In attesa dei dettagli, l’economia tedesca guarda con grande attenzione alle trattative tra Spd, Cdu e Verdi, alla ricerca del compromesso necessario per procedere il prima possibile al voto sui due fondi straordinari da 500 miliardi l’uno per rilanciare difesa e infrastrutture
Finiti i colloqui esplorativi, iniziano le trattative di governo vere e proprie: eccoci pronti a tornare a raccontarvi le vicende tedesche nel giorno del settantesimo compleanno di Nina Hagen (popstar della Germania est, è sua quella Du hast den Farbfilm vergessen, uno dei tre pezzi che Angela Merkel scelse per farli eseguire dalla banda dell’esercito il giorno del suo addio alla cancelleria). Cdu e Spd si sono messi d’accordo sul quadro in cui muovere per fissare i dettagli della nuova grande coalizione. Ma il punto fermo da cui muovere nelle prossime settimane è la decisione di finanziare difesa e infrastrutture a debito. Un progetto che va portato a dama il prima possibile: su Friedrich Merz e Lars Klingbeil pende sempre la spada di Damocle della maggioranza qualificata, più facile da raggiungere nel vecchio Bundestag. Di conseguenza, il voto arriverà forse già il 13 marzo, o in alternativa il 18.
Deal with the Greens?
A detenere la chiave del successo di Spd e Cdu sono i Verdi, che possono fornire ai futuri partner di coalizione la maggioranza di cui hanno bisogno. Per adesso, le trattative vanno avanti, ma il partito di Robert Habeck fa il prezioso. Le capogruppo hanno raccomandato al partito di non votare a favore della proposta di socialdemocratici e cristianodemocratici. Lunedì sera i colloqui sono continuati e i vertici dei Verdi non hanno escluso che alla fine un accordo si possa trovare, ma hanno proposto a loro volta un disegno differente: per esempio, vorrebbero alzare la soglia della spesa militare che sarà esclusa dal conteggio del bilancio dall’1 per cento all’1,5. Altro punto fondamentale per il partito ecologista, intervenire sul secondo fondo, quello destinato alle infrastrutture, perché includa anche qualche pietra angolare del programma elettorale dei Verdi.
Le reazioni a questa strategia sono state piuttosto varie. Giornali più conservatori, come la Faz e la Süddeutsche hanno fatto appello al senso di responsabilità dei Verdi per spingerli ad avallare il prima possibile le richieste di Spd e Cdu. La Frankfurter Rundschau, invece, dà atto ai Verdi di combattere per una giusta causa, la lotta al cambiamento climatico, che nelle trattative finora erano scivolate molto in fondo alla lista delle priorità.
Quanto vale una promessa
Nel dibattito intorno a questa svolta epocale c’è un aspetto di fondo che i commentatori stanno tirano in ballo in maniera particolare. Si tratta della credibilità di Merz e della Cdu, che in campagna elettorale aveva promesso di implementare un programma che non avrebbe avuto bisogno di finanziamenti a debito.
Un punto che è stato immediatamente disatteso dal futuro cancelliere: ora tanti, in primis i liberali, che hanno fatto dell’austerità la loro bandiera, contestano l’inaffidabilità di Merz. L’allievo di Schäuble ha annullato in un colpo solo tutti gli insegnamenti del suo maestro, che era diventato lo spauracchio di tante cancellerie europee, mettendo definitivamente fine all’epoca Merkel.
Il rischio che già qualcuno sui giornali – e nel partito, dove nessuno aveva discusso del progetto di Merz prima che lo presentasse pubblicamente – paventa è che quest’apertura all’indebitamento risulti in una serie di spese non necessarie, ma il progetto è ancora lontano dall’implementazione. All’orizzonte, però, c’è anche la Corte costituzionale. Karlsruhe non è nuova a interventi a gamba tesa sulle finanze tedesche: l’ultimo ad averne prova è stato Olaf Scholz, che insieme ai Verdi aveva provato a ricollocare una parte non utilizzata degli aiuti Covid spostandoli verso progetti di transizione energetica. Con scarso successo, visto che la Corte giudicò tutto il procedimento anticostituzionale.
Certo, per un paese che ha fatto per anni della rigidità sui conti la sua linea guida e ha educato i suoi cittadini al modello della Schwäbische Hausfrau, la casalinga sveva nota per la sua frugalità, è un cambio di prospettiva non indifferente. Dal punto di vista dei socialdemocratici, lo sblocco della spesa a debito è invece un passo avanti indiscutibile: permette a una Spd uscita dalle elezioni con un risultato rovinoso di riprendere le proprie politiche, inserire le proprie priorità nell’accordo di maggioranza e mettere la propria firma sotto un progetto di spesa che, se anche non dovesse risolvere tutti i problemi del paese, certamente non ne peggiorerà la situazione. Nella speranza che – nel frattempo – il partito produca i nuovi volti di cui la Spd ha disperatamente bisogno dopo l’èra Scholz. Ne abbiamo scritto qui.
