«Temo che le estati spensierate come le conoscevamo smetteranno di esistere e che da adesso in avanti invece saranno molto più difficili da affrontare», ha detto il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, guida di un governo di centrodestra, commentando le conseguenze della tempesta Daniel e della lunga sequenza di incendi che ha colpito il paese.

In questo momento si stanno contando i danni e soprattutto i morti, tra la Grecia, la Turchia e la Bulgaria, dove le inondazioni hanno fatto almeno quattordici vittime. Gli ultimi sette giorni sono stati un doppio colpo per l'Europa meridionale.

C'è stata la tempesta in Spagna centrale, con allagamenti in almeno tre comunità autonome (e con la metropolitana di Madrid sott'acqua), poi è arrivato l'uragano mediterraneo («medicane», o più precisamente tropical like cyclone, ciclone extra tropicale), che ha colpito a oriente le aree dello Ionio e del Mar Nero.

In Grecia sono stati battuti i record storici da quando si tiene traccia delle precipitazioni, sulla Tessaglia sono caduti oltre 700 millimetri di pioggia in 24 ore, più delle precipitazioni attese in un anno intero, le strade della città portuale di Volos si sono trasformate in fiumi e l'elettricità è saltata in quasi ogni quartiere, la piana di Karditsa è diventata un lago.

In Turchia, nel distretto di Başakşehir, a Istanbul, sono caduti 130 millimetri in appena un'ora. Al centro, stretta tra questa due tempeste, stanno l'Italia e l'Europa centrale, dove sta facendo molto caldo e si registrano sbalzi rispetto alle medie fino a 10°C. Sul Monte Rosa, a 4.554 metri sul livello del mare, sono state superati quattro giorni sopra lo zero termico (non era mai successo). Così si presenta il continente a inizio settembre.

L'estate «non spensierata» del Mediterraneo orientale, per usare le parole del premier greco, ha colpito due rotte molto diverse tra loro, quella turistica e quella migratoria.

La Grecia ha avuto una stagione degli incendi durissima, l'episodio peggiore è stato il rogo che per settimane ha imperversato nella zona di Evros, al confine sulla Turchia, uno dei punti di passaggio della rotta balcanica percorsa dai richiedenti asilo.

È una zona forestale molto fitta, dove per gli operatori anti-incendio è stato difficile affrontare le fiamme, ci hanno lavorato migliaia di persone e sono serviti gli sforzi congiunti e i mezzi di tutta Europa. È stato l'incendio più vasto nella storia dell'Unione, da quando ci sono i dati dell'European Forest Fire Information System (Effis), con con oltre 800 chilometri quadrati interessati e 81mila ettari bruciati, quasi tutti all'interno di un'area protetta. Nella foresta di Dadia sono morti diciotto migranti, sedici adulti e due minori, intrappolati dalle fiamme in una baracca, altri venticinque sono stati evacuati (e poi arrestati) in un’altra zona.

Policrisi

È una nuova connessione della policrisi che collega clima e migrazioni: secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni le persone in fuga da disastri ambientali hanno già superato quelli in fuga dai conflitti. Ma la crisi climatica non è solo quella da cui scappano, è anche quella che incontrano lungo molte delle rotte.

Una ricerca pubblicata su Science nel 2021 aveva misurato che per sopravvivere alla traversata del deserto di Sonora, lungo la rotta tra il Messico e gli Stati Uniti, oggi serve il 34 per cento dell'acqua in più rispetto a trent'anni fa, perché le temperature sono aumentate e lo stress per il corpo umano è maggiore.

Per farcela, una donna incinta oggi ha bisogno di portare con sé dodici litri di acqua: ogni anno muoiono oltre trecento persone nell'attraversamento. Le turbolenze climatiche dei paesi lungo la rotta balcanica, e i diciotto morti nella foresta di Dadia, rispecchiano l'aumento di questo rischio, con i richiedenti asilo colpiti da eventi estremi mentre passano in territori dove non parlano la lingua e non hanno accesso alle informazioni di emergenza.

Come ha spiegato ad Al Jazeera Eftychia Georgiadi, leader di International Rescue Committee, «nessuno dovrebbe essere lasciato senza protezione in una foresta così, queste morti confermano le conseguenze letali che ha la mancanza di un sistema di asilo umano e sostenibile da parte dell'Unione Europea, un vuoto che espone le persone a pericoli sempre più grandi in ogni tratto del loro viaggio».

Gli eventi degli ultimi mesi hanno sconvolto anche il turismo: Atene insopportabilmente calda che chiude l'accesso all'Acropoli, l'evacuazione di 19mila stranieri dall'isola di Rodi avvolta dagli incendi. Anche tra le vittime di Daniel ci sono diversi turisti. In Turchia, nella provincia di Kırklareli, quasi al confine con la Bulgaria, un campeggio è stato travolto da un torrente, sei persone sono state trascinate via, cinque cadaveri sono stati recuperati.

Evacuazioni

Altre evacuazioni sono state necessarie per decine di turisti nell'area, hanno fatto sapere le autorità. Altre due persone sono morte a Istanbul, dove la metropolitana è stata allagata proprio come a Madrid.

In Bulgaria un turista è morto sulle rive del Mar Nero, in tutto le vittime accertate per ora sono tre. La più colpita è stata la cittadina balneare di Tsarevo, a pochi chilometri dal confine turco, dove la forza dell'acqua ha trascinato auto e camper in mare e distrutto diversi ponti.

«Abbiamo attualmente un problema a evacuare i turisti intrappolati nelle aree coinvolte, perché le strade sono troppi difficili da percorrere a causa delle inondazioni», ha detto la ministra bulgara del turismo, Zaritsa Dinkova. Sono 4mila le persone in difficoltà sulla riva del Mar Nero e in cerca di una via di fuga dopo la tempesta.

© Riproduzione riservata