Se non ne siete a conoscenza, non vivete su questo pianeta. Sulle pagine dei giornali in questi giorni si trovavano pagine intere con l’immagine di due hamburger. Uno di carne l’altro no. Sopra il primo la scritta «Nessuno chiamerebbe questo: Insalata di manzo» e sopra l'altro «Allora perché chiamiamo questo Hamburger vegano?». Firmato Assocarni e Uniceb, associazioni della filiera della carne.

Il Parlamento europeo voterà venerdì se proibire l’utilizzo di termini generalmente associati al consumo di carne come “burger” e “salsiccia” per i prodotti a base vegetale. Ma è davvero così? Trattandosi di Ue, la questione è leggermente più complessa. Nonostante il post con foto del leader della Lega Matteo Salvini liquidi la questione con un «No alla carne finta».

Tolti gli appelli e gli strali del “ce lo dice Bruxelles”, quel che resta è l’interessante scontro vecchio e nuovo mondo: l’industria dell’allevamento animale e la nascente lobby delle proteine vegetali.

Facciamo chiarezza

Facciamo un po’ di chiarezza. In votazione c’è la posizione dell’Europarlamento sulla Politica agricola comune (Pac), storico programma di sussidi agli agricoltori che occupa quasi un terzo del budget europeo. Uno dei suoi tre pezzi, l’organizzazione comune dei mercati (Ocm) disciplina il commercio dei prodotti alimentari all’interno dell’Ue, tra cui anche quelli di origine animale.

Nell’aprile 2019, il relatore parlamentare alla riforma dell’Ocm, il socialista Eric Andrieu, riesce a far passare in commissione agricoltura un emendamento che permette l’utilizzo di termini legati alla carne esclusivamente a parti commestibili di animali. Il riferimento era a quanto deciso dalla Corte di giustizia europea nel 2018, quando fu confermata l’impossibilità di commercializzare come prodotti lattiero-caseiri quelli che non contenevano latte (sì, è da quel momento che il latte di soia è diventato soja drink sugli scaffali dei supermercati).

Una lacuna

Dopo essere passata in secondo piano per un paio di anni, è recentemente arrivata una brusca accelerata e l’elefantiaco dossier sulla Pac è approdato questa settimana sui tavoli dei ministri europei dell’agricoltura in Lussemburgo e degli eurodeputati a Bruxelles. Nel frattempo, il relatore Andrieu è tornato sui suoi passi presentando un nuovo emendamento che, pur mantenendo l’interdizione per i veggie burger dell’uso di una nomenclatura carnivora, chiede alla Commissione europea di creare una lista di deroghe. Lasciando dunque la proverbiale porta aperta al settore. «C'è una lacuna nella legislazione europea. Abbiamo bisogno di informazioni adeguate per i consumatori, ma dobbiamo garantire che le proteine vegetali si sviluppino allo stesso modo delle proteine animali» si è giustificato in plenaria.

Ed è con la marcia indietro di Andrieu che si è accesa la lotta tra le lobby. Quella della carne ha tappezzato le strade di Bruxelles con cartelli che scimmiottavano il surrealismo di un illustre concittadino, René Magritte: vi è raffigurato un hamburger vegetariano del tutto simile recando la scritta “Ceci n’est pas un burger.” La richiesta è quella di difendere l’emendamento del 2019 e non accettare alcun compromesso, appellandosi nientemeno che al radicamento della carne nel patrimonio culturale europeo.

Scontro fra lobby

Dall’altra parte, è scesa in campo una nuova nascente lobby, quella dei prodotti di origine vegetale. Appoggiata da Ong verdi come Greenpeace, è popolata anche di chi con la carne finta vuole farci soldi veri. A fine settembre è nata l’Alleanza europea per gli alimenti a base vegetale che rappresenta colossi mondiali delle proteine vegetali come Upfield, Nestlé, Oatly e Beyond Meat. Nelle settimane prima del voto, la nuova associazione ha pagato una campagna di sponsorizzazione aggressiva sulla newsletter giornaliera di Politico.eu, una delle più lette dai legislatori europei, in cui si chiedeva senza mezzi termini di rigettare l’emendamento ammazza veggie burger.

Gli eurodeputati si troveranno a votare diversi emendamenti sul tema. Vuol dire che, quello che passerà alla fine, ci dirà come dovremmo chiamare i prodotti di origine vegetale in futuro? Non proprio. Siamo infatti in una fase ancora intermedia del processo legislativo. Il Parlamento sta votando la posizione da consegnare ai suoi negoziatori che siederanno al tavolo delle trattative con i ministri. Ma c’è ancora un lungo negoziato da fare e gli stessi ministri, per fare un esempio, non hanno incluso alcuna interdizione per veggie burger nella loro posizione adottata alle prime luci dell’alba martedì.

L’Italia a Bruxelles si è schierata in parte a favore degli allevatori e in parte l’ha buttata in caciara. L’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca, famoso per la scarpata alle raccomandazioni all’Italia dell’allora Commissario francese Moscovici, è riuscito a mettere nello stesso calderone l’Europa che vuole farci mangiare insetti e carne finta insieme al Nutriscore, la temibile etichettatura a semaforo che ammazzerebbe il prosciutto di Parma e l’olio extravergine. Una delle cartine di tornasole sulla posizione italiana a Bruxelles in materia di agricoltura, l’eurodeputato del Pd Paolo De Castro, è a favore della proibizione alludendo al rischio di confusione per il consumatore

La posizione di Greta Thunberg

Resta l’amaro in bocca di un dibattito cruciale come quello sulla Pac passato come un voto sulle salsicce vegane. Sono passate in sordina, ad esempio, alcune misure importanti come l’inglobamento dell’accordo di Parigi nella politica agricola europea, così come l’impatto del nostro sistema alimentare sull’ambiente. È quello di cui s’è lamentata Greta Thunberg in un tweet. «Mentre i media parlavano dei nomi di hot dog vegani, il Parlamento europeo ha firmato per 387 miliardi di euro per una nuova politica agricola che è in pratica una rese su clima e ambiente» ha scritto l’attivista svedese.

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