Secondo il Polar Portal gestito da un gruppo di ricercatori danesi, la calotta glaciale della Groenlandia ha subito un «enorme evento di fusione» durante un’ondata di caldo che ha visto temperature di oltre 10 gradi al di sopra delle norme stagionali. Verso la fine di luglio la calotta glaciale che copre il vasto territorio artico si è sciolta di circa otto miliardi di tonnellate al giorno, il doppio del normale tasso medio estivo. Nel nord della Groenlandia l’Istituto meteorologico danese ha riportato in quei giorni temperature di oltre 20 gradi Celsius, più del doppio della normale temperatura media estiva. Il 29 luglio all’aeroporto di Nerlerit Inaat, nel nordest del territorio, si sono toccati i 23,4 gradi °C, il valore più alto da quando sono iniziate le registrazioni. Stando al Polar Portal, in concomitanza dell’ondata di caldo che ha colpito la maggior parte della Groenlandia in quei giorni, si è avuto un «enorme evento di scioglimento» che ha coinvolto abbastanza acqua da coprire l’intera superficie dell’Italia con quasi due centimetri d’acqua. A dire il vero il più grande scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia risale ancora all’estate del 2019, ma a differenza di allora l’area interessata da questo evento è stata molto più grande. La calotta glaciale della Groenlandia è la seconda massa di ghiaccio d’acqua dolce del pianeta con quasi 1,8 milioni di chilometri quadrati di superficie, seconda solo all’Antartide. Lo scioglimento della calotta glaciale è iniziato nel 1990 e ha subito un’accelerazione a partire dal 2000. «La perdita di massa negli ultimi anni è circa quattro volte superiore rispetto a prima del 2000», affermano i ricercatori di Polar Portal. Uno studio europeo pubblicato a gennaio ha affermato che se la situazione non si invertirà entro il 2100 i livelli degli oceani aumenteranno tra i 10 e i 18 centimetri, ovvero il 60 più velocemente di quanto stimato in precedenza. Per nostra fortuna tuttavia, l’inizio dell’estate in Groenlandia è stato relativamente fresco, con nevicate e piogge e dunque, complessivamente, il ritiro della calotta glaciale per il 2021 dovrebbe rimanere nella norma storica. Ma il fatto che per ben due anni molto vicini tra loro abbiano visto fusioni glaciali mai registrate precedentemente a memoria d’uomo, fa pensare a nulla di buono per gli anni a venire.

Popolazioni e inondazioni

Secondo uno studio pubblicato su Nature, le aree soggette ad inondazioni vedono un aumento della popolazione superiore a quelle dove non vi sono problemi di questo genere. Lo studio afferma che grazie alle osservazioni satellitari si è osservato che la percentuale della popolazione mondiale esposta alle inondazioni è aumentata di quasi un quarto dall’inizio del secolo, dieci volte superiore alle stime precedenti. Questa crescita è destinata a continuare almeno fino al 2030. E questo è uno dei motivi per i quali le inondazioni colpiscono più vite di qualsiasi altro pericolo ambientale. Beth Tellman, autore della ricerca ha utilizzato osservazioni satellitari giornaliere estremamente accurate per stimare l’entità delle inondazioni e l’esposizione della popolazione per 913 grandi eventi alluvionali tra il 2000 e il 2018. L’esame di un totale di 12.719 immagini catturate a una risoluzione di 250 metri ha rivelato che durante questo periodo un numero compreso tra 255 e 290 milioni di persone sono state direttamente colpite dalle inondazioni che hanno interessato 2,23 milioni di chilometri quadrati. E tra il 2000 e il 2015, la crescita della popolazione è stata più rapida proprio nelle aree soggette a inondazioni, tant’è che il numero di individui che hanno “scelto di vivere” nelle aree inondate è aumentato di circa 70 milioni, dieci volte superiore ai modelli stimati tra il 1970 e il 2010. Le proiezioni sui cambiamenti climatici e i flussi di popolazione suggeriscono che entro il 2030 vi sarà un ulteriore aumento. La motivazione di tutto ciò è da ricercare nel fatto che le principali città industrializzate sono poste vicino al mare o in prossimità di grandi fiumi che, se non regimati, sono soggetti a piene e alluvioni sempre più frequenti in un mondo che si sta riscaldando. E d’altro canto la maggior parte della popolazione mondiale tende a concentrarsi proprio nelle città, con conseguenze ovvie.

