«C’è uno spazio sconfinato», dice Elena Grandi, co-portavoce dei Verdi, a poche ore dall’intervista a Repubblica con la quale Rossella Muroni annunciava l’uscita da Leu e la creazione di una componente Verde al Gruppo misto con Lorenzo Fioramonti e Alessandro Fusacchia.

È un piccolo movimento parlamentare con un grande significato politico, all’ombra della transizione ecologica. Le provenienze dei tre sono importanti, Fioramonti è entrato alla Camera col Movimento 5 stelle, Fusacchia con +Europa. Lasciano le relative appartenenze con diversi gradi di delusione, per entrare in una delle realtà più antiche della politica italiana, a sua volta in fase di transizione, per usare il vocabolario ecologista del momento.

Lo spazio sconfinato di cui parla Grandi è l’ambientalismo politico. Nel giro di una crisi di governo, l’ecologia è diventata pilastro repubblicano e potenziale motore dell’economia, ma nessuno ha la credibilità per presidiarla. Leu e Pd sono ai margini, senza un sottosegretario alla transizione ecologica. Il M5s ha rivendicato la nascita del ministero e ha portato a casa una sottosegretaria, ma è anche in crisi d’identità.

I Verdi hanno quella credibilità, aspettavano da decenni che avesse un valore politico di massa. Però sono anche un corpo ferito, per anni hanno ballato sul filo dell’estinzione e fuori dal parlamento. Ora stanno provando la metamorfosi in startup politica: entro luglio ci sarà un’assemblea nazionale nella quale fiorirà Europa Verde. Era il nome della lista alle europee, diventa il brand di questo progetto di rinascita.

«L’assemblea ha un significato costituente, ci aprirà ai mondi di cui abbiamo bisogno per fare massa critica, ricerca, associazioni, imprese green, realtà che si sentono abbandonate dalla politica». In questa fase la componente parlamentare è un tassello fondamentale, certificazione di esistenza e possibilità di vigilare.

Ritmo, radicalità, etica

«In un momento in cui tutti parlano di transizione ecologica ho sentito il bisogno di ristabilire la radicalità delle scelte, che non significa estremismo, ma misure che vadano alla radice dei problemi», spiega Muroni elaborando sulle ragioni della scelta.

Ex presidente di Legambiente, è alla prima legislatura ed è uno dei pochi parlamentari che parlano di ecologia sapendo quello che dicono. «Non c’è più tempo per il greenwashing politico, il Next Generation Eu impone ritmo, radicalità, dimensione etica». La scelta dei tre di puntare sui Verdi è anche sintomo del fallimento dei partiti di sinistra nel loro tentativo di fare transizione ecologica al proprio interno. «Sono entrata in parlamento pensando di creare un partito moderno, che guardasse allo sviluppo sostenibile come tema reale. Non ha funzionato. Anche il Pd non ha mai avuto la vocazione ecologista che era nella sua fondazione».

Quando chiedo a Grandi se si sente come chi ha aspettato sulla riva del fiume il cadavere dell’opportunismo ecologista, ride e dice che i Verdi non sono stati immobili, si sono anzi agitati molto.

L’ispirazione dei francesi

Ora però qualcosa si è mosso: le iscrizioni sono triplicate nel 2020 (quadruplicate a Milano), hanno nove consiglieri regionali e cento comunali. A Milano hanno stretto alleanza con Beppe Sala, dopo una lunga serie di asprezze.

Il totem è la rinascita dei Verdi francesi l’estate scorsa. «Il loro successo nasce dal territorio, l’onda dei sindaci si è alzata grazie a un lungo lavoro negli anni precedenti. Per noi le amministrative sono importantissime, è decisivo che Europa Verde si affermi nella coalizione di centrosinistra, stiamo costruendo dal basso una classe dirigente ecologista, i consigli comunali saranno la loro scuola».

Il rigore dei Fridays

L’allineamento che potrebbe riportare i Verdi al centro della politica è soprattutto culturale. Lo spiega Muroni: «L’ambientalismo politico in Italia ha dovuto tenere posizioni di trincea contro gli scempi peggiori, dall’abusivismo alle ecomafie». In quella trincea i Verdi si erano però persi, visti come partito della decrescita e lontani dai bisogni degli italiani.

«Ora si può uscire dalla trincea, per fare dell’ecologismo la risposta politica a una domanda presente nella società. Le persone hanno imparato a cambiare stili di vita, a mangiare e muoversi in modo sostenibile, hanno capito che non è depauperamento ma la sfida del benessere. Comprarsi l’auto non è più rito di passaggio all’età adulta, la bicicletta non è più da sfigati. I cittadini hanno capito meglio della politica il potenziale della transizione ecologica».

Il futuro per i Verdi è fatto di alleanze, dialogare con la parte della società a cui nessuno sa parlare. Le imprese che fanno brevetti internazionali di valore ambientale, l’associazionismo cattolico che si riconosce nella Laudato si'.

E i Fridays for Future: «Hanno fatto ciò che a noi ambientalisti storici non era riuscito, riempire le piazze per il clima. Nei Fridays vedo la radicalità di cui parlavo, quella che non è estremismo, ma rigore».

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