Adesso i berlinesi iniziano a chiedersi se l’acqua dei loro rubinetti resterà potabile. Da giorni sulle rive tedesche del fiume Oder affiorano pesci morti. Dal lato polacco, invece, è dalla seconda metà di luglio che i pescatori segnalano invano il disastro. Le tonnellate di pesci e di carcasse animali accumulate questa estate lungo il fiume non raccontano soltanto un grande disastro ambientale europeo, per riprenderci dal quale impiegheremo anni, e le cui conseguenze non sono ancora finite. Il disastro è anche e soprattutto politico: le responsabilità sono umane. L’innesco è stato l’inquinamento industriale, il contesto è la crisi climatica, e poi c’è la grave gestione del problema da parte del governo di Varsavia, che in queste ore continua a battibeccare con quello tedesco. Il simbolo di tutto questo sono le immagini delle decine di tonnellate di pesci trasportati negli inceneritori. «L’epoca è politica: non devi neppure essere una creatura umana per acquistare un significato politico», per usare le parole della poetessa polacca Wisława Szymborska.

Cronaca di un disastro

Lo scandalo del fiume malato esplode prima di ferragosto, ma in realtà le prime avvisaglie alle autorità polacche sono note già da metà luglio. Il 26 luglio è ormai di pubblico dominio il caso di alcuni pescatori di Oława che si allertano per la moria di pesci nel fiume Oder. In principio, sperano si tratti di casi isolati; una settimana dopo sono già otto tonnellate i pesci morti che la popolazione locale è costretta a portar via, mentre il tanfo e il disastro aumentano. Gli abitanti di Oława associano i casi nella loro zona al ritrovamento di pesci morti avvenuto già a metà luglio nell’area del canale di Gliwice, che è collegato a un distretto industriale, ma le autorità polacche smentiscono subito. In questo punto della storia – siamo a fine luglio, inizio agosto – la gravità del problema ambientale è già evidente. Eppure tra i paesi europei salta del tutto il sistema di allerta reciproca, che prevede ad esempio che la Polonia metta in guardia la Germania, uno dei paesi bagnati dall’Oder. Intanto l’ondata tossica si diffonde, la moria di animali aumenta, arriva anche nelle zone della bassa valle dell’Oder, particolarmente preziose per la loro biodiversità e per la presenza di specie a rischio. Dopo il 10 agosto il disastro è ormai approdato anche sulle rive tedesche. Il premier polacco aspetta il 12 agosto per affrontare frontalmente la faccenda, per parlare di «disastro ambientale» e riconoscere pubblicamente che la responsabilità è umana: Mateusz Morawiecki parla di «enormi quantità di sostanze chimiche che sono state probabilmente scaricate nel fiume in piena consapevolezza dei rischi». Viene anche messa una taglia di circa 200mila euro per individuare i colpevoli. Peccato che tutto ciò avvenga tardi, abbastanza tardi da complicare l’individuazione delle cause.

Scontro politico a riva

Quando Morawiecki parla di «sostanze chimiche», intanto la Germania sta già allertando i suoi laboratori e sta allarmandosi per la presenza di mercurio nelle acque, che finirà poi per escludere come ragione dirimente del disastro. Da allora a oggi, i due paesi non hanno mai smesso di scambiarsi accuse. Una delle più recenti risale a ieri e arriva dal governo polacco: accusa quello tedesco di «fake news» dopo che un report tedesco ha riferito la presenza di pesticidi. «Nessuno ha mai detto che la causa sia quella, per quel che ne sappiamo ora non è stata una sostanza da sola a portare alla moria di pesci, si tratta piuttosto di un cocktail chimico, di un evento con più cause concatenate», ha risposto il ministero dell’Ambiente tedesco. Quel che è certo è che la Polonia si è mossa tardi, quel che ancora non è conclamato è cosa sia successo al fiume Oder; i laboratori dei due paesi sono in piena attività. Un tassello del puzzle è arrivato il 18 agosto dalla ministra del Clima polacca, Anna Moskwa: «La ricerca dei nostri esperti indica la presenza nelle acque dell’Oder di microrganismi, “alghe dorate”, la cui fioritura causa la comparsa di tossine letali per i pesci, anche se non per l’uomo». I ricercatori escludono che la diffusione di queste alghe tossiche sia stata innescata da fenomeni naturali, e qui si torna al punto: chi ha danneggiato il fiume? Piotr Borys, politico di opposizione (è di Piattaforma civica, il partito di Donald Tusk), dirige le attenzioni sulla multinazionale Kghm, dedita all’estrazione mineraria: «Incredibile, aveva pure il permesso di scaricare le acque reflue nell’Oder! Per produrre il suo rame può legalmente scaricare acqua salata nel fiume!». Che ruolo svolga in questa storia il cambiamento climatico, il caldo, è da definire bene. Intanto all’ecosistema serviranno anni per riprendersi del tutto, e c’è da sperare che i fattori inquinanti non siano penetrati anche nelle acque sotterranee, mettendo a rischio anche le risorse e l’acqua potabile delle città.

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