Il generale Inzerilli, in risposta ad un quesito teso ad appurare se l'organizzazione «Gladio» fosse stata «allertata» in occasione delle emergenze Moro e Dozier, ha escluso che la struttura sia stata «attivata », chiarendo che non vennero chieste ad essa né operazioni di pedinamento né di controllo. Gli appartenenti alla «Gladio» vennero semplicemente «sensibilizzati», nel senso che «qualora vedessero qualcosa di strano, si facessero parte diligente e ce lo venissero a dire»
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del resoconto dei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta della X Legislatura che per prima provò a ricostruire l’operazione Gladio. Nelle conclusioni della Commissione resta una frase che pesa più delle altre: «Persistono elementi di ambiguità e reticenza nel rapporto tra struttura e istituzioni democratiche». È il linguaggio della politica per dire che qualcuno mentì
«Impiego del personale della nota organizzazione in attività particolari prima dell'emergenza»: questo è il titolo di un appunto redatto, in data 29 luglio 1982, dagli uffici della VII Divisione del Sismi al fine di corrispondere ad una richiesta del Direttore del Servizio pro tempore, generale Ninetto Lugaresi, «in merito alle possibilità di impiego in situazioni normali» del personale della «nota organizzazione», formula usata assai di sovente per indicare la struttura Stay-behind. Le conclusioni cui giungeva l'appunto erano di ritenere «sconsigliabile un impiego generalizzato del personale in oggetto»; veniva invece giudicato «possibile un eventuale impiego puntuale in aree o su obiettivi informativi particolari da definire previo esame con giunto con la I Divisione».
Doveva comunque rimanere fermo il principio che «un eventuale impiego non comporti alcun contatto con elementi estranei alla Divisione», in quanto la stessa VII Divisione doveva «rimanere l'unico tramite tra fonti e I Divisione».
Queste le motivazioni addotte a sostegno del suesposto orienta mento:
a) priorità assoluta allo svolgimento dei compiti istituzionali della nota organizzazione con particolare riguardo per quanto attiene alla copertura e sicurezza dei singoli;
b) previsto impiego all'emergenza e conseguente addestramento ricevuto o in corso di attuazione;
c) residenza e professione dei singoli;
d) concetto di impiego, che prevede che il personale operi per l'organizzazione senza modificare i normali impegni lavorativi e familiari.
Il generale Inzerilli, firmatario dell'appunto in qualità di Direttore pro tempore della VII Divisione, ha fornito chiarimenti sul documento, rispondendo ad un quesito postogli nell'audizione svoltasi presso il Comitato l'11 dicembre 1991. Il generale ha dichiarato di non ricordare quali fossero i motivi della richiesta del Direttore del SISMI, ma ha aggiunto che, molto probabilmente, si trattava di un tentativo di integrare l'attività informativa del controspionaggio, in zone o aree in cui questa non era svolta con sufficiente capillarità.
Il generale ha poi aggiunto che alla VII Divisione era stato affidato il compito di effettuare uno studio per valutare la possibilità di individuare, su tutto il territorio nazionale, quali potessero essere gli obiettivi di attacco da parte delle forze speciali dell'esercito sovietico ed in quali zone queste avrebbero potuto sbarcare e trovare rifugio ai fini dell'esecuzione delle azioni di attacco ipotizzate. In un altro appunto della VII Divisione del SISMI indirizzato, in data 17 febbraio 1987, al Direttore del Servizio ed avente per oggetto «Compiti della nota organizzazione», dopo aver ricapitolato lo sviluppo della «Gladio» dal settembre 1984 in poi, si prospetta «la possibilità — nel rispetto dei compiti istituzionali già fissati per l'S/B e degli impegni NATO sottoscritti — di rendere l'organizza zione, finalizzata per l'emergenza, produttiva ai fini del Servizio anche durante il tempo di pace. Ciò in quanto si ritiene che le strutture esterne facenti capo alla Divisione, per le loro caratteristi che peculiari, siano potenzialmente idonee a dare un proprio contributo al settore informativo, in parallelo con la preparazione per il tempo di guerra».
Si rileva che i componenti delle reti, già in possesso di una «coscienza informativa» finalizzata al tempo di guerra, potrebbero essere utilizzati, se opportunamente sensibilizzati, per la «raccolta passiva» di «elementi di informazione utili per l'attività dell'antiterrorismo».
