Il Censis l’ha definito l’anno della bonus economy, per l’ammontare di trasferimenti e incentivi messi in campo dal governo per aiutare le famiglie nella crisi economica e sociale del Covid-19, mettendo anche in luce rischi e costi di questa ricetta. Tra i bonus introdotti nel 2020 quelli ambientali hanno catalizzato una quota importante delle risorse a disposizione ma anche delle attenzioni mediatiche, con polemiche in parlamento e nei talk show contro i monopattini.

Mettendo da parte le querelle, il tema è serio perché si tratta di investimenti per il rilancio dell’economia nell’ordine di alcuni miliardi di euro e va capito come hanno funzionato e se ha senso continuare a finanziarli. Per valutare l’efficacia dei diversi provvedimenti introdotti per aiutare le famiglie a investire in una direzione green si deve tornare agli obiettivi che sono alla base di questi interventi. Il primo è di ridurre il gap di costo tra queste tecnologie a basse o ridotte emissioni e quelle oggi diffuse sul mercato. In modo da spostare gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese e arrivare nel giro di qualche tempo a eliminare i contributi.

Lampadine a led e bonus monopattini

Un esempio di successo in questi anni sono le lampadine efficienti a led, fino a qualche anno fa assai costose e per questo incentivate, oggi diventate la tecnologia prevalente sul mercato. Il secondo obiettivo dovrebbe essere di premiare in modo trasparente l’efficienza energetica delle tecnologie e degli interventi, in modo da spingere l’attenzione da parte delle famiglie alla scelta più capace di produrre un risparmio durante l’utilizzo a fronte di un intervento “tradizionale”. Infine, sarebbe auspicabile che questi incentivi aiutassero chi è più povero, viste anche le conseguenze della crisi su tante famiglie, in modo da ridurre la spesa energetica di chi avrebbe da beneficiare da una riduzione dei consumi.

Questa la teoria, ora andiamo a vedere come hanno funzionato gli incentivi introdotti nel 2020. L’ecobonus per l’acquisto di bici, bici a pedalata assistita e monopattini ha riscosso un enorme successo. Tanto da esaurire i 210 milioni di euro stanziati e di mandare in tilt il sistema di rimborso messo in campo dal Ministero dell’ambiente. Con tanto di polemica per il sito irraggiungibile il giorno del “click day”. Si stima che quasi un milione di italiani potrebbe aver chiesto quest’anno lo sconto pari al 60 per cento della spesa, fino a un massimo di 500 euro.

Dai bonus alle piste ciclabili

Il ministro Sergio Costa ha annunciato ulteriori 100 milioni di euro con la Legge di bilancio 2021 per far fronte a tutte le domande presentate. Il giudizio su questo incentivo è positivo se lo si guarda in una prospettiva di spostamento delle politiche, perché per la prima volta si è guardato alle bici e alle nuove forme di micromobilità a emissioni zero.

Si può aggiungere che l’incentivo era inutile per i monopattini, che oramai costano poche centinaia di euro, e per le bici ha avuto l’effetto di esaurire tutti i modelli disponibili nei negozi. Ora bisogna dimostrare che si vuole fare sul serio nella spinta a queste innovazioni.

Come? Passare dai bonus a un grande piano di ciclabili nelle aree urbane con i fondi del Recovery plan, come sta facendo il governo britannico che ha previsto per questo un miliardo di euro. L’incentivo per l’acquisto e la rottamazione di autoveicoli privati ha visto complessivamente stanziare 750 milioni di euro nel 2020, con interventi diversi.

Lo sconto sul prezzo d’acquisto valeva non solo per le auto elettriche, ma anche sui veicoli con emissioni di anidride carbonica fino a 110 grammi a chilometro, alimentati a benzina, diesel, gpl, con o senza rottamazione. La scelta è stata di rispondere alla crisi dell’automotive accontentando tutti, senza una chiara scelta di campo. Persino il limite di emissioni utilizzato è superiore a quello entrato in vigore nel 2020, pari a 95 grammi, che obbliga le case produttrici a stare sotto come media sulle vendite, pena una multa per ogni auto venduta. Non esistono ancora dati definitivi, ma si stima che le auto acquistate con il bonus siano state circa 300mila.