Il clima in Italia

Stando alla Fondazione per lo sviluppo sostenibile italiano quel che si sta facendo in Italia è ancora lontano dagli obiettivi per avere un reale rallentamento del riscaldamento climatico. In trent’anni, infatti, si è registrato appena metà del taglio delle emissioni di gas serra necessario al 2030. Nel 2020 si è arrivati a -27 per cento rispetto al 1990 e quindi si è ancora lontani dall’obiettivo europeo del -55 per cento al 2030 e dalla neutralità climatica entro metà secolo. Un segno certamente non positivo sta nel fatto che le energie rinnovabili non crescono da quasi un decennio e nel 2020 il consumo di energia rinnovabile è nuovamente diminuito: – 400 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. In un anno sono stati installati circa 1.000 MW, ma ne servirebbero almeno 7.000 ogni anno. In Europa nel 2020 sono stati installati oltre 30.000 MW, con Germania, Spagna e Francia in prima linea. Forse un dato positivo sta nel fatto che nel mese di giugno dei 27.401 GWh di energia elettrica richiesta, il 42 per cento è stata soddisfatta da fonti rinnovabili, una dimostrazione che queste ultime, se esistenti, possono funzionare. La crisi climatica comunque, morde l’Italia: le temperature crescono molto più che in molte altre parti del pianeta, con un +2,4 °C, mentre nel resto del mondo è di 1°C, e si moltiplicano gli eventi estremi, quasi 1.300 nel 2020. Si tratta del valore più alto mai registrato dopo l’anno record del 2019. Le statistiche dicono che dal 2008 si sono moltiplicati complessivamente di otto volte: +480 per cento i tornado, +580 per cento le piogge intense e le bombe d’acqua, +1.100 per cento le grandinate e +1.200 per cento le raffiche di vento. E a proposito di grandinate, queste, nel 2021, sono triplicate – con ben 11 tempeste di ghiaccio al giorno – rispetto allo stesso periodo dello scorso anno con danni per milioni di euro su coltivazioni e strutture agricole. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti su dati Eswd in riferimento all’ultima ondata di maltempo che sta colpendo tutte le regioni del nord con bombardamenti della grandine a macchia di leopardo che non risparmiano nulla, dai vigneti alla frutta, dagli ortaggi al mais. «L’estate 2021 – evidenzia Coldiretti – registra fino a oggi il maggior numero di tempeste di ghiaccio dell’ultimo decennio con un record negativo di 386 eventi. A cambiare è anche la dimensione dei chicchi di grandine che risulta essere aumentata considerevolmente negli ultimi anni con la caduta di veri e propri blocchi di ghiaccio anche più grandi di una palla da tennis nei casi di eventi estremi.

Come si controllano le coste

Come facciamo a sapere se le coste italiane sono in buona salute o meno? Ciò è possibile perché da aprile a settembre gli 8.300 chilometri di coste italiane sono campionati oltre 32.000 volte. E a farlo quasi ovunque è il personale delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, gli enti pubblici che, insieme a Ispra, formano il Sistema nazionale di protezione ambientale. I dati del quadriennio 2017-2020 hanno portato al giudizio che resterà in vigore per tutta la stagione balneare 2021: da scarso (meno del 2 per cento dei casi) a eccellente, ogni singolo tratto di costa mantiene per tutta l’estate la classificazione che testimonia il recente andamento di quel tratto. Per la balneabilità invece, si prelevano campioni almeno una volta al mese e si va alla ricerca di due elementi fondamentali, l’Escherichia coli ed enterococchi intestinali. Spesso si svolge anche il monitoraggio che riguarda le alghe potenzialmente tossiche. Si tratta di organismi unicellulari che vivono soprattutto in specifici punti a scarso ricambio idrico, caratterizzati da piccole insenature, presenza di scogli, ciottoli, barriere artificiali. La maggior parte delle regioni presenta quest’anno quasi il 90 per cento di acque in classe eccellente. I controlli sulle acque di balneazione riguardano anche laghi e (in pochi casi) fiumi, dove alcune regioni raggiungono addirittura il 100 per cento di acque eccellenti.

Nuvole e clima

Le nuvole diminuiscono o aumentano il riscaldamento globale? Per tanto tempo si è dibattuto sul loro apporto al fenomeno. Alcune nuvole, infatti, aiutano a trattenere la temperatura al suolo, altre invece aiutano a riflettere la luce solare e dunque tendono a limitare l’aumento della temperatura terrestre. Ma in fin dei conti qual è il bilancio? A questa domanda si è tentato da dare una risposta da molto tempo con risultati alterni, ma un recente studio mette fine alla diatriba sostenendo che contribuiscono positivamente al riscaldamento globale con una certezza del risultato del 97,5 per cento. Lo ha stabilito una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, che ha analizzato 20 anni di dati sulle nubi e sulle coperture nuvolose sparse su tutto il Pianeta. Spiega Paulo Ceppi del Grantham Research Institute on Climate Change: «La maggior parte degli studi sulle nuvole del passato si era concentrata solo su particolari aree del Pianeta, quindi se ad esempio vi erano nubi basse prevalenti, lo studio giungeva a conclusioni come se su tutta la Terra vi fossero state solo quel tipo di nuvole. La nuova ricerca invece, ha preso in esame l’intero Pianeta, considerando tutte le nuvole presenti e questo ci ha permesso di ottenere un quadro globale». Il risultato dello studio dimostra che le nuvole di bassa quota tendono a rinfrescare perché impediscono alla luce solare di raggiungere il suolo, mentre le nuvole di alta quota contribuiscono ad amplificare l’effetto serra. Esse lasciano filtrare più facilmente l’energia che arriva dal Sole, per poi intrappolare quella emessa dalla Terra. E in questo gioco vince la capacità delle nuvole di trattenere il calore facendone aumentare la temperatura. La ricerca ha anche lavorato sull’influenza che può portare l’anidride carbonica sulla temperatura terrestre e il risultato dice che con il doppio di anidride carbonica in atmosfera rispetto al valore attuale, il riscaldamento globale aumenta di 3,2°C.

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