Provenzano non si sbilancia, non perde la pazienza, riesce abilmente a mantenersi super partes. Almeno in apparenza. Alla fine la guerra non ci sarà. Grazie all’acume investigativo e alla dedizione della polizia il “fantasma di Corleone” viene catturato. Le intercettazioni e gli arresti bloccano nell’arco di sedici mesi anche i due candidati alla sua successione. È l’operazione “gotha”
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
Per evitare il peggio e raggiungere un accordo, diventa indispensabile una intensa corrispondenza epistolare tra Salvatore Lo Piccolo, Antonino Rotolo e proprio Bernardo Provenzano. Corrispondenza che, poi, finisce per coinvolgere tante questioni collegate: dal funzionamento degli organismi decisionali della associazione alle estorsioni; dagli avvicendamenti nella direzione di alcune cosche alla copertura della latitanza dello stesso Provenzano.
Dalle indagini della Squadra Mobile si comprende che a Antonino Rotolo è attribuito il numero 25, a Salvatore Lo Piccolo il numero 30 ed al di lui figlio Sandro di numero 31 .
Tra la documentazione sequestrata a Montagna dei Cavalli vi è una lettera di tre pagine scritta di proprio pugno da Salvatore Lo Piccolo, recante in calce la data “10 febbraio”. [...] I passi salienti della missiva riguardano il “rientro degli scappati”.
Lo Piccolo “tasta il terreno” con Provenzano, raccontandogli il dialogo avuto con “164”, ossia Antonino Cinà. Mostra di piegarsi alla forza delle regole. Il che significa stare, almeno apparentemente, alla decisione presa all’inizio degli anni ottanta dalla commissione provinciale palermitana di Cosa Nostra. Ma le cose sono destinate a cambiare. La commissione non funzionerà a lungo. La maggior parte dei suoi “componenti” è nelle patrie galere, sottoposta a vita al regime previsto dall’art.41 bis dell’ordinamento penitenziario.
Lo Piccolo ne è consapevole. E pone il problema a Provenzano.
Rotolo ha capito che il rischio del “ritorno degli scappati” è concreto, anche a causa del comportamento ambiguo del vecchio boss. E avverte Cinà in una conversazione del giorno 8 settembre 2005. Provenzano è davvero ambiguo. I timori di Rotolo sono fondati. Basta leggere le poche righe inviate da Binnu allo stesso Rotolo sull’argomento.
Si tratta di una copia che, con tutta probabilità, il capo mafia all'epoca latitante custodiva al fine di avere un pro memoria delle situazioni più importanti e delicate, rimaste in sospeso. Coniugando il contenuto del “pizzino” con il tenore di alcuni dialoghi presso il box in lamiera nella disponibilità di Rotolo, si capisce che la lettera era effettivamente pervenuta al suo destinatario.
Non vuole assumersi la responsabilità, Provenzano. Chiede a Rotolo il consenso a fare trascorrere a Rosario Inzerillo le festività pasquali del 2005 presso la propria famiglia a Palermo. Gli riconosce un diritto di veto. Lo sollecita ad informarlo sulla determinazione assunta.
C’è un clima di sospetto dentro Cosa Nostra.
Vincenzo Marcianò, capo mandamento di Passo di Rigano-Boccadifalco, è in contatto con Provenzano per la vicenda Inzerillo, come prova anche la missiva riportata sopra. Non si fida del vecchio padrino. Lo dice a Francesco Bonura e Calogero Mannino, due luogotenenti di Rotolo, in una conversazione del marzo del 2005. Ricorda di aver ricevuto un “pizzino” da Binnu, che lo richiama al rispetto di “impegni precedenti”.
Poi sorprendentemente Provenzano gli puntualizza “io non sono niente”, come se non avesse alcun potere decisionale in merito a quella vicenda. Marcianò si lamenta. Il messaggio “diceva tutto e non diceva niente”.
Capisce che Binnu non vuole prendere posizione. Sente che quell’ambiguità è foriera di eventi infausti. Lo dice chiaramente: “ questo è il periodo più brutto… di “Cosa Nostra”, il più brutto, perché non ci… non ci fidiamo più uno dell’altro, perché… ogni… ogni “arricugghiuta” (retata, n.d.t.) c’è… un “operaio” (pentito, n.d.t.) nuovo”.
Siamo alla vigilia di una guerra di mafia: da una parte i “corleonesi” con Antonino Rotolo, dall’altra i sogni di ascesa dell’ex autista di Saro Riccobono Salvatore Lo Piccolo.
Provenzano non si sbilancia, non perde la pazienza, riesce abilmente a mantenersi super partes. Almeno in apparenza.
Alla fine la guerra non ci sarà. Grazie all’acume investigativo e alla dedizione della polizia il “fantasma di Corleone” viene catturato. Le intercettazioni e gli arresti bloccano nell’arco di sedici mesi anche i due candidati alla sua successione. E’ l’operazione “gotha”.
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