Se Donald Trump vincesse le elezioni, il suo primo atto potrebbe essere l'uscita ufficiale dagli accordi sul clima di Parigi. Il processo è stato avviato nel 2017 ma la prima data utile per completarlo, secondo la meccanica prevista dall'articolo 28, cade proprio il 4 novembre 2020, il giorno successivo alle elezioni.

All'inizio del secondo mandato, a gennaio, non ci sarebbe più niente a tenere gli Stati Uniti dentro gli accordi.

Il rifiuto di far partecipare gli Stati Uniti alla lotta contro i cambiamenti climatici è il motivo principale per il quale secondo gli scienziati il mondo non può permettersi altri quattro anni di amministrazione Trump: secondo una ricerca pubblicata su Environmental Science & Policy, gli effetti delle sue politiche energetiche e del ritiro dagli accordi di Parigi rallenterebbero la riduzione delle emissioni su scala globale di un decennio.

Se gli americani eleggessero Trump, sarebbe come trovarsi nel 2030, oggi il tempo è poco, in quel caso semplicemente non ce ne sarebbe più: le probabilità di contenere l'aumento della temperatura sotto i 2 gradi sarebbero dello 0,1 per cento.

«Non sacrificherò milioni di posti di lavoro per rispettare quegli accordi», ha detto Trump durante l'ultimo dibattito. È un'eco della frase con la quale aveva annunciato la decisione di ritirarsi, pronunciata nel Rose Garden della Casa Bianca: «Sono stato eletto per rappresentare i cittadini di Pittsburgh, non quelli di Parigi».

Joe Biden è sul fronte opposto, uno dei punti chiave del suo piano per il clima è rientrare negli accordi, per restituire agli Stati Uniti la leadership della transizione, «usando ogni strumento della diplomazia americana per spingere il resto del mondo ad alzare l'asticella, le ambizioni e gli obiettivi climatici».

Tra i progetti annunciati c'è anche un summit per il clima entro i primi cento giorni della sua presidenza.

Biden  vuole fermare la crisi

La differenza più vistosa tra i programmi per mitigare i cambiamenti climatici dei due candidati è che Biden ne ha uno, Trump no.

Le undici policy previste per il secondo mandato includono «Difendere la polizia», «Prosciugare la palude» (degli interessi di Washington), «Difendere i valori americani», ma non ce n'è una sull'ambiente.

Le uniche menzioni, presentate senza dettagli aggiuntivi, sono nel capitolo «Innovare per il futuro», accanto alla conquista dello spazio e al 5G: «Continuare a garantire l'accesso all'acqua potabile e all'aria più pulita» e «Ripulire gli oceani del pianeta insieme alle altre nazioni».

Durante il dibattito, Trump ha citato il suo Trillion Trees Act, una legge che include gli Stati Uniti in un'iniziativa globale del World Economic Forum per piantare un triliardo di alberi nel mondo e potenziare la cattura del carbonio nell'atmosfera, un'idea che aveva sedotto Trump poco prima della pandemia. Costa poco, non richiede sacrifici, transizioni, investimenti in rinnovabili.

Questa politica del clima basata sugli alberi ha un solo problema: non basta, nemmeno lontanamente.

È stato un anno duro per gli effetti del riscaldamento globale sul suolo americano. La stagione degli uragani è stata affollata, ma per fortuna senza eventi catastrofici.

Quelli degli incendi invece è stata lunga e devastante, un punto di non ritorno nella percezione della questione climatica.

Trump ha cambiato tono, ha capito che, se per i vecchi conservatori non è un tema, per i repubblicani millennial la questione esiste.

Il problema è che gli argomenti da offrire sono pochi: «Amo l'ambiente, voglio l'aria più pulita, l'acqua più pulita», ma il solare per lui non è abbastanza potente e l'eolico addirittura «causa il cancro» e «uccide gli uccelli».

Nel piano del 2016 c'era una strenua difesa delle centrali a carbone, che hanno però continuato ad andare in bancarotta, durante il suo mandato la quota di energia elettrica da rinnovabili ha superato quella prodotta dal carbone.

Cosa ha fatto Trump

Il suo vero programma sul clima è la storia di questi quattro anni: Trump ha cancellato 99 leggi di protezione dell'ambiente, per un costo aggiuntivo in termini di emissioni di 1,8 tonnellate di gas serra nell'atmosfera entro il 2035, come calcolato dal centro studi Rhodium Group.

Molte di queste misure sono bloccate nei tribunali e potrebbero arrivare alla Corte Suprema: una delle questioni più delicate legate agli equilibri tra i giudici dopo la morte di Ruth Bader Ginsburg è proprio il clima.

Il piano di Biden è una versione moderata del Green New Deal proposto da Alexandria Ocasio-Cortez. È un programma ricco di numeri, prospettive, impegni con un grande problema: cosa fare con il fracking, l'estrazione di petrolio e gas dalle rocce che ha garantito agli Stati Uniti un'autonomia energetica mai raggiunta.

Per Biden i cambiamenti climatici sono una minaccia esistenziale e combatterli è un obbligo morale.

Il suo piano è più radicale e ha un budget più alto di quello delle primarie. L'obiettivo sono le emissioni zero entro il 2050, con il passaggio intermedio del 100 per cento dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili entro il 2035.

L'investimento è di cinquemila miliardi di dollari tra fondi federali, statali, locali e privati.

Tra le misure c'è una campagna per il miglioramento dell'efficienza energetica di quattro milioni di case. «Vuoi togliere le finestre agli americani», lo ha accusato Trump, in uno dei passaggi più bizzarri del dibattito.

Il problema del fracking

Biden ha promesso 500mila stazioni di ricarica, per incoraggiare la transizione delle automobili all'elettrico, e 400 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie per l'energia pulita.

«Escludo un bando al fracking», ha però promesso. È la questione politicamente più delicata, Biden è in una strettoia tra gli ambientalisti più intransigenti e i suoi bisogni elettorali. Da un lato la fratturazione idraulica contraddice l'idea di un'economia pulita in un paio di decenni.

Dall'altro ci sono i lavoratori, soprattutto nella decisiva Pennsylvania, sede del Marcellus Shale, il più grande giacimento di gas negli Stati Uniti. Qui ci sono circa 30mila lavoratori, che hanno ascoltato con attenzione ogni sillaba che ha pronunciato.

Il piano è non abolirlo ma bloccare nuovi progetti su suolo federale e finanziare la ricerca su una tecnologia di cattura delle emissioni del gas.

Non ci saranno inoltre più progetti per estrazioni di gas e petrolio offshore e nell'Artico.

Biden ha infine promesso di incrociare giustizia climatica e razziale: «L'impatto del cambiamento climatico è più forte sulle comunità di colore e a basso reddito e nelle terre dei nativi», tutte aree dove ha promesso di concentrare gli investimenti del suo piano per il clima.

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