L’anno 2022 è appena alle spalle ed è giusto verificare quali sono state le temperature a livello mondiale e nazionale. I riferimenti ce li offrono i dati delle temperature dell’agenzia Noaa – National oceanic and atmospheric administration –, e le considerazioni realizzate per Climialteranti da Claudio Cassardo.

Spiega Cassardo: «Per le anomalie è corretto avere un doppio riferimento: al trentennio più recente 1991-2020, che è ormai il riferimento di tanti studi del clima, e al periodo antecedente il 1900, in modo da valutare il riscaldamento rispetto a quello che normalmente è considerato il periodo preindustriale». In realtà la rivoluzione industriale è iniziata molto tempo prima del 1900, ma i suoi effetti in termini di emissioni antropogeniche di gas serra si sono fatti sentire in modo considerevole solo nel secolo scorso.

Anomalie termiche

Nel caso del 2022, le anomalie rispetto al trentennio climatico più recente sono positive e si attestano intorno a 0,3°C, il che posiziona il 2022 tra il quarto e il sesto posto nella classifica degli anni più caldi, capeggiata dalla coppia di anni 2016 e 2020. Scorrendo gli anni, si può notare che il 2015 aveva fatto registrare valori simili a quelli del 2022. 

Sottolinea Cassardo: «Anche se il record non è stato battuto, abbiamo l’ennesimo anno che si posiziona ai primi posti della classifica. Per trovare anomalie negative per tutti i database, anche rispetto al trentennio più recente, occorre andare a ritroso nel tempo di ben quattordici anni, nel lontano 2008 (il 2011 presenta un’anomalia media intorno a 0 °C). Ricordo quanto ormai ripetuto fino alla nausea più volte: qui si sottolinea la collocazione dell’annata appena trascorsa in una classifica che ordina gli anni in base alle loro anomalie termiche, ma quello che conta nel clima non sono i valori individuali delle anomalie dei singoli anni, che possono risentire anche a livello globale di alcuni fenomeni a grande scala, come il fenomeno di El Niño, ma l’andamento della curva, che si conferma ancora intorno ai due decimi di grado per decennio a partire dal 1980».

Guardando invece alle anomalie rispetto al periodo pre-industriale, e al limite stabilito dall’accordo di Parigi di contenere l’aumento della temperatura a 1,5°C rispetto a quel periodo di tempo, pur considerando la solita variabilità interannuale nei dati, appare evidente come la soglia di 1°C sia già stata superata stabilmente dal 2014, viaggiando ormai verso quella di 1,5°C. Tale valore, proseguendo con questo trend (e non vi è alcun motivo per ritenere che il trend possa variare nel prossimo futuro), potrebbe essere raggiunto già tra una quindicina di anni, o forse anche prima, se si verificheranno condizioni particolari come quelle del 2016. E quindi ben prima della metà del secolo.

Tornando alla distribuzione dei tre decimi di grado sopra la media del trentennio più recente, le anomalie positive maggiori si trovano nelle zone polari – oltre 6°C sull’oceano artico, a nord del Canada: un’enormità, ma anche in Antartide si superano i 3°C –, in Europa e in Africa nordoccidentale, e nel Pacifico settentrionale e meridionale. Anomalie positive inferiori si sono registrate sul Canada e su parte del nord Atlantico occidentale, e su una fascia di territorio che dall’Etiopia si protende fino ad aggirare la catena himalayana a nord, passando su Tibet e Qinghai.

Le anomalie negative, invece, sono state più localizzate, e i minimi li ritroviamo a ovest della penisola antartica (sul Pacifico), in Africa centrale, tra Niger, Nigeria e Chad, sul Pacifico equatoriale (soprattutto nelle zone di El Niño – questa anomalia negativa è legata alla fase di La Niña in atto dal 2020 – sull’Australia centrale e, meno, tra Canada e Stati Uniti centroccidentali.

A livello europeo si osservano anomalie positive su praticamente tutta l’Europa salvo una piccola porzione di Turchia, con valori superiori a 1,5°C (rispetto al trentennio 1991-2020) sul Benelux e sul Mediterraneo occidentale, incluse una parte di Spagna, Algeria, Tunisia, e – più marginalmente – Francia e Italia (a parte la Sardegna, che invece è ben oltre il valore 1,5°C). La media complessiva risulta quindi molto positiva e abbastanza alta.

Il caso italiano

Per quanto riguarda l’Italia, il territorio si trova tra le isoterme 1°C e 1,5°C (quella di 1°C passa sulla Puglia, mentre l’altra passa sulle coste tirreniche e liguri). Il valore medio complessivo dell’anomalia sull’Italia risulta quindi molto superiore alla media globale e fa segnare il ragguardevole valore di 1,3°C (sempre valutato rispetto alla media del trentennio più recente 1991-2020), che risulta il record assoluto della serie Noaa/Ncep per l’Italia e batte il precedente record, che apparteneva al 2019, di ben 0,6°C, risultando superiore di quasi un grado al valore del 2021.

