Il governo promette 200 o 300 miliardi di nuovi investimenti in infrastrutture, ma non si preoccupa di calcolarne l’impatto
- Quale dovrebbe essere il criterio che ci consente di valutare se realizzare una nuova infrastruttura sia auspicabile oppure no? Il “minimo sindacale” dovrebbe essere che i benefici superano i costi.
- Quanti solo coloro che entrano in un negozio e prima di decidere se effettuare o meno un acquisto non si informano sul prezzo? Con gli stessi soldi è possibile acquistare qualcosa che ha maggior valore?
- Così dovrebbe essere anche per le infrastrutture: un investimento è auspicabile se non vi è impiego alternativo delle stesse risorse che possa determinare un beneficio maggiore.
Non vi è forse altro tema che veda forze politiche senza distinzione alcuna, associazioni imprenditoriali e sindacati uniti, senza se e senza ma, a favore degli investimenti in infrastrutture. La ministra Paola De Micheli a più riprese ha alzato l’asticella dell’ammontare complessivo degli investimenti che ora sembra attestarsi intorno ai 200 miliardi per i prossimi dieci anni. D’altra parte, se aumenta la spesa pubblica cresce anche il Pil. Ma allora perché limitarsi a 200 e non spenderne