Tale raccolta, si precisa, «non comporterebbe per il personale impegni particolari in quanto potrebbe essere effettuata nell'ambito degli ambienti normalmente frequentati e delle normali attività di lavoro». Sarebbe poi compito dei «Capi Centro» far leva sugli elementi più idonei per attitudini e collocazione ambientale; gli stessi «Capi Centro» dovrebbero effettuare una prima valutazione delle informazioni raccolte e trasmettere alla Divisione quelle ritenute di possibile interesse del Servizio o di altri organi dello Stato.
Si osserva quindi che «l'attività informativa comunque esplicata dall'organizzazione S/B avrebbe caratteristiche particolari, non riscontrabili in altre strutture aventi compiti di raccolta, sia per l'elevata capacità di penetrazione negli ambienti di lavoro e sociali più diversi sia per l'estensione areale che potrebbe essere raggiunta nel tempo»; si rileva inoltre che «un limitato flusso informativo (anche se episodico e non finalizzato) dal personale esterno verso i Capi Centro è sempre esistito» e che le segnalazioni sono state sempre portate a conoscenza della I Divisione, mantenendosi comunque l'anonimato delle fonti
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L'appunto si conclude con la considerazione che la nuova attività informativa non comporterebbe oneri particolari per il Servizio, in quanto sviluppata da strutture esistenti che manterrebbero inalterati i propri compiti operativi ed addestrativi. Non vi sarebbero riflessi negativi neppure sul compito istituzionale connesso con la resistenza nei territori occupati bensì, al contrario, si «affinerebbe la coscienza informativa del personale esterno» e vi sarebbero «riflessi positivi sulle motivazioni ideologiche che sono alla base della struttura S/B». In calce al documento, firmato Piacentini, vi è l'annotazione manoscritta «Si concorda pienamente — Procedere», datata 18 febbraio e siglata, a quanto risulta, dal Direttore del Servizio. L'ex Direttore del SISMI, ammiraglio Fulvio Martini, in risposta ad una specifica domanda postagli nel corso dell'audizione del 10 luglio 1991 davanti al Comitato, ha confermato di aver approvato il documento medesimo e di aver apposto la sigla di cui sopra.
L'ammiraglio Martini ha contestualmente asserito che le determinazioni assunte in quell'occasione non ebbero pratica attuazione. Tra i documenti trasmessi al Comitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri vi è copia di una direttiva impartita dal Direttore del SISMI a quello della VII Divisione, datata 1° agosto 1990 ed avente per oggetto «Attività S/B».
La direttiva reca una premessa, in cui si prende atto «dell'evoluzione della situazione nei paesi dell'Est Europeo» e si afferma di tener conto sia delle «ultime vicende giudiziarie che hanno interessato passate attività della 7" Divisione (Sezione Addestramento — SAD dell'Ufficio «R») sia «degli impegni tuttora validi in campo internazionale derivanti dalle direttive di Shape sulla Guerra non Ortodossa e dall'appartenenza ad organismi quali il Comitato Clan destino Alleato (ACC) ed il Comitato di Coordinamento e Pianificazione (CPC)».
Sulla base di queste motivazioni, vengono emanate le seguenti disposizioni per la conduzione del settore S/B:
a) limitazione delle attività connesse dell'arruolamento alla segnalazione di nominativi e alla raccolta delle informazioni sugli stessi (tranne eccezioni per elementi che per la particolare «posizione socioeconomica» possono avere accesso ad informazioni di particolare rilevanza);
b) definitiva cancellazione dell'addestramento (già sospeso dal 1983) del personale esterno alle operazioni di sabotaggio e guerriglia, fermi restando i compiti di studio, sperimentazione e pianificazione assegnati al personale in forza alla VII Divisione;
c) graduale addestramento del personale delle reti «a recepire indicatori di attività illegali (eversione, terrorismo, servizi stranieri, droga e criminalità organizzata) nel contesto sociale di appartenenza»;
d) impiego delle reti infiltrazione-esfiltrazione, ferme restando le loro precipue caratteristiche, per l'individuazione ed il saltuario controllo di possibili zone di sbarco e di passaggi di confine clandestini;
e) conservazione nel Centro Addestramento di Alghero e nel deposito munizioni di Campomela dei materiali operativi a suo tempo predisposti per l'interramento, restando subordinato alla preventiva autorizzazione del Direttore del Servizio ogni loro sposta mento; fi mantenimento della denominazione di copertura per la base di Alghero e la struttura di Cerveteri ed utilizzazione delle stesse principalmente per addestramenti specifici del personale nazionale e dei Paesi alleati od amici e, in subordine, del personale esterno.
