Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del decreto di archiviazione dell’inchiesta “Sistemi criminali”, della Procura della Repubblica di Palermo, del 21 marzo 2001.


Il progetto subisce una brusca accelerazione alla fine del 1991 - in prossimità della decisione della Corte di Cassazione sul maxiprocesso – e trova il suo incipit nel 1992 subito dopo l’emanazione della sentenza il 30 gennaio di quell’anno. Tale progetto muoveva dalla seguente diagnosi, verosimilmente prospettata ai capi di Cosa Nostra da intermediari di soggetti (aventi interessi politico-criminali in parte diversi, ma tuttavia convergenti) provenienti da ambienti della massoneria deviata e della destra eversiva:

1) I referenti politici di Cosa Nostra avevano dimostrato di non prendersi più cura (o di non essere più in grado di prendersi cura degli interessi dell’organizzazione, così come delle altre macro-organizzazioni mafiose.

2) Appariva, dunque, necessario disarticolare il vecchio quadro politico istituzionale e dare vita ad un nuovo assetto globale dei rapporti con la politica mediante una strategia complessa consistente, per un verso, nella perpetrazione di una serie di atti violenti volti a creare un clima di terrore con finalità destabilizzanti e, per altro verso, nella contemporanea creazione di nuovi soggetti politici, espressione organica del sistema criminale e dei suoi nuovi referenti esterni.

3) Punto di approdo di tale strategia doveva essere la trasformazione dello Stato unitario in una nuova “forma Stato” che contemplava la rottura dell’unità nazionale, la divisione dell’Italia in più stati o macroregioni e, comunque, la secessione della Sicilia.

I nuovi soggetti politici, consistenti in varie leghe meridionali da aggregarsi poi in un’unica Lega meridionale, avrebbero dovuto agire in sinergia con la Lega Nord, movimento allora emergente e in grande crescita, che perseguiva da anni un autonomo progetto politico accentuatosi in quella fase storica in direzione del secessionismo di alcune regioni del settentrione.

La creazione di uno Stato autonomo nel Sud con prerogative di sovranità avrebbe consentito di monopolizzare la gestione politica degli interessi economici leciti e illeciti, trasformando questa parte del paese in una sorta di zona franca, governata da soggetti espressione del sistema criminale. Per utilizzare le parole di uno dei collaboratori, venuto a conoscenza di parti significative di tale progetto, sono anni in cui Cosa Nostra e i suoi referenti progettano di “farsi Stato”, ritirando la delega per la tutela dei propri interessi a settori del mondo politico rivelatisi inaffidabili, con l’intenzione di gestirli direttamente, tramite proprie creature politiche.

Si trattava a ben vedere, come risulta dalle acquisizioni probatorie di vari procedimenti penali, tra cui il maxiprocesso, di una riedizione attualizzata dell’antica tentazione secessionistico-golpistica di Cosa Nostra, coltivata sin dal dopoguerra in fasi storiche di crisi politica, emersa nel 1970 in occasione del c.d. “golpe Borghese”, poi nel 1974, ed infine nel 1979 in occasione del viaggio segreto di Michele Sindona in Sicilia, organizzato da Cosa Nostra e da elementi della massoneria deviata.

Non a caso proprio il 1979 segnò l’inizio di una stagione di sangue senza precedenti, che portò nell’arco di pochi anni ad un’impressionante sequenza di omicidi di magistrati, di esponenti delle forze dell’ordine, alla decapitazione di alcuni vertici politici e istituzionali mediante gli omicidi di Michele Reina, segretario provinciale della Dc, dell’on. Pio La Torre, segretario regionale del Pci, dell’on. Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Siciliana, e del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Una stagione di sangue e di terrore, che pose fine in modo cruento ad una fase storica, in cui stavano germogliando i semi di un rinnovamento politico-istituzionale all’insegna della moralizzazione della vita pubblica e della recisione dei legami collusivi con Cosa Nostra.

Tale progetto, messo a punto nel 1991, ha subìto nel corso del 1992 e del 1993 – secondo quanto emerge dalle risultanze acquisite - alcune battute di arresto ed alcune deviazioni di percorso in relazione ad eventi imprevedibili quali, ad esempio, l’arresto di Salvatore Riina, capo di Cosa Nostra, il 15 gennaio 1993, arresto che ha determinato la frammentazione degli assetti di potere interni all’organizzazione e lo scompaginamento di una direzione unitaria.

Nella fase successiva, infatti, si avverte una certa disomogeneità d’azione e si verifica il progressivo disinvestimento di risorse dal progetto separatista (rilevatosi, peraltro, di difficile attuazione anche per il mancato decollo politico delle varie leghe meridionali) ed il loro progressivo dirottamento verso direzioni diverse. Il progetto di dar vita ad un aggregato di leghe meridionali viveva la parabola finale nei primi mesi del 1994, declinandosi sul piano regionale soprattutto per iniziativa di Leoluca Bagarella, del suo entourage e della famiglia mafiosa di Catania.

Il progetto tuttavia non veniva abbandonato completamente, ma si convertiva in un disegno da coltivare nel lungo periodo all’interno di strategie globali di più ampio respiro compatibili con l’evoluzione del nuovo quadro politico generale. Compito principale del pubblico ministero, in questa sede, è ovviamente verificare se, sulla base di tale ricostruzione probatoria, siano stati acquisiti idonei elementi per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti degli indagati per i reati per cui si procede, anche in considerazione delle conclusioni alle quali sono pervenute le Corti d’Assise di Palermo, Caltanissetta e Firenze nei giudizi aventi ad oggetto l’omicidio di Salvo Lima, Ignazio Salvo, le stragi di Capaci, di via D’Amelio e quelle commesse in continente nel 1993.

Tracciate così le coordinate essenziali del complessivo quadro probatorio, si espongono di seguito le risultanze in atti. Verranno innanzitutto esaminate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e i relativi riscontri, si illustreranno poi le altre indagini, specialmente svolte sul fenomeno del leghismo meridionale, ed infine si trarranno le conclusioni sulla disamina del materiale probatorio acquisito in riferimento alle ipotesi di reato per cui si procede.

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