Una ricerca del Politecnico di Zurigo ha per la prima volta trovato il modo di connettere matematicamente l’intensità di certe ondate di calore alle emissioni di alcune società. Si tratta di una svolta per il futuro delle cause contro i colossi inquinanti
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Per la prima volta, grazie a una ricerca del Politecnico di Zurigo, siamo in grado di connettere in modo matematico l’intensità e la frequenza delle ondate di calore alle emissioni delle aziende petrolifere e degli altri produttori di idrocarburi.
Sono le «impronte digitali» più chiare mai trovare della connessione tra la responsabilità del settore oil and gas e uno degli effetti più gravi e mortali del riscaldamento globale: nell’estate del 2022 sono decedute più di 60mila persone in Europa a causa delle ondate di calore.
Lo studio
La nuova ricerca è stata pubblicata su Nature, la più importante rivista scientifica al mondo, e ha avuto l’onore di essere sulla copertina. Segno dell’importanza e dell’impatto dello studio. Secondo i risultati, un quarto delle oltre 200 ondate di calore più gravi avvenute nel mondo dall’inizio di questo secolo sarebbero state impossibili senza le emissioni di gas serra delle 180 aziende di idrocarburi più grandi.
Come spiega Davide Faranda, climatologo e autore Ipcc (non coinvolto nella ricerca), «la novità di questo studio è aver connesso le emissioni non all’interezza del riscaldamento globale ma a 200 singoli eventi localizzati nel mondo». Dall’aumento di temperatura globale, insomma, siamo passati a studiare le impronte del settore nel caldo che impatta direttamente sulle nostre vite, i nostri corpi e le nostre giornate.
Abbiamo potuto farlo perché le ondate di calore sono l’effetto più lineare della crisi climatica: a ogni tonnellata di CO2 in atmosfera corrisponde una frazione di riscaldamento. Negli ultimi anni, anche grazie all’azione dei tribunali e alle cause climatiche, abbiamo inoltre sempre più informazioni su quanto hanno emesso in atmosfera le singole aziende degli idrocarburi. La novità della ricerca pubblicata su Nature è esattamente questa: gli studiosi del Politecnico svizzero hanno connesso quelle 200 ondate di calore alla CO2 emessa in atmosfera dalle 180 aziende, ponendo ai modelli questa domanda: quelle ondate di calore sarebbero state possibili senza emissioni? E con quale gradi di intensità?
Il risultato è che 50 di queste 200 ondate di calore non sarebbero avvenute senza la CO2 buttata in atmosfera dagli estrattori di idrocarburi: in pratica un’ondata di calore su quattro della nostra vita è un «regalo» diretto diretto dell’oil & gas. La novità legale e politica di questo tipo di attribuzioni è che si può misurare l’impatto non solo del settore nella sua interezza, ma anche di ogni singola azienda: quanto Exxon, Chevron, Aramco hanno reso più probabile quell’ondata di calore? Quanti gradi in più e quante giornate sopra i 40°C ci è costata la loro indifferenza alla crisi climatica?
In tribunale
A questo punto della storia, queste ricerche accademiche diventeranno strumenti sempre più efficaci per citare in giudizio quelle aziende sui danni della crisi climatica. Le ondate di calore causano il 95 per cento delle vittime da crisi climatica in Europa, a giugno di quest’anno, secondo uno studio dell’Imperial College di Londra, hanno ucciso 2300 persone in Europa, secondo una ricerca uscita su Lancet hanno fatto perdere 512 miliardi di ore lavorate globalmente nel 2023, rendono più pericolose le gravidanze.
Sono un costo economico, sociale e sanitario che diventa ora sempre più facile collegare ai piani industriali e alle scelte del settore e dei suoi attori. La scienza dell’attribuzione (collegare gli eventi climatici estremi con le emissioni di CO2 e le aziende che le causano) sta aumentando sempre di più il suo impatto e il suo profilo pubblico.
Come spiega Faranda, che è uno dei principali esperti italiani dell’argomento, le frontiere dei prossimi cinque-dieci anni di ricerca nel settore dell’attribuzione sono la riduzione della scala e della risoluzione degli eventi studiati e la connessione di eventi consecutivi e diversi tra loro. Sul primo livello vuol dire saper connettere al contesto grande della crisi climatica fenomeni sempre più piccoli: flash flood, tornado, trombe d’aria.
Sulla seconda prospettiva invece l’avanzamento della scienza dell’attribuzione sarà poter collegare combinazioni due o più eventi al contesto climatico generale e alle aziende inquinanti: quando un ciclone viene seguito da un’ondata di calore, oppure come una siccità si collega a un’alluvione, o ancora come eventi lenti e veloci avvengono insieme, come l’innalzamento del livello del mare si collega a onde alte e improvvise. Come detto Friederike Otto dell’Imperial College commentando l’ultima ricerca del Politecnico di Zurigo: «Sono tutti passi avanti verso il momento in cui i responsabili dovranno rendere conto».
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