L’anomalia termica sull’Italia risulta perciò positiva per il nono anno consecutivo rispetto al trentennio più recente, e il 2022 è l’unico anno in cui l’anomalia ha superato il grado centigrado. Se poi usiamo come riferimento il periodo preindustriale, allora l’anomalia supera addirittura i due gradi, attestandosi sul valore di 2,2°C. Se si pensa che, prima del Duemila, i valori non avevano ancora superato stabilmente il grado di anomalia rispetto all’epoca preindustriale, si può ben capire come il surriscaldamento del territorio italiano stia procedendo in maniera davvero molto rapida.

Un’analisi più approfondita mostra che, rispetto al trentennio più recente, soltanto due mesi (marzo e aprile) sono risultati sotto la media, uno (gennaio) in media, cinque (febbraio, maggio, agosto, settembre e novembre) con un’anomalia compresa tra 1 e 2°C, e gli altri quattro (giugno, luglio, ottobre e dicembre) con anomalie superiori a 2°C, con giugno che, con tutte le varie ondate di calore, ha sfiorato i 3°C. Dividendo l’anno in quadrimestri, si nota anche come tutti e tre i quadrimestri siano risultati sopra la media, anche il primo, nonostante i due mesi con anomalia negativa e il gennaio in media, per via del mese di febbraio molto caldo, che ha compensato gli altri valori.

Se poi si utilizza il periodo preindustriale come riferimento, le anomalie assumono valori molto elevati, con giugno che si attesta a quasi 4°C di anomalia, e altri tre mesi ben sopra i 3°C, mentre nessun mese mostra valori negativi. «Il 2022 appena terminato conferma l’andamento di aumento delle temperature. A livello globale è l’ennesimo anno caldo che, anche se non ha battuto il record di anno più caldo, si piazza nei primi posti della classifica. Se si allungasse la classifica includendo anche gli anni del 1900, si vedrebbe che, nei primi 23 posti di questa classifica, 22 dei 23 anni vanno dal 2000 al 2022. Al di là dei singoli posizionamenti delle varie annate, è il trend di crescita che ci rivela il cambiamento climatico in corso, e questo trend continua».

Prosegue ancora il ricercatore: «Mi sento, pertanto, di confermare la previsione fatta l’anno scorso, riguardo al record dell’anomalia di temperatura globale: a meno di eventi imprevedibili è quasi sicuro che entro il periodo 2031-2033 cadrà il record del 2016, in occasione di una nuova fase forte di El Niño. Confermo anche che tale record cadrà alcuni anni prima, già entro il 2026, proprio per via del trend in continuo aumento, che quindi – essendo già trascorso un certo tempo dal 2016 – renderà possibile un record anche con una fase di El Niño non eccessivamente intensa. A scala nazionale, l’anomalia termica registrata nel 2022 è stata altissima. Questo da un lato conferma il ruolo di hotspot del Mediterraneo, molto suscettibile alle variazioni climatiche, con le possibili conseguenze citate in precedenza. Dall’altro lato, i valori raggiunti ci fanno capire che la strada per rispettare l’accordo di Parigi è molto, ma molto dura».

Le ricadute

Se il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato in Italia e in altre aree del pianeta, il 2023 è iniziato alla stessa stregua. Il “bel tempo” e le temperature gradevoli del Natale e di fine anno così come quelle di inizio 2023 hanno segnato un’ondata di calore dalle dimensioni quasi catastrofiche.

In prima linea c’è il problema idrico: durante il 2022 infatti, le piogge si sono ridotte di circa un terzo rispetto alla media e mancano almeno 50 miliardi di metri cubi d’acqua per ritornare a livelli decenti. I grandi laghi hanno percentuali di riempimento che vanno dal 18 per cento in meno per quello di Como al 26 per cento del Lago Maggiore, fino al 34 per cento del Lago di Garda, mentre il livello idrometrico del fiume Po al Ponte della Becca è sceso a -3 metri.

Le ricadute della situazione climatica poi, sono diventate evidenti anche su flora e fauna. Ci sono esempi eclatanti: tra i tanti quello delle mimose, che sono in fiore con due mesi di anticipo rispetto alla festa della donna dell’8 marzo. In Sicilia, dove si sono registrate punte di 20 gradi, sono già fioriti i limoni in anticipo rispetto alla primavera. Ma la situazione è molto simile un po’ per tutte le coltivazioni, ingannate da un clima del tutto anomalo che fa pensare loro di essere vicine alla primavera, predisponendosi così alla ripresa vegetativa. Il rischio è la concreta possibilità che nelle prossime settimane arrivino repentine ondate di gelo notturno, e che quindi fiori e gemme di piante e alberi subiscano pesanti effetti sui prossimi raccolti.  

Anche il mondo animale ha risentito della situazione anomala: sono stati registrati casi di api che, disorientate dalle alte temperature, si risvegliano ed escono dagli alveari, con il conseguente pericolo concreto di essere decimate dall’arrivo del freddo.

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