Il cambiamento climatico sta creando grossi problemi alle città proprio come avevano avvertito molti ricercatori. Le condizioni meteorologiche estreme sono sempre più comuni e severe a livello globale. Ma non è da escludere che la situazione andrà peggiorando. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici ha da tempo sollecitato le autorità politiche delle città ad affrontare al più presto i rischi legati all’innalzamento della temperatura terrestre. Finché non si invertirà la rotta in atto è necessario affrontare la situazione per far fronte al problema e non chiudere gli occhi di fronte ad esso. 

Piantare alberi per creare ombra è un procedimento ovvio per combattere il caldo. Eppure in molte città si deve ancora lottare per evitare il taglio degli alberi per lasciar posto a strade e costruzioni. Per fortuna, non ovunque è così e ci sono esempi da seguire per evitare stragi nelle estati future. 

Esempi virtuosi

LUCAS.VALLECILLOS

Medellín in Colombia, ad esempio, è una città che sta facendo progressi molto interessante su questo fronte. Con un budget di 16,3 milioni di dollari, ha creato una rete di 30 “corridoi verdi” che attraverso la città. Questi hanno ridotto gli effetti dell’isola di calore urbana (ossia un aumento della temperatura rispetto alle aree circostanti) di 2 °C a tre anni dall’inizio del programma. 

Man mano che questi corridoi densamente vegetati maturano, si prevede che alla fine forniscano una riduzione di temperatura di 4-5 °C. Vienna, in Austria, ha adottato una strategia per l’isola di calore urbana dal 2018. Comprende la piantumazione di 4.500 alberi all’anno e sovvenzioni per muri verdi, ossia ricchi di vegetazione fronte-strada. La città ha sviluppato una serie di “strade fresche” caratterizzate da spazi a traffico limitato con superfici stradali di colore chiaro, “docce di nebbia” che si attivano nelle giornate calde, giochi d’acqua, alberi ombrosi e fontanelle. 

Vienna ha anche una vasta rete di piscine pubbliche dove i residenti possono trovare refrigerio. Lo spazio verde urbano può anche essere prezioso per intercettare e assorbire l’acqua piovana al fine di prevenire le inondazioni.

Un esempio spettacolare è il Bishan-Ang Mo Kio Park a Singapore. Era il sito di un canale di drenaggio in cemento che è stato trasformato in un corso d’acqua tortuoso di 3,2 chilometri nel 2012. Il parco di 62 ettari lungo le sponde in leggera pendenza del torrente serve una zona residenziale densamente sviluppata. In condizioni di piogge, il torrente si gonfia fino a 100 metri di larghezza. Mentre l’acqua piovana scorre dolcemente a valle e defluisce nel paesaggio. Da quando il parco è stato creato, il numero di visitatori è raddoppiato fino a raggiungere i sei milioni all’anno e la biodiversità è aumentata del 30 per cento. Una versione più urbana a questo approccio è la “piazza allagabile”. 

Un buon esempio è il Watersquare Benthemplein di Rotterdam , una piazza pubblica sommersa e un campo da basket che diventa un importante bacino di acqua piovana quando piove molto forte. Sebbene questo approccio sia vantaggioso per le città che si devono ancora sviluppare, può essere complicato volerle inserire in aree già edificate. Fortunatamente, esistono altri approcci che possono offrire grandi vantaggi se usati su larga scala. La città di New York, ad esempio, ha speso oltre un miliardo di dollari per soluzioni più contenute per strade soggette a inondazioni. Queste misure includono i raingardens (giardini della pioggia) i quali drenano l’acqua dalle strade e immagazzinano l’acqua piovana.

E poi ci sono i “tetti verdi”. Ancora una volta, l’approccio di Rotterdam è interessante; i tetti diventano vere e proprie fattorie. La Dakakker (fattoria sul tetto) dispone di uno stoccaggio avanzato dell’acqua piovana, aiuole, alveari, anche galline e un famoso caffè. Naturalmente, un programma di tetto verde richiede ai proprietari di edifici privati ​​di farsi promotori. Rotterdam sovvenziona i proprietari che realizzano l’inverdimento dei tetti che intercettano quantità significative di acqua piovana. Nel 2021, Rotterdam disponeva di 46 ettari di tetti verdi, pari a circa 0,5 metri quadrati per residente. La città svizzera di Basilea è in testa al pianeta con 5,7 m² di tetti verdi a persona (a partire dal 2019). Basilea ha avuto incentivi e leggi che richiedono tetti verdi dalla fine degli anni Novanta; questo evidenzia il valore di mettere in atto le normative in anticipo. Il principio sembra funzionare anche per le città più grandi: Tokyo ha reso obbligatori i tetti verdi dal 2000 e ne possiede circa 250 ettari.

Conosciamo davvero l’universo? 

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Conosciamo realmente quel che successe subito dopo il Big Bang? Ossia siamo certi che le ricostruzioni fatte dagli astronomi per spiegare l’evoluzione delle stelle e delle galassie è corretta? In base ad una serie di fotografie scattate dal James Webb Telescope è giusto avanzare alcuni dubbi. Sei enormi galassie osservate nell’universo primordiale infatti, stanno ponendo agli scienziati dei seri dubbi su quel che si pensava fosse la loro formazione.

