Un’altra presa di posizione contro l’industria del fossile da parte di un professore universitario dell’università Milano Bicocca. A seguire l’esempio del collega Marco Grasso, che si è dimesso cinque mesi fa, è l’antropologo Mauro Van Aken, che da aprile scorso non fa più parte del comitato Base, acronimo di Bicocca ambiente sostenibilità economia, in segno di protesta contro gli accordi siglati con Eni per finanziare la ricerca sulla transizione energetica. «È importante decarbonizzare l’immaginario culturale, per rendere immorali e insostenibili le azioni delle compagnie del fossile e quindi anche i finanziamenti alla ricerca universitaria» dice Van Aken raggiunto al telefono. Dimissioni meditate, rese pubbliche solo un mese dopo aver parlato con la rettrice Giovanna Iannantuoni e i suoi colleghi di dipartimento.

Nonostante la poca trasparenza da parte dell’ateneo, almeno uno dei progetti in partnership con Eni si occupa di ricerca per favorire lo stoccaggio di anidride carbonica sotto il mare in giacimenti non più utilizzati di gas o petrolio. Progetti simili sono stati ampiamente criticati dalla comunità scientifica per la loro pericolosità e per non essere risolutivi. Per Van Aken è importante però uscire dalla gabbia dei tecnicismi e pensare all’impatto del cambiamento climatico nella sua interezza: «I ragazzi che lottano raccontano un’esigenza di cambiamento quasi esistenziale accompagnata da una grande incertezza sul futuro, che intacca anche la loro sfera emotiva e sociale».

Conseguenze, queste, spesso ignorate e che Van Aken vorrebbe scongiurare con l’apertura di un dibattito pubblico in un luogo di sapere ed educazione come l’università. «L’industria fossile continua a investire e fare profitti conoscendo le conseguenze distruttive delle proprie azioni, la questione quindi è anche politica», chiarisce. Rendere responsabili gli attori della crisi climatica, quelle che il professore chiama «classi climalteranti», sarebbe uno dei primi passi per cambiare direzione e agire in quella che viene considerata dagli esperti la decade cruciale per invertire la rotta.

Dopo le dimissioni del professor Grasso a novembre scorso e a seguito delle richieste del movimento universitario Studenti indipendenti e di altri collettivi ambientalisti, in Bicocca ci sono stati degli incontri pubblici. Poi però è caduto il silenzio. La risposta da parte della governance universitaria, richiesta da Domani, è stata poco specifica: nessuna dichiarazione sulle nuove dimissioni, nessuna apparente intenzione di allargare lo spazio per il dibattito pubblico universitario, nessuna trasparenza sugli accordi siglati con Eni.

Degli otto milioni e mezzo di euro che finanziano i progetti di ricerca, la stragrande maggioranza viene dalle casse universitarie. «Mancano prese di posizione politico-istituzionali e vedere le compagnie fossili ripulirsi l’immagine nei luoghi di sapere è straniante» dice Van Aken. Una reazione dai professori, anche se del tutto inaspettata, c’è stata «ma a tu per tu, non collettiva».

Movimento europeo

Gli studenti europei intanto si stanno mobilitando. In Spagna, Germania, Regno Unito e Belgio i movimenti ambientalisti, sotto l’egida della campagna europea End Fossil che chiede lo stop all’ingerenza fossile nelle università, hanno iniziato da maggio un mese di occupazioni. Protesta sostenuta anche dagli studenti di diversi atenei italiani. Nel solco di quanto successo in Olanda con Shell nel 2021, dove i giudici hanno riconosciuto la corresponsabilità della compagnia nel cambiamento climatico, il 9 maggio scorso le associazioni Recommon e Greenpeace Italia hanno intentato la prima causa climatica nel nostro paese. Citati in giudizio anche il ministero dell’Economia e delle finanze e Cassa depositi e prestiti, i due azionisti pubblici che detengono il 30 per cento di Eni e che nominano molte cariche aziendali.

Ciò che auspicano i movimenti ambientalisti, gli studenti e i professori che si mobilitano contro l’industria fossile è che il dibattito sul nostro presente e sul futuro della generazione a venire passi dalle aule dei tribunali e dalle aule universitarie, riverberandosi poi sulla comunità.

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