Nei giorni scorsi il presidente della provincia di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, ha ordinato l’abbattimento di due lupi: è la prima volta che succede in Italia. Proprio come avevano fatto per alcuni orsi, sempre in Trentino, le associazioni animaliste, tra cui Wwf e Lav, hanno chiesto al Tar la sospensiva dell’ordinanza, in attesa di un altro pronunciamento nel merito, che dovrebbe arrivare martedì.

Il Tar di Trento ha però respinto la richiesta di sospensione dell’ordinanza di abbattimento. La provincia potrà dunque procedere al prelievo grazie al parere positivo espresso da Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca ambientale.

La richiesta di abbattimento arrivava dopo che i due lupi avevano predato 16 bovini e due asini, in un pascolo sul lato trentino dei monti Lessini. Il giudice ha stabilito che la soppressione dei due esemplari è in linea con la direttiva habitat - approvata il 21 maggio 1992 dalla Commissione europea con lo scopo di promuovere il mantenimento della biodiversità - e che non compromette il buono stato di conservazione della specie. In Italia si sperimenterà dunque per la prima volta quello che altrove – Francia, Svizzera, Austria e Germania, seppur con approcci anche significativamente diversi – è già una realtà.

La polarizzazione

Come ci si arriva? Come sempre. Male. Con una polarizzazione sempre più marcata delle posizioni in campo e un solco sempre più profondo tra l’approccio gestionale della biologia della conservazione, che ha come obiettivo quello di creare i presupposti per una coesistenza possibile tra attività zootecniche e grandi predatori, e la sensibilità della galassia animalista, per la quale il controllo, per quanto puntuale e mirato, di una specie protetta come il lupo, in nessun caso risulta un’opzione praticabile.

E così i social sono pieni di “Si apre la caccia al lupo”, “Ispra si è venduta alle lobby” e altri commenti dello stesso tenore.

Convivere con i lupi

Foto uficio stampa provincia di Trento

I fatti però raccontano un’altra storia. È dal 2018 che la provincia di Trento chiede di intervenire con misure di prelievo e ogni volta Ispra ha detto no. Oggi quel no diventa un sì perché in cinque anni, grazie anche ad un lavoro coordinato con il Muse, il Museo di scienze naturali di Trento, è stata raccolta una mole significativa di dati che hanno chiarito il quadro della situazione. E poi perché la Lessinia sui due versanti, quello veneto e quello trentino, costituisce un cluster quasi unico nel panorama nazionale con le predazioni che avvengono su bovini (e non su ovini, come avviene altrove) e con un tasso di incidenza tra i più alti d’Italia.

È dunque giusto pretendere che gli allevatori adottino misure di prevenzione adeguate e altrettanto giusto intervenire se queste misure ad un certo punto perdono di efficacia perché i lupi imparano a saltare tra i fili della recinzione elettrificata, che è esattamente quanto sta accadendo in Trentino.

Una strategia di coesistenza si costruisce se si esce dalla trappola dell’equazione “predazioni zero” e “lupi uccisi zero” e se il rapporto tra chi opera sul territorio e istituzioni si regge su un patto coerente di riconoscimento reciproco: tu fai quello che devi fare per proteggere i tuoi animali, io ente pubblico intervengo se le cose non vanno per il verso giusto. Un ragionamento tecnico e politico al tempo stesso. Disgraziatamente troppo tecnico per i politici e troppo politico per i tecnici, tenendo sempre ben presente che, comunque sia, il futuro dei grandi predatori si gioca sulla loro sostenibilità sociale.

Un animale politico

All’interno di questa cornice poi le opinioni sono legittimamente diverse e anche tra i teriologi – che pure a grandissima maggioranza sono favorevoli alla possibilità di prelievi selettivi – qualcuno ha storto il naso davanti al via libera di Ispra. “La malga non ha i cani da guardiania”, “perché due lupi e non tre, o magari uno solo?”, “i cuccioli del branco sono condannati”, “la dissuasione con proiettili d gomma è più efficace”, “la recinzione elettrificata nelle prime predazioni non funzionava”, “abbattere due lupi rischia di frammentare il branco e di moltiplicare i danni” e via dicendo. L’elenco sarebbe lungo.

Dal punto di vista strettamente tecnico alcune osservazioni sono fondate ma tutte indistintamente dimenticano che il lupo è l’animale politico per eccellenza. Ha una dimensione pubblica, che si gioca nell’aperto del dibattito pubblico.

Questo vuol dire che porta sul groppone non solo gli obblighi della sua natura di predatore ma molto di più, per tutto quello che rappresenta dal punto di vista storico, culturale, scientifico, economico nelle sue relazioni presenti e passate col mondo degli umani. Attraverso la lente del lupo – e degli altri animali ad alta interferenza antropica – si definisce in qualche modo la nozione stessa di territorio e il nostro modo di rapportarsi ad esso. E questo è evidente oggi più che mai, con una destra di governo costantemente impegnata in un lavoro di erosione delle politiche ambientali.

Verso la gestione regionale

Per queste ragioni la partita che si gioca in Trentino travalica di gran lunga il fatto in sé. Al netto delle pagliuzze tecniche, quella che incombe è infatti l’ombra di una trave: lo svuotamento di Ispra e la regionalizzazione delle competenze nella gestione dei grandi predatori e della fauna in generale. Ispra non viene considerato il braccio tecnico del Ministero per l’Ambiente ma il collo di bottiglia di un sistema burocratizzato e paralizzante che penalizza le categorie produttive.

Lega e Fratelli d’Italia, per ragioni diverse, convergono dunque sul medesimo obiettivo: smantellare il sistema e spostare le competenze sugli osservatori faunistici regionali, tutti di nomina politica. A questo sta lavorando da tempo soprattutto la deputata trentina della Lega, Vanessa Cattoi, in un contesto in cui, su questi temi, il ministero per l’Ambiente, attraverso il sottosegretario Claudio Barbaro, risulta di fatto commissariato dal ministro per l’Agricoltura Francesco Lollobrigida e da Fratelli d’Italia, forti della nuova saldatura tra il partito e l’anima più reazionaria del mondo rurale, da Coldiretti al Bauernbund, l’unione degli agricoltori altoatesini.

Il far west

Se si capisce questo si capisce anche il via libera di Ispra al prelievo dei due lupi. Il messaggio è chiaro: se gli enti locali lavorano seriamente, se gli allevatori si impegnano nella prevenzione, in nessun caso Ispra rappresenta un problema.

Anzi, proprio il contrario. Ispra è solo il garante di politiche di gestione della fauna coerenti a livello nazionale nel rispetto delle regole europee. Punto. Smantellare il sistema a favore di un far west regionale sarebbe dunque assurdo, vorrebbe dire buttare tutto il lavoro fatto negli ultimi decenni. Ma forse, vista l’aria che tira, è già troppo tardi.

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