Sollecitazione efficace
È ancora presto per valutare gli effetti del bazooka di Merz, ma c’è da tenere in considerazione le prime risposte che sta dando l’economia tedesca agli annunci della nuova grande coalizione.
A essere particolarmente positivi sono i dati dell’automotive del mese di gennaio: il settore – che rimane uno di quelli portanti per l’economia tedesca e ultimamente aveva sofferto una grave crisi, soprattutto per l’affievolimento della richiesta cinese – ha portato a casa un +6,4 per cento sul mese precedente. È una delle voci che più ha contribuito alla ripresa della produzione industriale nazionale che nel primo mese dell’anno ha toccato quota 2 per cento. A migliorare le cose, anche le buone performance dell’industria dei beni alimentari e quella della manutenzione, rispettivamente +7,5 e +15,6 per cento). A dicembre il dato generale della produzione industriale era addirittura negativo: l’istituto nazionale di statistica aveva segnalato un -2,4 per cento su novembre, poi corretto in un 1,5 per cento. Certo, non è ancora ora di rilassarsi, il contesto resta rischioso per l’economia tedesca. A influire negativamente è infatti l’incertezza globale, ma a nutrire la preoccupazione degli imprenditori è anche il calo delle commesse per le aziende. Ma è un inizio.
Proprio su questo aspetto potrebbe poi influire il fondo speciale per le infrastrutture: il settore edile da solo in Germania contribuisce al Pil per il 5 per cento, l’indotto arriva addirittura all’8 per cento. Sono cifre che potrebbero addirittura crescere con il flusso di denaro che il prossimo governo ha intenzione di offrire alle aziende di costruzioni: i 50 miliardi l’anno per dieci anni corrispondono a spanne alle elaborazioni degli esperti per quanto riguarda la quantità di denaro necessaria per rimettere in sesto edifici pubblici e sistema stradale. Per sistemare strade e mezzi pubblici ci vorrebbero all’incirca 130 miliardi, 40 solo per le strade a lunga percorrenza. Quasi 180, invece, sarebbero necessari su base locale, cioè per migliorare la situazione nelle città. E poi, ancora, oltre 140 per porre rimedio alle condizioni disastrose degli edifici scolastici e universitari. Con un grande dubbio, cioè se una parte degli stanziamenti sarà utilizzato anche per la costruzione di nuovi appartamenti, visto che anche in Germania l’emergenza abitativa sta diventando un tema sempre più rilevante.
Dieci anni fa «era come l’11 settembre»
Chiudiamo con un’intervista che lo Spiegel ha fatto nel decennale del Germanwings-crash, lo schianto provocato dal copilota Andreas Lübitz che, rimasto temporaneamente solo alla guida di un volo della compagna tedesca aveva chiuso fuori dal cockpit il suo collega e programmato l’autopilota in maniera tale da far schiantare l’aereo contro una parete dei Pirenei. Tutti i passeggeri e l’intero equipaggio morirono, di Lubitz venne successivamente ricostruito un background di problemi psichiatrici e depressioni.
Per capire cos’è cambiato da allora, il settimanale ha intervistato Cordula Pflaum, all’epoca responsabile Lufthansa per il coordinamento delle crisi, quindi per assistere quella parte del personale che non era stato direttamente coinvolto nell’incidente ma ne aveva subito comunque traumi psicologici. Questo pronto soccorso psicologico, che in gergo si chiama Critical incident stress management, è essenziale anche in casi meno gravi: tendenzialmente, un debriefing dopo l’episodio problematico può aiutare le crew a ricostruire al meglio cos'è successo e capire come gestire meglio vicende simili. In generale, spiega Pflaum, il settore del trasporto aereo ha inasprito i controlli psicologici nei confronti degli aspiranti piloti dopo quell’episodio, che l’esperta paragona all’11 settembre per l’impatto traumatico sul resto dei suoi colleghi. Per un periodo, è stato addirittura vietato ai piloti di rimanere soli nella cabina di pilotaggio, norma che nel frattempo è stata di nuovo rimossa: dal suo punto di vista, anche l’interazione molto intensa che hanno tra loro i piloti prima e durante un viaggio possono bastare per notare eventuali criticità. Ma l’aspetto psicologico rimane comunque di primario interesse in un mestiere così delicato: l’ultimo grande intervento di Pflaum è stato durante il Covid, quando con gli aerei a terra centinaia di dipendenti di Lufthansa erano rimasti a casa in maniera inaspettata e inconsueta, rimanendo vittime di paure esistenziali.
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