La procura di Brescia ha sottoposto a sequestro preventivo la società Caffaro Brescia e ha vietato l'esercizio di uffici direttivi a tre manager della società. I reati contestati sono quelli di inquinamento ambientale, deposito di rifiuti speciali pericolosi, tra cui il cromo esavalente, e disastro ambientale. L'ordinanza del gip, che ha permesso il sequestro, contesta in particolare come il ciclo produttivo della Caffaro Brescia sia «fonte primaria di inquinamento del suolo, del sottosuolo e della falda acquifera sottostante l'azienda». L’azienda era già stata inserita nel 2003 in un Sito di interesse nazionale per il grave inquinamento da pcb e non solo.

Le accuse

La procura di Brescia ha nominato un funzionario per la custodia dei beni sequestrati e per il monitoraggio della situazione visto che il complesso aziendale «insiste all'interno di un sito di interesse nazionale, la cui gestione rientra nell'interesse del ministero dell'Ambiente». L'indagine sull'inquinamento, condotta dal pm Donato Greco e dal procuratore aggiunto Silvio Bonfigli è nata a seguito di due segnalazioni dell'Arpa di Brescia del giugno e del settembre 2019. L'Arpa aveva rilevato un innalzamento dei livelli di mercurio e di cromo-esavalente nella falda acquifera presente sotto lo stabilimento «dieci-quindici volte superiori ai limiti di legge».

Gli indagati avrebbero procrastinato gli interventi sollecitati dal ministero dell'Ambiente e sono accusati di «aver cagionato una compromissione e un deterioramento significativo» di suolo, sottosuolo e falda. Dal gip viene contestata anche una messa in sicurezza d'emergenza "deficitaria" del sito produttivo: il Mise, una barriera idraulica di pozzi che dovrebbe evitare l'inquinamento delle acque, non avrebbe fatto il suo lavoro. Da qui il reato contestato di disastro ambientale con una "rilevante estensione della contaminazione, fino a venti chilometri il punto d'origine dell'inquinamento" con il conseguente "pericolo di danni permanenti per i soggetti che risiedono a sud dello stabilimento".

La posizione del ministro

Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, è intervenuto sul sequestro in una nota ricordando che Caffaro  ha causato «tanto dolore a migliaia di cittadini» e di avere incontrato personalmente gli abitanti della zona il 20 novembre 2018 per ascoltare le loro «denunce». Costa ha quindi «ringraziato» la procura distrettuale della Repubblica di Brescia, Arpa e i carabinieri forestali per il lavoro compiuto aggiungendo di stare lavorando «senza sosta per il piano operativo di bonifica» del sito. 

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