Il divieto di auto diesel e benzina

Anche qui, se il Governo vuole fare sul serio nella direzione di una mobilità a emissioni sempre più ridotte serve una politica industriale e una chiara traiettoria di innovazione. Ad esempio, in Germania i bonus sono accessibili solo per auto elettriche e ibride plug-in, escludendo i motori tradizionali inquinanti.

Inoltre, dal 2021 sarà introdotta un’imposta commisurata alle emissioni di anidride carbonica che sostanzialmente andrà a penalizzare alcune categorie di veicoli tra cui i suv. Ancora più chiaro il messaggio al sistema industriale inviato dal Governo di Londra: dal 2030 sarà vietata la vendita di auto diesel e benzina.

Una roadmap

Se vogliamo fare sul serio anche noi dobbiamo avere una roadmap per ridurre le emissioni delle auto in circolazione, attraverso un sistema trasparente di tassazione legato alle emissioni di gas serra, bonus per le tecnologie che si vogliono spingere e una politica industriale che accompagni la trasformazione del settore e gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Il superbonus per la riqualificazione edilizia è un caso unico a livello internazionale che merita davvero di essere approfondito. Per rilanciare gli investimenti si è deciso di arrivare a restituire il 110 per cento della spesa per interventi realizzati in edifici privati. Per ora gli interventi sono nell’ordine di qualche centinaio, ma si aspetta il vero boom nel 2021 e l’intero arco parlamentare chiede una proroga almeno fino al 2025 del provvedimento per consentire a tutte le famiglie di accedervi.

Bonus senza distinzioni

Intanto il governo ha previsto oltre 20 miliardi di euro di risorse nel Recovery plan, che si vanno ad aggiungere agli altri ecobonus per l’edilizia con detrazioni che variano tra il 36 e il 90 per cento. Se l’obiettivo è rilanciare il settore delle costruzioni non c’è dubbio che il superbonus sia lo strumento giusto, ma se si guarda ai risultati che potrebbe portare in termini ambientali e ai costi per le casse pubbliche i problemi sono evidenti.

I criteri di efficacia della spesa ed efficienza energetica semplicemente non sono presi in considerazione, perché si premiano allo stesso modo coloro che riducono di poco i consumi delle famiglie, passando dalla classe G alla classe E, come chi invece ha raggiunto il nuovo standard europeo Nzeb (near zero energy bulding).

Allo stesso modo, per il riscaldamento delle abitazioni il rimborso è totale sia se si installa una caldaia che utilizza una fonte fossile come il gas, sia se si scelgono tecnologie che non producono inquinamento come le pompe di calore elettriche allacciate ad impianti fotovoltaici.

Non si può rimborsare tutto

Anche da un punto di vista sociale il superbonus non distingue: tutti possono accedere al rimborso totale di una spesa che può arrivare fino a 150mila euro a famiglia, se si mettono assieme gli interventi “trainanti” e “trainati” individuati dalla norma.

Il problema è che in Italia ci sono oltre trenta milioni di abitazioni e basta una calcolatrice per capire che non si può rimborsare tutto a tutti, dal superattico in centro fino alla casa di edilizia sociale in periferia. Si può anche aggiungere che in alcuni casi non è neanche urgente un intervento, perché magari si è già intervenuti recentemente beneficiando di altri incentivi, mentre in altri casi può aiutare una famiglia ad uscire da una situazione di povertà energetica. Una condizione che riguarda oltre 2,2 milioni di famiglie.

Oltre gli incentivi

La riqualificazione energetica del patrimonio edilizio è finalmente tornata al centro delle politiche, ma ora è il momento di tracciare una direzione credibile di cambiamento per il settore che vada oltre gli incentivi. «Se stiamo tutti fermi ad aspettare un bonus, lo sviluppo non c’è».

Ha ragione Giuseppe De Rita, il presidente del Censis, la politica ha la responsabilità di guardare oltre questa fase di emergenza con una visione del futuro e politiche capaci di accompagnare il Paese in una prospettiva green e di ridurre le disuguaglianze. Oltretutto, è quello che ci chiede l’Europa a fronte delle risorse che verranno stanziate per gli investimenti previsti da Next Generation Eu. I bonus ambientali sono uno degli strumenti per spingere questa transizione, ma vanno accompagnati da valutazioni trasparenti dei benefici e dei costi, perché le risorse sono limitate e non possiamo permetterci di affrontare senza una bussola sfide così importanti per il paese.

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