pensiamo, ciò in cui crediamo e il modo in cui interagiamo gli uni con gli altri.

Come può avvenire un’evoluzione di questo tipo? Ho raccolto alcune idee.

1. Comprendere che siamo in una situazione di emergenza climatica. Per far fronte al cambiamento climatico dobbiamo ridurre al più presto le nostre emissioni. Tutti lo sanno e tutti annuiscono vigorosamente finché non sentono parlare di una soluzione che non piace. Allora rispondono che è troppo costoso, troppo dispendioso in termini di tempo, oppure troppo rischioso. Cambiamento climatico significa che rischiamo di perdere l’unico pianeta abitabile conosciuto nell’universo. Se davvero capiamo questo e riusciamo a pensare oltre il limite delle nostre vite e al di fuori della prospettiva della nostra specie, dovremmo immediatamente metterci a lottare per investire in tutte le soluzioni praticabili.

2. Accettare che “verde” e “naturale” sono termini imperfetti e hanno creato problemi. La maggior parte delle persone considera l’energia rinnovabile, come il solare o l’eolico, “verde” e “naturale”, ma si tratta ancora di progetti di costruzione che richiedono finanziamenti, sviluppo e terreni industriali. Allo stesso modo molte persone pensano al nucleare come pericoloso e non necessario, mentre studi affidabili hanno dimostrato che il nucleare è più pulito e più sicuro dei combustibili fossili. Dobbiamo riconsiderare quali sono le soluzioni realmente “verdi”, basandoci più sui fatti che sui sentimenti viscerali.

3. Concentrarsi sulla riduzione delle emissioni, lasciando per il momento da parte un cambiamento della politica. Le tendenze recenti dell’attivismo per il clima, in gran parte grazie a XR, fondono l’azione per il clima con il cambiamento sociale. Ma le richieste di assemblee dei cittadini e di altre strutture riguardano la revisione politica, mentre ciò di cui abbiamo bisogno sono soluzioni e politiche specifiche per ridurre le emissioni. Se siamo veramente in una situazione di emergenza climatica, dobbiamo lottare per la salute del nostro pianeta in questo momento, senza confonderlo con la lotta per un sistema politico diverso. Non ci sarà politica su un pianeta morto.

4. Rivedere e testare le proprie convinzioni. Dobbiamo fare i conti con il fatto che i combustibili fossili ci hanno dato un’elevata qualità della vita e allo stesso tempo hanno danneggiato il nostro pianeta, e dobbiamo liberarcene subito, ma con soluzioni alternative che non aggravino il problema che stiamo cercando di risolvere. Ciò significa che gli ambientalisti potrebbero dover abbracciare soluzioni tecnologiche che non avevano gradito in precedenza.

5. Uscire dalla cassa di risonanza. A XR il nostro grido di battaglia era: «Tutti ora!». Ma la verità è che non abbiamo mai fatto appello a tutti. Una ricerca ha mostrato che i membri erano per lo più di sinistra, tradizionalmente verdi e altamente istruiti. Dall’elezione di Donald Trump e il voto sulla Brexit si è discusso molto su come far scoppiare le bolle di filtraggio create dai social media. Se non riusciamo a farle scoppiare, la maggior parte dei nostri sforzi di sensibilizzazione non sono altro che un predicare ai convertiti.

6. Comunicare, non dettare. Dobbiamo migliorare nell’ascolto di prospettive diverse e nell’accettare che i sentimenti di pancia trascinano le persone e non sono un motivo per infamarle. Dobbiamo smettere di bombardare le persone con una massa di informazioni e di insultarle quando non cambiano idea subito. È importante rimanere calmi e ragionevoli nelle discussioni: il modo in cui fai sentire una persona resterà dopo quello che hai detto.

7. Non lasciarsi abbattere dai periodi di buio. Interessarsi del pianeta non dovrebbe essere una situazione binaria in cui una persona viene definita o allarmista o negazionista. Sì, il cambiamento climatico è una minaccia enorme e incombente che dovrebbe preoccupare tutti. E sì, abbiamo soluzioni a portata di mano, il che è motivo di sollievo. Possiamo essere ottimisti e allo stesso tempo avere un senso di urgenza per l’azione.

Il rischio di chiudersi

Quando sei impegnato in una causa è facile lasciarsi trascinare nella comunità che condivide gli obiettivi che ti stanno a cuore ed è difficile andare contro la tribù.

Sfortunatamente questo può portare alla chiusura mentale. Spesso infatti è giudicata una cosa buona evitare di mettere in discussione il proprio approccio, al punto che prendere in considerazione altre idee ti fa apparire un eretico, come ora mi pensano alcuni dei miei ex colleghi.

Per gli ambientalisti la convinzione alla base di tanta ideologia “verde” è un’idea semplice: che le cose sono “naturali” o “innaturali”, che in questo contesto significa create dagli esseri umani. C’è un giudizio morale corollario e cioè che “naturale” sia buono, “innaturale” cattivo o quantomeno sospetto. Questa cornice può essere applicata alle vaccinazioni, agli ogm, all’energia nucleare, persino alla tecnologia 5G.

Una delle cose a cui ho smesso di credere è che si dovrebbe impedire ai paesi in via di sviluppo di avere una migliore qualità della vita perché noi nel mondo sviluppato abbiamo inquinato tantissimo il pianeta durante la nostra rivoluzione industriale. Uno dei motivi per cui i paesi ricchi devono ridurre le proprie emissioni di carbonio il prima possibile è per consentire a quelli meno sviluppati di disporre di un budget di carbonio per alimentare il loro sviluppo.

L’idea di alcuni ambientalisti di un idilliaco ritorno alla natura è messa a tacere immediatamente da chiunque abbia visto la realtà di una vita nella povertà, senza infrastrutture, medicine, istruzione o energia. I miei genitori sono nati poveri in un remoto villaggio dell’India che non ha accesso all’elettricità. La maggior parte di noi non vuole vivere così, di certo non lo vogliono i miei cugini del Punjab, ma per ora non hanno scelta.

Serviranno le mie sette idee a risolvere i problemi che dobbiamo affrontare, tenendo a mente le persone come i miei cugini? Credo di sì. Ma sono aperta alle obiezioni.


Questo articolo è stato pubblicato sulla testata online Persuasion.
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