Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 presieduta da Tina Anselmi


Al tirar delle somme si constata quindi che questa prima fase si apre con la presa di posizione di Maestri Venerabili che votano la eliminazione dal corpo massonico della Loggia Propaganda per chiudersi con una sua ristrutturazione il cui effetto sostanziale è quello di rendere ancora più riservata l'organizzazione che ha adesso un pie di lista ufficiale, mentre come precisa il Gelli scrivendo al Gran Maestro « rimane inteso che detta loggia avrà giurisdizione nazionale ed i fratelli, per la loro personale situazione, non dovranno essere immessi nella anagrafe del Grande Oriente ».

A questa prima ristrutturazione doveva seguirne nel giro di un anno una ancor più radicale. Accadeva infatti nel frattempo che il Gelli e la Loggia Propaganda venivano a trovarsi al centro di campagne di stampa di ampia risonanza che mettevano gli ambienti della loggia in contatto con eventi di malavita, quali i sequestri di persona, e con ambienti dichiaratamente di destra.

Si vedano al proposito sia le disavventure giudiziarie dell'avvocato Minghelli, compreso nel citato pie di lista ufficiale, arrestato per riciclaggio di denaro proveniente dai sequestri sia gli articoli apparsi su l'Unità e su altri quotidiani che ponevano in relazione Gelli e Saccucci e la lettera di smentita che Gelli invia al quotidiano nel maggio del 1976, dopo essersi fatto rilasciare da Italio Carobbi un terzo certificato di benemerenza partigiana. Gelli e la sua loggia costituiscono sempre più un peso non facilmente tollerabile per una organizzazione come il Grande Oriente, mentre nel contempo possono ormai dirsi ben lontani i tempi dell'assoluta ignoranza e disattenzione presso l'opinione pubblica nei confronti della massoneria e nelle sue vicende organizzative interne.

È lo stesso Gelli a chiedere allora l'inusitato provvedimento, non contemplato dagli statuti e dalla pratica massonica, della sospensione dei lavori della Loggia P2: la domanda viene accolta (26 luglio 1976) con la concessione della « sospensione dei lavori a tempo indeterminato ».

Ma la cautela della Gran Maestranza del Grande Oriente va oltre provvedendo ad una più radicale sterilizzazione amministrativa della interessante figura del Gelli al quale viene comminata la sospensione dall'attività massonica per tre anni.

Nell'autunno del 1976 viene infatti incardinato un procedimento massonico a carico di Gelli e di vari altri personaggi per i fatti relativi alla Gran Loggia di Roma tenuta un anno e mezzo prima. Questa vicenda giudiziaria massonica merita una attenzione particolare, infatti è doveroso ricordare che i processi massonici a carico di Gelli erano due: oltre a quello già citato, era stato instaurato presso il Tribunale del Collegio Circoscrizionale Lazio-Abruzzo un processo massonico per le ormai pubblicamente note e sospettate collusioni tra Loggia P2, eversione nera e anonima sequestri.

L'azione del Grande Oriente in tale congiuntura fu quella di avocare presso la Corte centrale — superando le vive resistenze dell'organo periferico che gli atti ampiamente documentano — questo processo di ben più grave contenuto e di unificarlo a quello relativo alle offese al Gran Maestro; a questo contesto procedimentale vennero altresì annessi i processi relativi ai cosiddetti « massoni democratici », anche in questo caso espropriandone il Collegio Circoscrizionale, dopo una contrastata ulteriore procedura di avocazione.

Il risultato finale di questa complessa operazione fu il seguente: a) il primo processo a carico di Gelli, relativo a sole vicende massoniche, si concluse con la censura solenne per le offese al Gran Maestro; b) l'altro processo, relativo a situazioni di grave rilievo esterno, scomparve, perché di esso non vi è traccia nella sentenza; e) il processo a carico del gruppo dei « massoni democratici », anch'esso avocato, si concluse con l'espulsione dall'Ordine di Siniscalchi, Bricchi, eccetera.

Il senso dell'operazione appare chiaro quando si consideri che il processo che portò alla censura di Gelli fu incardinato dopo più di un anno dall'episodio che ne costituiva il presupposto — concludendosi poi nel giro di due soli mesi — evidentemente all'esclusivo scopo di creare in sede centrale il presupposto processuale per le avocazioni del grave e più compromettente processo a carico di Gelli, instaurato in sede circoscrizionale, e del processo, sempre in tale sede avviato, a carico dei cosiddetti «massoni democratici».

L'esito della sentenza conferma l'interpretazione proposta, quando si consideri che Gelli venne subito dopo graziato dal Salvini, con un provvedimento interno al quale non venne peraltro data pubblicità alcuna.

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