Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per un mese pubblichiamo ampi stralci della prima grande inchiesta di Giovanni Falcone, l’ordinanza di rinvio a giudizio “Rosario Spatola e altri” del 1980


Veniva emesso mandato di cattura anche contro Filippo Ficano, di Bagheria, il quale aveva cambiato una quantità ingente di dollari, parte dei quali sicuramente di illecita provenienza.

Altri mandati di cattura venivano emessi nei confronti di Costanzo Giuseppe, Lima Gaetano, Scaduto Giuseppe e Vitale Salvatore, che avevano reso mendaci dichiarazioni sulla provenienza di ingenti quantità di dollari, da loro cambiati.

Veniva arrestato, altresì, Levantino Francesco Paolo, impiegato della Sicilcassa di Palermo, che aveva eseguito operazioni di cambio di valuta estera e consentito la negoziazione di assegni a favore di persone da lui ben conosciute, di cui tuttavia aveva dichiarato di non ricordare il nome.

Venivano arrestati, per ricettazione, falsa testimonianza ed altri reati, D'Agata Federico, Frisella Vincenzo, Rossini Renato, Migliore Fietro, Kosta Annunziata, Esposito Raffaele, Teresi Girolamo, Cutiniello Carmela, mentre Barbarossa Nunzio si rendeva latitante.

Tutti costoro venivano incolpati, o di avere reso false dichiarazioni circa i loro rapporti con gli imputati, o di avere eseguito operazioni bancarie che avevano consentito di far pervenire ad alcuni dei prevenuti ingenti quantità di denaro di provenienza illecita.

Si accertava, ancora, che il vice direttore della succursale 14 di Palermo della Sicilcassa, Francesco Lo Coco, aveva eseguito, sotto falso nome, l'accredito di assegni per 95 milioni in un libretto di deposito a risparmio di pertinenza del cugino, Giovanni Bontate, e che aveva apposto la falsa firma di girata degli intestatari degli assegni.

Si accertava, al riguardo, che gli assegni, per 20 milioni, provenivano da Pietro Inzerillo, fratello di Salvatore Inzerillo di Giuseppe, e, per 75 milioni, dal cambio di 100.000 dollari, effettuato da Rosario Spatola, il quale aveva apposto, sulla copia della distinta in suo possesso, l'annotazione che i dollari provenivano da “Totò”.

Si accertava, infine, che, presso la Succursale 14 della Sicilcassa, erano stati costituiti diversi libretti di deposito a risparmio al portatore, tra cui due di pertinenza di Giovanni Bontate, in cui erano stati accreditate ingenti somme di denaro (in contanti ed in assegni) di illecita provenienza.

A Giovanni Bontate e Francesco Lo Coco, già detenuti, veniva notificato mandato di cattura per ricettazione e falsità in atti.

Le indagini bancarie relative ai depositi della Succursale 14 della Sicilcassa consentivano di stabilire che Giacomo Vitale, cognato di Giovanni Bontate, ed il suo amico, Francesco Foderà, entrambi dipendenti dell’Ente Minerario Siciliano, avevano negoziato assegni circolari per oltre 56 milioni, emessi a richiesta di impiegati della Mazzi S.P.A..

Si accertava che il Vitale ed il Foderà sorveglianti dei lavori di realizzazione di una diga sul torrente

Gibbesi, che la Mazzi stava eseguendo per conto dell'E.M.S. avevano indotto gli amministratori della società ad erogare la somma suddetta

Si accertava, altresì, che Giacomo Vitale aveva indotto Salamone Antonino a consegnargli un assegno di Lire 2.500.000, dopo che, più volte, le betoniere di calcestruzzo (che il Salamone forniva alla ditta Mazzi) erano state rimandate indietro con la scusa che lo stesso non era idoneo; il Vitale, quindi, aveva effettuato uno "studio" sulla curve granulometrica del calcestruzzo e aveva preteso la somma di Lire 2.500.000 quale compenso.

Si accertava, ancora, che il Vitale ed il Foderà avevano a disposizione un'autovettura della Mazzi, utilizzata anche per gli spostamenti da e per Palermo e che fruivano di missione pressocchè continuativa per la sorveglianza dei lavori sul Gibbesi, oltre al rimborso delle spese di carburante, mentre, in realtà, il carburante veniva fornito dalla Mazzi; inoltre, la presenza sui luoghi, come sorveglianti, del Vitale e del Foderà, era molto meno costante di quella che risultava dalle tabelle di missione.

Si accertava, ancora, che il Vitale aveva negoziato un assegno della Mazzi di oltre 7 milioni, intestato a Salamone Antonino, del quale aveva falsificato la firma di girata; l'assegno costituiva il pagamento di forniture di calcestruzzo del Salamone a favore della Mazzi ed il Salamone dichiarava di non averlo mai ricevuto.

Nei confronti del Vitale e del Foderà veniva instaurato procedimento penale e nei loro confronti veniva emesso mandato di cattura per i delitti di concussione, estorsione, malversazione, truffa aggravata, furto e falsità in atti, agli stessi rispettivamente ascritti; i due si rendevano latitanti e mantenevano il possesso della vettura della Mazzi che veniva ritrovata dopo parecchi giorni in una via di Palermo. Successivamente, il procedimento contro Vitale e Foderà veniva riunito al presente.

Venivano contestati, altresì, con mandato di comparizione, a Conigliaro Luigi delitti valutari e di falso e a Davì Giuseppe il delitto di falso, in relazione, rispettivamente, a operazioni bancarie di cambio di dollari effettuate nell'interesse di Rosario Spatola e alla negoziazione di assegni di ingente importo, provenienti da Mazzaferro Francesco, sui quali il Davì aveva apposto la falsa firma di girata di Gambino Luigi.

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