Contestualmente al rientro delle truppe presenti ormai da quasi due decenni su suolo afghano, la Germania deve fare i conti con il bilancio della seconda missione all’estero dopo i Balcani e contemporaneamente guardare al futuro con “l’Afghanistan europeo”, l’impegno in Mali lanciato dalla Francia, alleato storico, ma visto in Germania con scetticismo
- Sono ormai anni che l’opinione pubblica guarda all’Afghanistan con stanca apatia, ripetendo inerti argomentazioni che stentano a mantenere i 1.035 soldati del contingente nella coscienza del paese.
- Già nel 2013 i tedeschi avevano riconsegnato la base di Kunduz all’esercito nazionale afghano – il ritiro da Camp Marnak, presso Mazar-i-Sharif, sarà però un’operazione di tutt’altra scala.
- L’intervento in Afghanistan è stato anche un grande banco di prova per il Bundestag, chiamato per la prima volta a esprimersi sulla gestione di un conflitto a lungo termine.
I tedeschi hanno un’immagine ben definita di un esercito in ritirata: convogli stracarichi ma ordinati, basi consegnate alle autorità civili, parate rispettose che nascondono malamente la sconfitta dell’occupante. Gli elicotteri in fuga dai tetti delle ambasciate sono robe che vanno bene per l’alleato americano – qui si preferisce la dignitosa evacuazione delle truppe russo-sovietiche dalla ex Germania Est nel 1994. Forse è per questo che il ritiro dall’Afghanistan è stato accolto in maniera



