La battaglia contro l’inquinamento atmosferico in Italia si combatte anche nei tribunali. Una famiglia di Torino ha intentato un’azione civile contro la regione Piemonte per i problemi polmonari cronici di cui soffre il figlio di sei anni, esposto fin dalla nascita a livelli fuorilegge di polveri sottili, in una delle città più inquinate d’Europa. A Torino si stimano 900 morti premature l’anno a causa dell’aria illegale da respirare. In Italia secondo l’Agenzia europea per l’ambiente le vittime di biossido di azoto sono oltre 10mila, quelle per particolato fine quasi 50mila, 60mila morti all’anno, rispettivamente il peggiore e il secondo peggiore dato in Europa, dove le vittime in totale sono 238mila. Quasi un europeo su quattro che muore per inquinamento è italiano.

La storia della causa civile a Torino parte dal lavoro della Ong Client Earth, specializzata nel portare nei tribunali le battaglie civiche contro l’inquinamento. Come spiega il rappresentante italiano di Ugo Taddei,«dove c’è pressione legale c’è un incentivo a ridurre l’inquinamento». Insomma, il metodo funziona, le polveri sottili si affrontano anche così, non tanto per i risarcimenti ma per stimolare la volontà politica. Le tre cause legali vinte da Client Earth contro il Regno Unito negli anni Dieci hanno contribuito alla creazione della zona a basse emissioni di Londra, una delle prime e più grandi al mondo.

L’Italia è stata condannata già due volte dalla Corte di giustizia europea per i livelli illegali di quello che respiriamo ogni giorno. «Le autorità sacrificano i diritti e la salute delle persone per la totale assenza di volontà politica».

Il comitato Torino Respira

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La storia di Client Earth ha incrociato quella attiva dei comitati civili locali, che amministrazione dopo amministrazione a Torino si battono contro la trasformazione della città nella Delhi d’Europa. Secondo il rapporto Mal’aria di Legambiente, già a settembre Torino aveva sforato i limiti di inquinamento per 69 giorni (peggior performance d’Italia, seguita da Milano e da Padova). A Torino il PM10 eccede del 121 per cento i limiti dell’Oms. Il comitato Torino Respira è stato co-fondato dallo scrittore Roberto Mezzalama, figura di riferimento per l’ambientalismo in città, il primo a fare un’azione legale (penale) contro comune e regione per disastro ambientale. «Stavo viaggiando in bici dall’ufficio a casa, era una di quelle giornate di febbraio in cui Torino è una camera a gas, sono tornato infuriato, ho sentito in radio un dibattito tra l’ex assessore all’ambiente e quello attuale, in quel momento, della giunta Appendino, accuse vuote a vicenda, e ho deciso che non ne potevo più di una politica che se la fa sotto quando si tratta di proteggere i cittadini».

Torino Respira è una lotta ambientalista del basso, «un lavoro di semina durato anni», che prova in ogni modo a uscire da quella che Mezzalama chiama «ortodossia ambientalista». Torino Respira ha coinvolto Ordine dei medici, Unicef, Arci, chiunque fosse disposto a combattere, hanno avviato il monitoraggio civico della qualità dell’aria (300 rilevatori), hanno scoperto che tra gli spazi più esposti ci sono scuole e asili. «Il traffico è anche un problema di utilizzo dello spazio pubblico, di sicurezza, di stile di vita, per affrontarlo serve una coalizione larga».

Finire la pazienza

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Secondo l’ultimo rapporto di Clean Cities, Fiab, Kyoto Club, Legambiente, l’Italia investe nell’auto quasi 100 volte più che nella bici: 98 miliardi di euro per il settore automotive e le infrastrutture stradali contro poco più di un miliardo per bonus bici e ciclabili urbane ed extraurbane. Sono scelte, non destino, questa è la battaglia dei comitati, di Client Earth e della famiglia torinese che ha portato la regione in tribunale.

Come spiega Taddei, «La regione programma di raggiungere i parametri europei a partire dal 2030, e sappiamo già che quegli stessi parametri non sono comunque adeguati. Molti cittadini hanno semplicemente finito la pazienza, l’aria pulita non è solo una questione burocratica, ma di diritti fondamentali, le persone non vogliono più pagare le carenze della politica con la propria salute».

Da qui nasce la determinazione della famiglia di Chiara, la prima a fare questo tipo di azione civile, probabilmente non l’ultima. Hanno chiesto un risarcimento (da devolvere alle associazioni che si battono per questa causa) e soprattutto il ripristino dei livelli legali di qualità dell’aria.

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