In relazione alla direttiva ora illustrata, l'ammiraglio Martini ha reso alcune dichiarazioni nel corso delle audizioni svoltesi il 6 dicembre 1990 ed il 10 luglio 1991 davanti al Comitato. Nella prima, l'ammiraglio Martini ha fatto presente di aver «ereditato» una organizzazione Stay-behind che, come tale, «ormai non serviva più a niente» ma impegnava comunque una quantità, sia pure non rilevante, delle risorse finanziarie destinate al Servizio.
Poiché dal 1983 l'addestramento del personale si limitava alla esfiltrazione ed alla parte informativa, egli cercò di utilizzare «persone che effettivamente non facevano niente», impiegandole in attività informativa finalizzata alle esigenze della lotta alla droga.
Nella seconda audizione, l'ammiraglio Martini ha chiarito che non v'è alcun rapporto tra la proposta di utilizzare «Gladio» con finalità antiterrorismo, di cui fa menzione il promemoria del 17 febbraio 1987 precedentemente esaminato, proposta da lui condivisa ma rimasta senza alcun seguito pratico, e la direttiva dell'8 agosto 1990, relativa all'impiego di «Gladio» per attività informativa finalizzata alla lotta alla droga.
Tale direttiva rappresentava un tentativo, in mancanza di aumenti di organico, di far fronte all'accrescersi dei compiti affidati dall'autorità politica al Servizio, «soprattutto per quanto si riferisce al supporto all'Alto Commissario», in seguito alla nuova configurazione data dalla legge di riforma ai poteri di questa autorità.
La circolare dell'8 agosto sanzionò quindi una programmazione antecedente al disvelarsi della struttura «Gladio».
Rispondendo ad uno specifico quesito, l'ammiraglio Martini ha chiarito di non aver ritenuto di informare il Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla utilizzazione di «Gladio» in funzione antidroga. Rispondendo ad un'ulteriore domanda sulla coerenza delle disposizioni contenute nella direttiva con l'atto costitutivo e le finalità proprie dell'organizzazione «Gladio», l'ammiraglio Martini ha affermato che a questa organizzazione già in due occasioni era stata informativamente allertata, nel caso Dozier e nel caso Moro».
Ciò lo indusse a ritenere che la finalità antidroga potesse giustificare l'attivazione di «Gladio».
Il generale Inzerilli, in risposta ad un quesito postogli nell'audizione del 4 giugno 1991 ed inteso ad appurare se l'organizzazione «Gladio» fosse stata «allertata» in occasione delle emergenze Moro e Dozier, ha escluso che la struttura sia stata «attivata», chiarendo che non vennero chieste ad essa né operazioni di pedinamento né di controllo.
Gli appartenenti alla «Gladio» vennero semplicemente «sensibilizzati», nel senso che «qualora vedessero qualcosa di strano, si facessero parte diligente e ce lo venissero a dire». Il Presidente della Repubblica, nel corso dell'incontro con i componenti del Comitato, ha escluso un'utilizzazione della struttura durante il sequestro dell'onorevole Moro ed ha chiarito che, in quell'occasione, venne in realtà allertato «COMSUBIN», vale a dire il reparto incursori della Marina.
Il Capo dello Stato ha anche precisato che questa unità speciale venne coinvolta non in quanto «forza militare non convenzionale» — ruolo che pure quel reparto può essere chiamato a svolgere, anche in rapporto ad operazioni di guerra non ortodossa che coinvolgano la rete Stay-behind nazionale — bensì in quanto formazione a quel tempo inquadrata nelle forze antiterrorismo.
Il Capo dello Stato ha infine precisato che, secondo i suoi ricordi, gli incursori della Marina furono allertati due volte, «cioè quando sperammo che due "soffiate" ci avessero portato al covo di Moro, ma purtroppo non fu così».
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