Siamo a un confronto sulla politica estera tedesca in un salotto signorile di Berlino: c’è sollievo sull’esito delle elezioni americane, gioia per il nuovo approccio di Joe Biden, ma anche un certo scetticismo. Perché i vecchi problemi, dalla guerra doganale al rapporto con la Cina e la Russia non scompariranno assieme a Donald Trump.

A proposito di Trump: un alto dirigente si preoccupa dello “stato d’animo” di un popolo che nelle elezioni ha consegnato quasi metà dei suoi voti a un uomo iroso e pronto a ignorare qualsiasi tabù. Un altro convenuto chiama in causa lo stato d’animo dei tedeschi, un popolo scottato (dalla prima e dalla seconda guerra mondiale) che ha trovato un posto accogliente sotto lo schermo protettivo degli Stati Uniti e che invece di praticare una strategia politica di responsabilità celebra la “cultura della moderazione militare”.

Anche Biden,  come hanno fatto tutti i presidenti prima di Trump, chiederà di più alla nazione più potente in Europa, ma i tedeschi in realtà non vogliono investire sull’esercito e in armi. Invece di far sentire il poprio peso sui piatti della bilancia della geopolitica mondiale, il popolo tedesco vuole restare fuori dai conflitti. E non doversi mettere dalla parte degli Stati Uniti, della Cina o della Russia. Una massima classica: la cooperazione è meglio dello scontro, anche in questi tempi incerti. Il commercio batte i contrasti.

La più recente misurazione degli stati d’animo conferma anche le contrapposizioni già note tra americani e tedeschi, con un inaspettato lato comico: nonostante la propaganda anti-europea di Trump gli americani rimangono fedeli ai tedeschi, ma non viceversa. I numeri mostrano che agli amis (nomignolo degli americani in Germania, ndr) i tedeschi continuano a piacere, ma incontrano poca reciprocità.

I tre quarti degli americani considerano il rapporto coi tedeschi “buono” (il trend è positivo da tempo), mentre l’80 per cento dei tedeschi “cattivo”. Qual è l’opinione sull’altro “partner”? Anche in questo caso l’orizzonte non è chiaro, considerato che in entrambi i paesi è previsto per il 2021 un cambio del governo.

I tre quarti dei tedeschi non considerano l’America un partner utile alla propria posizione sul mercato libero. Un pensiero condiviso solo dal 35 per cento degli americani.

C’è la stessa differenza (75 contro 38 per cento) per quanto riguarda la “protezione della democrazia” nel mondo.

Per quanto riguarda il rapporto con la Cina, sei americani su dieci considerano i tedeschi al loro fianco in questa battagli, ma la pensano allo stesso modo meno di un tedesco su tre. 

La differenza scende quando si parla della “conservazione della sicurezza europea”. Una sottile maggioranza dei tedeschi (54 per cento) è convinta che gli Stati Uniti manterranno il proprio schermo protettivo sul continente. Nonostante tutte le bordate di Trump contro la Nato (considerata “obsoleta”) gli americani sono convintamente fedeli all’Europa (78 per cento).


Chi è il compagno di strada migliore?

Per più della metà dei tedeschi il miglior alleato è la Francia, solo il dieci per cento preferisce come partner gli americani (anche se questo dato è cresciuto dopo la vittoria di Biden). Rimane stabile la repulsione neei confronti di Cina e Russia. Solo il 5 e il 7 per cento dei tedeschi li vuole come “partner del cuore”.

Il fossato è molto più antico di Trump

In breve: da questo lato dell’Atlantico, con la vittoria di Biden, sembra esserci un clima più favorevole nei confronti dell’ex “fratello maggiore”, ma i tedeschi non ricambiano appieno l’affetto degli americani. E c’è una considerazione da aggiungere: questo fossato è molto più antico di Trump. Chiunque sia il presidente può provare a ridurlo un po’, ma non riuscirà mai a eliminarlo. Perfino Obama durante il suo mandato ha raccolto reazioni negative dalla stampa tedesca.

Joe Biden è un “tenerone” che vuole riportare il suo paese sul giusto sentiero in diversi campi, che sia l’ambiente o il commercio internazionale. Ha anche ribadito che gli Stati Uniti vogliono recuperare il proprio ruolo di guida. Ma le differenze non si possono cancellare. Gli Stati Uniti sono una potenza mondiale, la Germania una quasi-potenza che non ha il coraggio necessario per esserlo davvero. L’Europa è troppo divisa per parlare con una voce sola e trasformare la sua fiabesca ricchezza in valore strategico.

Nonostante il sollievo dell’addio di Trump gli esperti di politica estera raccolti a Berlino sono rimasti realisti. Anche Biden avrà una lista di richieste: fate e pagate di più per la sicurezza comune; non passate il tempo ad affrontare pesi piuma. Richiesta che sarebbero anche giustificate.

Ma non è solo una questione di stato d’animo se gli Stati Uniti stimano i tedeschi più di quanto sia vero il contrario.

Gli uni non possono fare a meno degli altri, anche perché il “partner del cuore” degli americani che emerge dal sondaggio, il Regno Unito, ha lasciato l’Unione europea. Bismarck un tempo predicava che bisogna sempre essere in un’alleanza a tre sulla scacchiera delle cinque grandi potenze. Oggi sono soltanto tre, Stati Uniti, Cina e Russia, e la Germania sta nel mezzo. Non è un lavoro facile per la diplomazia tedesca che cerca istintivamente di evitare di legarsi a uno dei tre. Washington è stata in passato e resta un compagno difficile, ma gli altri due lo sono anche di più.

La “mancanza di affetto” che attraversa l’Atlantico non scomparirà. Gli interessi impongono ai due lati di compensare le differenze, o perlomeno di concedere un rispettoso “agreement to disagree”, come dicono i diplomatici. La buona notizia è che non conta solo quel che si dice ma anche come lo si fa, e questo vale anche nel rapporto tra stati. Biden sta già abbassando il volume delle richieste americane, come se si passasse da una tuba a un clarinetto. Ma Merkel, Maas e i loro colleghi sanno bene che il pubblico tedesco ha poco desiderio di sinfonie tedesco-americane.

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