I rapporti tra l’amministrazione Maga e l’estrema destra tedesca vanno avanti da mesi: nonostante Trump intrattenga anche buoni rapporti con Merz, le seconde e terze file tessono rapporti con i membri del partito di Alice Weidel, che è in attesa di una convocazione da Washington
Non possiamo fare a meno di partire dall’ultima manovra di Friedrich Merz in politica estera. L’Aussenkanzler ha messo in piedi un vertice che potrebbe davvero aprire la strada a un cessate il fuoco in Ucraina mettendo allo stesso tavolo la delegazione di Volodymyr Zelensky e i negoziatori di Donald Trump. Un tema che si intreccia con i rapporti sempre più complicati tra Berlino e Washington, a cui vengono attribuite simpatie sempre più tangibili nei confronti dell’opposizione di destra AfD.
Al centro del mondo?
Sulla stampa tedesca, in genere non particolarmente generosa con il cancelliere, nel day after dell’incontro organizzato da Merz e da cui sembra uscita una vera speranza in un cessate il fuoco, sono parecchi gli articoli che gli attribuiscono il merito di aver riportato la Germania sul palcoscenico internazionale. Il ruolo del capo di governo è stato importante e riconosciuto, scrivono per esempio lo Spiegel e il sito della Tagesschau, sia da Volodymyr Zelensky, che ne ha parlato apertamente in conferenza stampa, sia dai negoziatori americani.
Tenere assieme i pezzi, per altro, non è decisamente facile in questo periodo: da un lato, coordinare i leader europei, che pure hanno linee spesso in contrasto tra loro, dall’altro tenere accesa l’attenzione degli americani, pure ampiamente omaggiati sia dalla parole del cancelliere, sia in diversi passaggi della dichiarazione congiunta uscita dalla cena dei capi di governo. Ma Merz e tutti gli altri sanno bene che senza le spalle coperte da Trump, Vladimir Putin non prenderà nemmeno in considerazione la proposta euroatlantica uscita dalla riunione di Berlino.
La stanchezza gli si leggeva in faccia, ma Merz aveva bisogno di rimettersi al centro del dialogo internazionale, che spesso negli ultimi anni di guerra è andato in scena in altre capitali europee. La sua prossima partita è quella dell’impiego degli asset russi congelati per sostenere l’Ucraina: è una proposta «sua», ha rivendicato lunedì in conferenza stampa il cancelliere, e come tale vuole arrivare a dama facendola approvare dal Consiglio europeo giovedì e venerdì. Per quanto riguarda le obiezioni di Italia e Belgio, Merz sostiene di «capire» i dubbi che sollevano Roma e Bruxelles ma di «non condividerli». Una presa di posizione che promette di creare discussioni con i partner di qui a venerdì. E poi, c’è il Mercosur: Berlino è a favore dell’accordo con i paesi sudamericani, ma ha paura di creare un grosso caso diplomatico con i francesi, che invece temono ripercussioni sul settore agricolo. Ago della bilancia sarà l’Italia, la cui posizione non è ancora del tutto chiara: la firma dell’accordo è attesa per sabato. Rinviarla sarebbe una nuova prova di debolezza, oltre che uno sgarbo ai paesi del Sudamerica, con cui le trattative vanno avanti da anni ormai.
Relazioni pericolose
Torna all’ordine del giorno del dibattito tedesco il rapporto che si va creando da qualche tempo tra AfD e l’amministrazione Trump. Si tratta di un controsenso abbastanza forte, considerato che il partito di estrema destra tradizionalmente è più orientato verso il Cremlino. E poi, nella narrazione della storia tedesca di AfD, nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale le truppe alleate americane sono considerate occupanti che hanno tentato di rieducare i tedeschi e “imporre” il “culto del senso di colpa”, come lo chiamano i seguaci di Alice Weidel. Per altro, mostrarsi amici degli “amis” diventa un problema soprattutto a est, dove il risentimento e il sospetto nei confronti di Washington rimangono ancora sentimenti diffusi. Dal canto loro, nonostante l’ormai totale penetrazione dei Maga nell’amministrazione di Washington, i dirigenti repubblicani hanno ancora qualche scrupolo a incontrare i leader di AfD pubblicamente.
