Mentre nel 2021 era stata una priorità per elettorato e partiti, nella corsa di quest’anno l’ambiente sembra scivolato in secondo piano, anche per partiti tradizionalmente votati alla causa come i Verdi
Sembrava ieri che il cancelliere Olaf Scholz annunciava la fine del governo Semaforo e indiceva nuove elezioni per fine febbraio, ma ci siamo arrivati. Domenica sapremo come si prospetteranno i prossimi quattro anni Oltralpe, con tutte le conseguenze che la scelta dei tedeschi avrà conseguenze anche per il resto del continente. Intanto, a scuotere ulteriormente la campagna elettorale è arrivato anche un nuovo attentato, stavolta a Monaco, che ha fornito altri spunti ad AfD per incendiare la piazza.
Vi ricordiamo il nostro spiegone sulle elezioni e alle pillole che trovate sul canale Instagram di Domani.
Il Quadriello e gli ultimi scontri tv
Domenica scorsa sulla tv tedesca è andato in onda per la prima volta uno scontro in un formato finora mai sperimentato, il quadriello. In studio, Olaf Scholz, Friedrich Merz, Robert Habeck e Alice Weidel, a condurre due giornalisti di lunga esperienza. Com’era successo già nello scontro a due tra cancelliere e candidato della Cdu, il socialdemocratico ha sfoggiato un certo gusto della sfida, attaccando con particolare gusto Alice Weidel. Merz, da parte sua, ha provato – come nel duello con Scholz – a limitare al minimo la possibilità di commettere errori per non mettere in pericolo il suo (ancora ampissimo) vantaggio su tutti gli altri partiti.
Robert Habeck, sostiene per esempio lo Spiegel, non è pervenuto. Il verde ha bisogno di sottolineare le differenze del programma degli ecologisti da quello dei principali concorrenti, Spd e Linke, ma il suo modo di parlare per ragionamenti ampi e lunghe digressioni l’ha reso poco diretto. Inoltre, lui e gli altri partiti tradizionali vanno incontro a un’ulteriore contraddizione: in campagna elettorale devono battagliare consapevoli del fatto che dopo il voto dovranno sedersi almeno in due, forse in tre allo stesso tavolo per mettere in piedi una coalizione anti estremisti. Una prospettiva che comunque limita la loro possibilità di attaccare con la durezza necessaria i concorrenti.
Il grande assente
Rispetto alle ultime elezioni del 2021, i tempi sono parecchio cambiati. Per averne prova basta guardare alla campagna elettorale. A dominare la discussione sono l’economia e l’immigrazione, il cambiamento climatico, che pure alle ultime elezioni era diventata una priorità rilevante per quasi tutti i partiti, è passato in secondo piano. Non ne parlano neanche più i partiti che su quel tema si erano esposti parecchio. Perfino i Verdi hanno preferito spingere più su questioni economiche e rilancio dell’industria: Habeck ha presentato la lotta al cambiamento climatico come punto centrale del suo programma elettorale soltanto negli ultimi giorni. Eppure, il 2024 è stato un anno di record dal punto di vista climatico, con un elevato numero di eventi estremi, come alluvioni e tempeste.
L’impressione è che l’elettorato – che pure, nei sondaggi, non ha mai indicato il clima come un tema a cui dare particolare rilevanza – debba scegliere tra economia e contrasto al cambiamento climatico, come scrive DW. Merz ha spiegato che provvederà a spegnere le centrali a gas e a carbone soltanto se l’industria tedesca non ne sarà danneggiata. Weidel, dal canto suo, ha addirittura annunciato che vorrebbe rimettere in sesto gli impianti nucleari che la Germania ha dismesso nel corso degli anni dopo la decisione nel 2011 di non usufruire più di quella fonte energetica.
Ma sulla transizione energetica è stata sbagliata anche la comunicazione ai cittadini, soprattutto da parte dei Verdi. Alla fine di questi tre anni, molti cittadini sono arrivati infatti a mettere in relazione diretta il cattivo stato di salute in cui versa l’economia tedesca con i cambiamenti impressi per ottenere la svolta ecologista e con le conseguenze del green deal. Un nesso che non esiste davvero, ma che rischia di danneggiare la reputazione di quest’argomento e di chi lo difende in campagna elettorale: per tenere alta l’attenzione, però, continuano a spendersi i Fridays for future, che nelle prossime settimane hanno in programma ben 150 manifestazioni in tutto il paese.
Ungheria e altre storie
Intanto, Weidel fa il suo gioco. È fuori dai giochi per la cancelleria, ma c’è il rischio che possa rimanere ad aspettare ai lati del fiume il cadavere dei suoi nemici. AfD è stato il partito che per primo ha lanciato il tema dei migranti, che ormai è diventato centrale nella campagna elettorale: può attaccare la Cdu accusandola di plagio e confidando che gli elettori decidano di scegliere l’originale, ma può anche contare sulle sicure difficoltà che incontreranno i partiti tradizionali quando si tratterà di mettere in piedi una coalizione anti-AfD.
In più, piovono endorsement – di dubbio gusto a dire il vero – che arrivano da tutti gli angoli del mondo: dopo quello del multimiliardario Elon Musk, è arrivato anche quello di JD Vance, ospite alla conferenza di Monaco sulla sicurezza e con l’occasione in visita al campo di concentramento di Dachau (visita della quale, evidentemente, ha colto poco). E non finisce qua: tra i sostenitori più accaniti di Weidel si collocano anche il premier ungherese Viktor Orbán che l’ha invitata a Budapest quasi fosse già cancelliera, e da ultimo anche Alexander Dugin, che arriva ad auspicare anche una nuova spartizione tra Russia e Stati Uniti della Germania. Ottimo gusto.
Il fatto è che AfD resta seconda nei sondaggi e qualcuno sospetta addirittura che il dato sia sottovalutato. Weidel, dal canto suo, ha già fissato il suo traguardo al 25 per cento dei consensi: quella cifra le consentirebbe di portare avanti in autonomia importante iniziative parlamentari, come per esempio la proposta di commissioni d’inchiesta.
Il ritorno della Linke
Tutti davano la Linke per morta, ma l’estrema sinistra sta mostrando negli ultimi giorni di campagna elettorale di che pasta è fatta. Schiacciata tra la Spd e il Bündnis Sahra Wagenknecht, dopo che l'ex leader aveva drenato parlamentari e consensi al suo fu partito, la Linke è tornata. In un sondaggio pubblicato oggi viaggia addirittura al 9 per cento: una cifra che non raggiungeva dalla primavera del 2021. Il partito vola in particolar modo tra i giovani: in una rilevazione rivolta ai ragazzi sotto i diciott’anni, la Linke raccoglie il 20,8 per cento dei consensi e si piazza come primo partito.
All’origine della rinascita – Auferstanden aus Ruinen titola il Tagesspiegel con la più appropriata delle citazioni dell’inno della Ddr – un’azzeccata combinazione di vecchio e nuovo: da un lato i tre vecchi leoni della sinistra Gregor Gysi, Bodo Ramelow e Dietmar Bartsch che potrebbero riuscire a riportare da soli il partito nel Bundestag grazie a un cavillo della legge elettorale, dall’altro la vulcanica segretaria Heidi Reichinnek, oratrice di talento in aula e in piazza, campionessa dei social con il suo intervento nel giorno in cui la Cdu ha votato assieme ad AfD e liberali. «Lei ha cercato di proposito la maggioranza con AfD e Fdp. Solo due giorni dopo che ci siamo ricordati delle vittime di Auschwitz. Dice tanto di lei».
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