Il federalismo sanitario non paga. Non paga in paesi dove è una legge strutturale praticamente intoccabile, figurarsi in Italia, dove è una conseguenza de facto della mancanza d’iniziativa del governo in questa la seconda ondata del Covid-19. La concessione è arrivata domenica sera, durante la conferenza stampa del presidente del Consiglio per presentare il nuovo decreto: il governo centrale lascia di fatto via libera alle Regioni nella creazione, ciascuna per conto suo, di una strategia per fronteggiare il Covid-19.

Certo, la sanità è da sempre materia regionale, ma il fatto che Roma segua a ruota le decisioni dei presidenti di Regione, creando una sorta di quadro normativo a posteriori, è nuova. È però ciò che è accaduto con la decisione di Vincenzo De Luca di chiudere le scuole in Campania, a cui ieri è seguita la scelta di scaglionare gli ingressi, ma che non è mai stata impugnata. Insomma, via libera alle iniziative dei presidenti-sceriffi, basta che non ci siano responsabilità per il governo. Esattamente quello che tornava a chiedere anche in un’intervista di ieri al quotidianoLa veritàil presidente del Veneto Luca Zaia: «Roma deve capire che il virus l’abbiamo in casa noi. Il governo deve rispettare la nostra autonomia».

Manca una linea comune

Una scelta che però, a lungo termine, nonostante i problemi che pure emergono dal palleggio di competenze tra le regioni e lo stato centrale (o la struttura del Commissario straordinario Domenico Arcuri, che pure risponde alla presidenza), potrebbe rivelarsi deleteria. Per averne prova basta guardare in Germania, dove la cancelliera Angela Merkel non è riuscita a imporre ai governatori dei Land una linea univoca sulle misure anti Covid-19. Dopo un lungo vertice, la settimana scorsa si è presentata in una conferenza stampa scontenta del compromesso raggiunto. In base alle poche regole comuni, la prima stretta sulle misure dovrebbe arrivare ovunque vengano superati i 35 contagi ogni 100.000 abitanti. Per maggiori limitazioni, come la mascherina obbligatoria anche all’aperto, vanno superati i 50 contagi ogni 100.000 abitanti. Il governo non è però riuscito a imporre un protocollo di risposta totalmente univoco una volta oltrepassata questa soglia: stesso discorso per il discusso divieto di pernottamento. In alcune regioni non è infatti possibile alloggiare negli alberghi se si proviene dalle zone del paese dove i contagi sono più alti, a meno che non si possa vantare un recente tampone negativo. Secondo alcuni critici si tratta in realtà di una misura inutile, che porta i tedeschi a preferire una vacanza all’estero, magari in un paese dove il rischio Covid è maggiore, a un viaggio a pochi chilometri da casa. In ogni caso, la misura è ora a disposizione dei governi regionali, tanto che alcuni hanno già proceduto a sospenderla per tutelare il settore alberghiero.Dalle voci filtrate dall’incontro, la cancelliera si è mostrata esasperata dal fatto che i governatori non abbiano riconosciuto la gravità della situazione: «quel che stiamo decidendo non è sufficiente. In questo modo ci ritroviamo di nuovo qua, nella stessa situazione, tra due settimane». Eppure, niente ha potuto contro i limiti imposti dalla Costituzione tedesca, che affonda le sue radici nel federalismo. Tanto che Merkel ha scelto il canale del suo videopodcast settimanale, nel quale in genere non utilizza toni drastici, per rivolgersi direttamente alla popolazione e chiedere di rispettare norme più stringenti rispetto a quelle che imporranno le regioni. Il messaggio era sottotitolato in arabo e turco, per garantire la massima diffusione. Seguendo la stessa strategia comunicativa, le hanno fatto eco in diverse interviste il ministro della Salute Jens Spahn e il capo della Cancelleria Helge Braun. Persino il potente governatore bavarese Markus Söder, che da tempo si è intestato la linea dura nella lotta contro il Covid-19, ha parlato di «limiti del federalismo». E si è detto addirittura disponibile a cedere alcune delle prerogative regionali allo stato centrale, l’unica possibilità che avrebbe Berlino di imporre le sue decisioni su tutto il territorio nazionale. Il ministero della Salute sta infatti elaborando un testo che rende strutturali in caso di pandemia i poteri speciali che il ministro aveva ottenuto durante la prima ondata: una proposta che però tra i primi oppositori vede proprio il partner di coalizione Spd, che si dichiara ostile a «un’espansione incondizionata di poteri in grado di limitare le libertà costituzionali».

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