Joel Leja, astronomo alla Penn State: «Questi oggetti sono molto più massicci di quanto ci si aspettasse. In quella fase evolutiva dell’universo ci aspettavamo di vedere solo delle “baby-galassie”, mentre, al contrario, abbiamo individuato galassie mature come la nostra Via Lattea». Le galassie in questione risalgono a quando l’universo aveva solo il 3 per cento della sua età attuale, ciò vuol dire che circa 500-700 milioni di anni dopo il Big Bang vi erano galassie già formate simili alla nostra. Tutto questo si è potuto scoprire grazie al fatto che il telescopio Webb è in grado di vedere indietro nel tempo fino a circa 13,5 miliardi di anni, vicino all’inizio dell’universo.

Continua Leja: «Questo è il nostro primo sguardo che si spinge così lontano nel tempo, quindi è importante mantenere un approccio a ciò che osserviamo che non scarti alcuna ipotesi a priori. Questo per dire che se da un alto i dati indicano che si tratta probabilmente di galassie, non è da escludere che quanto catturato dall’occhio del Webb siano in realtà buchi neri supermassicci oscurati dalle polveri e dai gas. Ma in un caso o nell’altro sembra certo che il fatto che la quantità di massa che abbiamo scoperto sta a dire che la massa nota che vi era a quel tempo nel nostro universo era fino a 100 volte più grande di quanto avessimo pensato in precedenza».

Va dunque ipotizzato che la formazione di galassie sia iniziata molto presto nella storia dell’universo, un pensiero che stravolge ciò che molti astronomi pensavano. Sottolinea Leja: «Abbiamo chiamato informalmente questi oggetti “distruttori di universi”, e finora sono stati all’altezza del loro nome».

Leja ha spiegato che le galassie scoperte dal team sono così massicce da mettere in crisi il 99 per cento dei modelli cosmologici. Spiegare una quantità così elevata di massa richiederebbe una profonda modifica dei modelli per la cosmologia, secondo cui le galassie iniziarono come piccole nuvole di stelle e polvere che gradualmente si ingrandirono nel tempo. 

Asteroidi ricchi d’acqua

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Nuove ricerche di un gruppo internazionale di geoscienziati dell’università di Heidelberg, i quali hanno studiato la regione di spazio compresa tra Marte e Giove dove vi è la Fascia degli asteroidi utilizzando la radiazione infrarossa, hanno portato all’identificazione di una classe di asteroidi finora sconosciuta, particolarmente ricchi di ghiaccio d’acqua. Secondo i modelli computerizzati, interazioni tra corpi diversi del sistema solare hanno spostato quegli asteroidi dalle regioni esterne del nostro sistema solare all’odierna cintura di asteroidi. Questo è avvenuto poco dopo la loro creazione.

Spiega Mario Trieloff dell’Istituto di scienze della Terra dell’università di Heidelberg: «Questi oggetti sono i resti dei materiali da “costruzione” da cui sono stati creati i pianeti del nostro sistema solare quattro miliardi e mezzo di anni fa. In questi piccoli corpi e nei loro frammenti, i meteoriti, troviamo numerose reliquie che raccontano il processo di formazione planetaria. È interessante che il nostro studio dimostra che i piccoli corpi astronomici provengono da tutte le regioni del primo sistema solare e non si sono formati solo in loco». E questo contrariamente a quanto si pensava precedentemente.

Ciò è molto importante perché proprio quegli asteroidi ricchi di ghiaccio provenienti dalle parti più esterne del sistema solare in formazione, potrebbero essere precipitati sulla Terra e sui pianeti interni del sistema solare che erano piuttosto aridi, portando loro la maggior parte di acqua presente oggi su di essi. I nuovi spettri infrarossi sono stati misurati dal Driss Takir presso la struttura del telescopio a infrarossi della Nasa presso l’Osservatorio Mauna Kea alle Hawaii. 

«Le misurazioni astronomiche consentono l’identificazione di asteroidi simili a Cerere – il pianeta nano che si trova al loro interno - con un diametro di appena 100 chilometri, attualmente situati in una regione confinata tra Marte e Giove», spiega il Takir, astrofisico presso il Johnson Space Center della Nasa e autore principale dello studio.

L’analisi di vari asteroidi ha permesso di identificare la presenza di minerali sulla superficie che hanno interagito con l’acqua e che sono piuttosto porosi. La porosità è un indice che questi asteroidi sono primordiali «perché – spiega Wladimir Neumann, un membro del gruppo di Trieloff - le temperature non erano abbastanza elevate da convertirli in una struttura rocciosa compatta; essi hanno mantenuto il carattere poroso e primitivo tipico dei pianeti di ghiaccio esterni situati lontano dal Sole».

Le proprietà di questi oggetti simili a Cerere e la loro presenza in una zona relativamente ristretta della fascia esterna degli asteroidi suggeriscono che questi corpi si sono formati per la prima volta in una regione fredda, ai margini del nostro sistema solare. Successivamente l’azione gravitazionale di grandi pianeti come Giove e Saturno hanno cambiato la traiettoria di questi asteroidi in modo tale che gli oggetti sono stati importati nell’odierna Fascia degli asteroidi.  

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