Non c’è pace per la chiesa tedesca, che in mezzo al guado del suo sinodo, rischia di essere travolta dall’ondata della pedofilia: l’Indagine sugli abusi nella diocesi di Colonia, presentata nei giorni scorsi, ha innescato le dimissioni a catena di vescovi e sacerdoti accusati di insabbiamento. Il tema degli abusi è all’origine della «Synodaleweg», il cammino di rinnovamento della chiesa tedesca.

Il sinodo tedesco

Inizialmente diviso in quattro incontri a Francoforte, il sinodo della chiesa tedesca è stato riadattato online per l’emergenza sanitaria. Quattro i temi cardine: il potere e la divisione dei poteri nella chiesa, la vita del prete, il ruolo delle donne, l’amore e la sessualità nella vita di coppia. Il primo forum sul tema del potere si è riunito a Francoforte lo scorso giugno, quando sono stati eletti presidenti la vicepresidente del Comitato centrale, Claudia Lücking Michel, e il vescovo di Essen, Franz-Josef Overbeck.

Il desiderio di cambiamento è forte, anche se il rischio di uno strappo con Roma è alto. Lo si intuiva già dalle parole del vescovo di Treviri, Stephen Ackermann, pronunciate nel 2016: «Siamo già abituati ad addii dolorosi. Semplicemente non vogliamo solo subirli passivamente, ma vogliamo anche governare questo cambiamento».

«Fratelli nella nebbia»

La pubblicazione del rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Colonia, la più vasta della Germania, riflette le linee di trasparenza e responsabilità su cui la chiesa tedesca sta camminando. L’indagine, che non ha risparmiato le critiche all’arcivescovo titolare, il cardinale Rainer Maria Woelki - poiché inizialmente restio a pubblicare un primo rapporto - ha portato alle dimissioni dell’attuale vescovo di Amburgo, Stefan Hesse, del vescovo ausiliare Dominikus Schwaderlapp e del vicario giudiziale Günter Assenmacher.

Il dossier copre gli anni dal 1975 al 2018 ed enumera 313 abusi su minorenni da parte di 200 aggressori, due terzi dei quali sacerdoti. «Mi vergogno» ha dichiarato laconico il cardinale Woelki, che ha criticato l’omertà delle gerarchie ecclesiastiche locali. Lo scandalo non ha risparmiato il defunto cardinale Joachim Meisner, che aveva raccolto un terzo dei casi in un dossier segreto dal titolo Fratelli nella nebbia, mai pubblicato. Per i vescovi tedeschi oggi, invece, la tolleranza zero non ammette deroghe sugli insabbiamenti.

Accountability e decentralizzazione

La chiesa in Germania è in sintonia con l’approccio inaugurato dal summit vaticano sulla protezione dei minori nella Chiesa, che ha mutuato dal diritto societario il concetto di accountability. Per i vescovi tedeschi, la “rendicontazione”, punto nodale dell’operazione trasparenza, suggerisce un approccio più incisivo e comunitario, che include anche gli interlocutori laici. Alla vigilia del sinodo, Stephan Ackermann, responsabile per la Conferenza episcopale sugli abusi e la protezione dei minori, ha così presentato una relazione dettagliata sull’operato della chiesa locale nell’ultimo anno e il Consiglio consultivo per le vittime di abusi sessuali ha scelto tre portavoce laici tra i “sopravvissuti” alle violenze. La chiesa tedesca fa fede a un altro principio già enunciato dal papa nella Evangelii gaudium: la “sana decentralizzazione”.

Un tempo immerso nella realtà delle megachurches delle metropoli latinoamericane, Bergoglio è consapevole delle difficoltà di gestione diocesana dovute a una visione centralizzata: «Non è opportuno che il papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori» scriveva nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, suggerendo un approccio poi ripreso dalla Conferenza episcopale latinoamericana, costellata di commissioni diocesane. In Europa, un’impostazione simile di “devolution vaticana” è stata adottata dalla chiesa tedesca.

Prudenza a Roma

Il sinodo tedesco sta suscitando le prime obiezioni della Santa sede. A giugno scorso, Georg Bätzing, appena eletto presidente dei vescovi tedeschi, è stato ricevuto dal papa, dal cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e da cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi. Poco dopo, la Santa sede ha bocciato il progetto di accorpamento delle diocesi di Treviri, inclusa la proposta di una gestione collegiale, con buona pace di Ackermann.

La prudenza d’Oltretevere nasconde una netta differenza di vedute nella partecipazione dei laici nella chiesa. Va considerato che i cattolici in Germania devolvono tra l’8 e il 9 per cento della loro imposta sul reddito e nel 2019 la chiesa tedesca ha incamerato 6,76 miliardi di euro, superando le entrate dell’anno precedente di circa 100 milioni. Oggi, però, la tendenza potrebbe subire una brusca inversione: una ricerca dell’università di Friburgo pubblicata due anni fa prevede che il numero di cristiani nel paese si dimezzerà entro il 2060.

Punto di non ritorno

Per i vescovi tedeschi, la chiesa non può leggere i segni dei tempi senza inculturazione. Per questo, dopo il divieto di benedizione delle unioni omosessuali da parte della Congregazione per la dottrina della fede, Overbeck ha chiesto a Roma «una nuova visione dell'omosessualità, seria e rispettosa». Nel solco di una maggiore inclusione, i vescovi in Germania chiedono una partecipazione maggiore delle donne.

La nomina della teologa Beate Gilles a primo segretario generale donna della Conferenza episcopale è solo un piccolo passo verso la parità di genere, da molti chiesto a gran voce, come dalle attiviste cattoliche del movimento “Maria 2.0”, che hanno protestato affiggendo le loro tesi davanti alle chiese del paese. Si tratta di espressioni di una chiesa tedesca che cerca di uscire dall’«erosione della fede». Ma i recenti avvertimenti di papa Francesco al clero tedesco potrebbero non essere più sufficienti: le soluzioni che la chiesa in Germania troverà nei prossimi mesi potrebbero, infatti, essere un punto di non ritorno definitivo.

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