Le ritrosie reciproche sembrano però ormai superate dal documento di strategia geopolitica diffuso nelle ultime settimane dalla Casa bianca: in quelle pagine si legge che l’amministrazione sosterrà le opposizioni dei governi mainstream che “opprimono” gli alleati dei Maga. Il riferimento ovvio è ad AfD, che fin dai tempi della campagna elettorale dello scorso inverno gode delle attenzioni del tecnomiliardario Elon Musk, intervenuto anche a diversi appuntamenti con Alice Weidel. All’epoca Musk era il prediletto di Trump, ma adesso a mantenere vivo il rapporto preferenziale dei repubblicani con l’estrema destra tedesca pensano le terze file del partito e le delegazioni tedesche che da mesi ormai visitano regolarmente Washington. Ospiti di organizzazioni Maga o legate al partito repubblicano, ma con l’occasione di aprire rapporti anche con le istituzioni, primo fra tutti il ministero degli Esteri.
È vero che grazie alla forte tradizione atlantista che la pervade la Cdu e il suo cancelliere intrattengono ottimi rapporti con l’amministrazione americana e con l’ultimo impegno internazionale Merz potrebbe aver guadagnato ulteriori punti. Ma contemporaneamente, giusto nelle scorse settimane, l’organizzazione giovanile del partito di Trump invita i parlamentari AfD per cantare assieme a loro “Deutschland über alles”, la prima strofa dell’inno nazionale caduta in disuso dopo essere diventata uno dei simboli del nazionalsocialismo.
Lo scorso fine settimana Markus Frohnmaier, candidato governatore del Baden-Württemberg e responsabile esteri del partito, ha ricevuto dalla giovanile un premio per il suo «lavoro coraggioso» in un ambiente politico «di repressione e ostile». La speranza di AfD è comunque che attraverso l’attività di lobbying dei parlamentari alla fine il governo americano inizi a fare pressione su Berlino, mettendo alle strette il governo e facilitando la presa di potere da parte dell’estrema destra. Quasi un “regime change”. Per il momento, però, gli aspiranti trumpiani devono limitarsi a bramare un intervento contro i migranti come lo sta proponendo Trump attraverso Ice. Un comportamento da vero patriota, secondo gli estremisti.
Clima natalizio a rischio
La Tagesschau dedica un lungo approfondimento alle fake news che stanno circolando specificamente sui mercatini di Natale, messi a rischio, secondo i post finti, da presunte aggressioni e occupazioni da parte di gruppi di musulmani. Come emerge dall’inchiesta, in realtà si tratta di video che mostrano manifestazioni di altri momenti storici (per esempio le celebrazioni di fine 2024 da parte dei siriani in Germania che celebravano la caduta di Assad) oppure assembramenti comunque lontani dai mercatini che secondo gli utenti sono sotto attacco. In altri casi, che ritraggono per esempio gruppi di uomini mediorientali che ballano, non c’entrano proprio nulla nemmeno con il quartiere in cui è allestito il mercatino.
Il tema dei Weihnachtsmarkt è sensibile fin dal 2018, quando un attentatore ne devastò uno a Berlino. Il problema è che, come spesso accade, gli altri utenti dei social non verificano l’informazione ma condividono il post oppure commentano, perfino quando nei contenuti stessi non è rintracciabile nessun riferimento a un mercatino di Natale. E ancora, c’è chi ha messo in giro l’informazione che alcuni mercatini quest’anno non sarebbero nemmeno stati organizzati perché la loro sicurezza avrebbe inciso troppo sul budget. Una notizia vera soltanto in due casi, secondo le verifiche dei colleghi. Eppure, la paura resta forte.
Così vicini così distanti
L’istituto di statistica federale ha pubblicato uno studio che rivela come, anche nel 2024, il gender pay gap in Germania resti ampio. In media, le donne vengono pagate 22,81 euro l’ora, mentre gli uomini ne prendono 27,05. La differenza lorda, quindi, ammonta al 16 per cento, in calo rispetto al 2023 (18 per cento). I due terzi della differenza secondo l’istituto di statistica sono da attribuire al fatto che le donne fanno più spesso part time e più di frequente svolgono mestieri che vengono retribuiti in maniera minore.
Il gender pay gap netto, quello attinente cioè a uomini e donne che svolgono le stesse mansioni e hanno le stesse qualifiche, certifica invece una differenza del 6 per cento tra le retribuzioni di uomini e donne, pari al dato registrato nell’anno precedente. Il gender pay gap lordo è per altro inferiore nei Land dell’est (17 per cento), mentre quello netto è più alto (9 per cento). Secondo la ricostruzione degli statistici a ragione non sarebbe solo questione di ostilità da parte dei datori di lavoro, ma dipenderebbe anche dalle interruzioni nel curriculum delle lavoratrici, legate principalmente al lavoro di cura di bambini e anziani.
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