Le tariffe dei trasporti locali (tpl) in Italia sono già molto basse, coprendo circa un terzo dei costi di produzione del servizio, con costi per lo stato in sussidi dell’ordine dei cinque miliardi annui per i trasporti urbani, e due per i trasporti ferroviari regionali. Se l’obiettivo è la tutela dell’ambiente, non sembra giusto che siano i contribuenti a pagare per gli inquinatori.

Far pagare chi inquina

Un pilastro delle politiche ambientali è infatti il principio “polluters pay” in quanto, al contrario di divieti e sussidi, consegue sia obiettivi di efficienza (gli inquinatori pagano finché il costo della tassa ambientale è inferiore ai costi che avrebbero cambiando i comportamenti o le tecnologie) che di equità (si generano risorse per compensare i danneggiati invece di pesare sui conti pubblici, cioè appunto sui contribuenti).

Le tasse sulla benzina sono un ottimo esempio. Queste tasse sono molto alte in Europa e, fuori dai centri urbani congestionati, secondo molti studi (Imf, Ocse) coprono interamente i costi sociali che provocano i veicoli stradali, a differenza di quanto accade in altri settori (industria, riscaldamento domestico) per non dire della molto inquinante agricoltura che è addirittura sussidiata. Per i costi di congestione, le politiche più efficienti sono quelle “mirate”, con tariffe localizzate per l’ingresso nelle aree centrali, come a Londra, Singapore o Milano.

L’esperimento tedesco 

Questo, in linea generale. Tuttavia, il recente esperimento tedesco di ridurre a nove euro al mese l’abbonamento su tutti i servizi di trasporto pubblico locale ha suscitato molte spinte politiche a seguirne le orme per ragioni ambientali. I risultati dell’esperimento sono stati molto buoni per quanto concerne l’uso dei servizi ferroviari, ma assolutamente deludenti per quanto riguarda l’abbandono dei mezzi privati, cioè per l’ambiente.

I risultati di un’indagine sulle intenzioni dei viaggiatori (il 18 per cento avrebbero abbandonato l’auto) sono stata smentiti dai numeri reali (intorno al 3 per cento lo hanno fatto realmente). Un fallimento, i cui costi sono stimati intorno a 2,5 miliardi di euro.

Ma è un risultato logico: non è la tariffa dei trasporti pubblici che determina la scelta del mezzo, ma soprattutto il tempo totale di viaggio. La macchina costa in media di più (anche a motivo delle tasse) dei trasporti pubblici, ma ci mette meno tempo.

Proviamo a fare un rozzo conto, soprattutto per un parametro che pochi ambientalisti calcolano (e mai per i progetti del Pnrr): il costo per lo stato di abbattimento di una tonnellata di CO2. L’uso di questi costi consentirebbe di confrontare politiche ambientali alternative alla luce degli standard indicati dalla Commissione europea.

Un esempio numerico

Immaginiamo un viaggio urbano tipo: cinque chilometri sui mezzi pubblici per un tempo totale di mezz’ora, e un costo monetario di un euro (costo medio con abbonamento) e un costo del tempo di cinque  euro (dieci euro all’ora). Il costo totale è di sei euro. In macchina in 5 km si consumerebbe mezzo litro di benzina, spendendo circa un euro, di cui 0,5 euro di tasse.

Se si azzera il biglietto, il costo totale del viaggio con il tpl si riduce da sei a cinque euro, cioè di circa il 20 per cento. Assumiamo una elasticità alla tariffa pari a 0,5, cioè che il traffico sul tpl aumenti di metà della riduzione, cioè di circa il 10 per cento, e che provengano tutti dall’auto (ipotesi molto irrealistica, perché parte dei viaggi sono di chi prima viaggiava meno).

Il costo per lo stato di ogni viaggio spostato dell’auto è 1 euro di tariffa del tpl + 0,5€ di tasse sulla benzina perse, per un totale di 1,5 euro.Per l’ambiente, mezzo litro di benzina risparmiato corrisponde a circa 1,2 kg di CO2 (al litro, le emissioni sono 2,34 kg). Un kg di CO2, usando i valori europei, ha un costo ambientale massimo di 0,8€ al kg. Adesso è semplice stimare il costo di abbattimento per lo stato per ogni kg di CO2 risparmiato in un viaggio spostato sul tpl: (1,2 kg x 1,5 euro x 0,8): 1,4 euro circa.

Ma solo il 10 per cento lascia l’auto, mentre lo sconto è per tutti. Quindi circa dieci volte maggiore, e pari a circa 14 euro al kg. Cioè pari a 14mila euro a tonnellata di CO2, mentre il valore massimo europeo è di 800 euro. Un valore comunque molto più “severo” di quelli del resto del mondo, in media inferiori ai 50 euro (e determinato con criteri discutibili).

Siamo, pur con ipotesi molto ottimistiche, lontanissimi da valori accettabili anche se si volesse includere qualche beneficio ambientale da ridotta congestione. Poca cosa però, ricordando che la riduzione vera del traffico in Germania è stata, come detto, del solo 3 per cento, a conferma dell’ottimismo delle ipotesi assunte nel calcolo, che pure dà risultati così negativi. Inutile infine ricordare che si facessero gare serie per il tpl, la riduzione delle tariffe si otterrebbe senza pesare sui contribuenti.

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