Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 presieduta da Tina Anselmi


Le considerazioni sulle quali ci siamo dilungati ci pongono il problema se dai rilievi proposti emergano elementi tali che consentano di suffragare una interpretazione dei fenomeni allo studio che rivesta connotati di verosimiglianza politica.

È chiaro per altro che il problema viene adesso a centrarsi prendendo le mosse dai due episodi citati, sulla cosiddetta strategia della tensione e sul suo reale significato, ed è problema che correttamente si pone nei termini di accertare quale sia stato il disegno politico sotteso agli eventi.

Si tratta, come si vede, di argomento di vasta portata che trascende l'indagine specifica assegnata alla Commissione, la quale peraltro è in grado di contribuire al relativo dibattito in sede politica e storica, ad esso prestando il patrimonio di dati e di conoscenze che le è proprio.

Possiamo allora rilevare che gli elementi conoscitivi in nostro possesso inducono a ritenere improbabile che Licio Gelli e gli uomini e gli ambienti dei quali egli era espressione si ponessero realisticamente l'obiettivo politico del ribaltamento del sistema, mentre assai più verosimile appare attribuire loro il progetto politico di un orientamento verso forme conservatrici di più spiccata tendenza.

Comprova questa interpretazione non solo l'esame delle testimonianze e dei documenti sinora ampiamente citati e che si pongono in una non interrotta linea di continuità, ma soprattutto, ed è questo patrimonio conoscitivo proprio della Commissione, lo studio di come gli stessi uomini si muovono in fasi politiche successive, di segno totalmente diverso: di come cioè adeguino tattiche e forme di intervento al mutare degli eventi.

È la stessa diversità tra le due fasi della Loggia P2 che, correndo in parallelo, secondo la ricostruzione che la Commissione è in grado di fornire, alla diversità di periodo storico, ci testimonia la identità del fenomeno e la sua sostanziale continuità. Se tutto ciò è vero, e tutto infatti ci conduce a questa analisi, non è azzardato allineare, accanto all'interpretazione più evidente dei fatti, un'altra ipotesi ricostruttiva di pari possibile accoglimento, che la prima non esclude: quella cioè che la politica di destabilizzazione — nella quale il Gelli ed i suoi accoliti si inserivano — mirava piuttosto, con paradossale ma coerente lucidità, alla stabilizzazione del sistema, su situazioni naturalmente di segno politico ben determinato.

Di fatto la realtà politica che si delinea alla nostra attenzione è che se certamente vi furono in quel periodo forze e gruppi che in modo autonomo si prefiggevano il ribaltamento del sistema democratico attraverso l'impiego di mezzi violenti, questa situazione di indubbia autonoma matrice da non sottovalutare, come ha sottolineato il Commissario Covatta, venne utilizzata da altre forze secondo un più sottile disegno politico.

Partendo dalla premessa del Commissario Battaglia che vi furono cioè certamente in quel periodo forze che aspiravano a destabilizzare per destabilizzare, la dialettica di rapporti che ci è dato individuare all'interno di questa articolata situazione consente la posizione di due affermazioni: la prima è che la Loggia P2 non è identificabile roro modo con gli ambienti eversivi, la seconda è che, proprio in ragione di tale distinzione, la diversa autonomia politica di questi ambienti ci consente di individuare un rapporto di strumentalizzazione che intercorre tra chi il sistema voleva soltanto condizionare e chi invece aspirava a rovesciare.

In questa prospettiva il Commissario Covatta ha sottolineato come costituisca un paradosso della politica clandestina la possibilità di essere più o meno consapevolmente utilizzata da altre strutture clandestine.

Un collegamento questo tra quello che fu chiamato il «partito armato» e quello che l'onorevole Rodotà ha definito il «partito occulto» che sembra saldarsi all'insegna della necessità, secondo il pensiero del filosofo Norberto Bobbio (citato nel corso del dibattito) quando afferma: «dove c'è il potere segreto, c'è quasi come suo prodotto naturale, l'antipotere altrettanto segreto sotto forma di congiure e complotti, di cospirazioni. Accanto alla storia degli arcana dominationis si potrebbe scrivere con la stessa abbondanza di particolari, la storia degli arcana seditionis».

Si comprende anche in questa linea come tracce di gellismo siano rintracciabili in eventi ben più drammatici che non il golpe Borghese: la strage dell'Italicus; anche in questo caso la cronologia ci viene in aiuto perché ci consente di constatare come le bombe della cellula eversiva toscana (è il 1974) segnino un sostanziale passaggio alle maniere forti. Un mutamento di tattica e di mezzi che possiamo comprendere quando si valuti come il paese e la classe politica avevano dimostrato, al di là di ogni residua illusione, di non cedere ai facili isterismi: chi voleva farli approdare verso lidi di più sicura conservazione doveva evidentemente rassegnarsi a ricorrere non a qualche spinta di orientamento ma a ben più robuste spallate.

Seguendo allora il solco della traccia argomentativa proposta sinora e dando come dato acquisito la compenetrazione ma non l'identificazione tra Loggia P2 ed ambienti eversivi, riusciamo a far combaciare con esatta simmetria le due facce della Loggia P2, perché la seconda trova origine nella prima e ad essa si collega con tutta coerenza.

E una constatazione questa che appare politicamente accettabile quando si tenga conto che il quadro di riferimento generale, nel quale la logica della strategia della tensione si era inserita, aveva segnato uno sviluppo dal quale era uscita una risposta politica del tutto inaspettata: quella delle elezioni del 1975-1976.

Si era così registrata una spinta a sinistra del quadro politico ed era maturata una situazione affatto nuova, tale da obbligare gli ambienti che gravitavano intorno alla loggia ad elaborare nuove e più sofisticate strategie.

Il Commissario Crucianelli ha sottolineato con dovizia di argomentazioni il valore politico cruciale degli eventi del 1974, già indicato precedentemente, rilevando che è proprio questo l'anno nel quale, oltre agli eventi citati, si registra lo scioglimento presso il Ministero dell'interno dell'Ufficio affari riservati, diretto dal prefetto D'Amato, presente negli elenchi della Loggia, l'avvio delle inchieste giudiziarie su Ordine Nuovo e su Avanguardia Nazionale, nonché il declino delle posizioni dei generali Miceli e Maletti.

Non è dato sapere con certezza se questo succedersi di eventi contrassegnò un momento di disgrazia delle sorti di Licio Gelli, ma se anche così fosse, certo è che, come abbiamo visto studiando la ristrutturazione della Loggia P2, a partire dal 1976 il Venerabile aretino appare saldamente sulla cresta dell'onda alla guida di una rinnovata organizzazione, strumento idoneo al formidabile sviluppo della seconda fase.

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