Anche d’estate, non vi molliamo. Sono tempi impegnativi, a meno che non riusciate a rinfrescarvi con una Radler in un Biergarten (o con altre bevande alcoliche o non in un luogo piacevole a vostra scelta), ma qui proviamo a tenere il passo con i veloci cambiamenti che stanno avendo luogo sullo scacchiere mondiale. 

La partita di Merz

Anche stavolta non possiamo fare a meno di passare in rassegna cosa sta succedendo in politica. Come vi abbiamo raccontato già in altre occasioni, il cancelliere ha provato – soprattutto nelle prime settimane del suo mandato – a impostare il suo lavoro soprattutto in chiave estera. Guadagnare credibilità sul piano mondiale, è il senso del ragionamento, è utile per far acquistare a Berlino nuova centralità e per controbilanciare la mancanza di esperienza in fatto di governo che gli rimproverano i suoi detrattori in patria. Una linea che il cancelliere ha ribadito anche dal centro del Bundestag nelle sue comunicazioni al parlamento prima della riunione della Nato di questa settimana. 

Una mossa che nell’ambito turbolenze mediorientali di questi giorni sembra aver funzionato: Merz è stato uno dei due capi di governo europei (insieme a Keir Starmer) che sono stati informati del bombardamento americano sui siti nucleari iraniani mentre gli aerei statunitensi erano in volo. Ciononostante, il governo ha fatto qualche fatica a barcamenarsi nel decidere dove collocarsi sul piano internazionale. A differenza del caso ucraino, in questo contesto per Merz è più difficile proporre una linea alternativa a quella di Trump: dopo che infatti il governo tedesco era arrivato a un livello di durezza inusuale per gli standard di Berlino commentando la pulizia etnica in corso nella Striscia di Gaza, i toni sono cambiati. Merz al G7 era finito al centro dell’attenzione mediatica per la sua frase sul fatto che Israele sta «svolgendo il lavoro sporco per noi». Un’espressione molto diretta, che dopo anni di freddezza anseatica scholzesca è musica per alcune orecchie a Berlino. 

Più di qualcuno dissente, però. Nonostante alcuni tra i cancellieri più amati – Brandt, Schmidt o Kohl – fossero famosi per le loro espressioni sanguigne, la continenza verbale di sedici anni di Angela Merkel ha portato una certa moderazione nel dibattito pubblico. Di conseguenza, Merz si è quasi trovato a dover giustificare la sua uscita. Paradossalmente, a tirarlo fuori d’impaccio è stata l’accelerazione nello scontro tra Israele e Iran: in quella partita, per Berlino (e la gran parte del resto d’Europa, in linea con la strategia di Washington) non ci sono dubbi sulla squadra a cui appartenere. Israele ha il diritto di difendere se stesso e la sicurezza dei suoi cittadini, ha detto il cancelliere: «Senza l’Iran, il 7 ottobre 2023 non sarebbe stato possibile». Merz e il suo governo si sono riservati di esprimersi sulla legittimità dell’attacco di Israele: un punto su cui è arrivata invece dritta la risposta di Emmanuel Macron, che determinando che non si tratta di un’iniziativa legittima apre una faglia nel rapporto tra Parigi e Berlino. 

Libertà di destra

La testata di riferimento dell’estrema destra Compact può tornare a pubblicare. Il tribunale amministrativo ha dato atto al ricorso contro la decisione un anno dopo il divieto, regalando al giornale un ulteriore effetto pubblicitario che ha certificato anche il direttore Jürgen Elsässer stesso. 

Il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt non ha preso posizione ma ha assicurato che il ministero guarderà con attenzione alla sentenza. «Noi adesso andiamo avanti a tutto gas. Siamo la voce più forte dell’opposizione e torneremo a farci sentire ancora di più» ha promesso il direttore, che aveva festeggiato già quando ad agosto scorso un altro tribunale aveva bloccato l’esecuzione del divieto emesso in primo grado, consentendo di fatto al giornale di continuare a pubblicare. Nella sentenza in ogni caso si legge che il divieto di singole testate per il tribunale è legittimo, ma che nel caso di Compact le affermazioni e attività rilevanti per un eventuale divieto non sono ancora determinanti. A seguire, si certifica che Compact non è soltanto un’azienda editoriale, ma un’associazione di persone con un’agenda politica e organizza manifestazioni e campagne. 

Il divieto a suo tempo era stato motivato con l’applicazione dell’articolo 9 della Costituzione tedesca, che vieta organizzazioni contrarie all’ordine della Bundesrepublik, quindi i diritti umani, la democrazia o lo stato di diritto. Per il tribunale effettivamente il giornale è incompatibile il concetto di “remigrazione”, introdotto dalla stella dell’estrema destra Martin Sellner e dal movimento identitario europeo, con cui Compact tende a identificarsi. A peggiorare la situazione c’è l’atteggiamento aggressivo con cui Compact porta avanti le proprie lotte. Per il momento, però, il divieto non viene confermato per garantire la libertà d’espressione e di stampa, perfino ai nemici della libertà.

Schermo europeo

Vi segnaliamo anche lo sviluppo interessante nel caso dell’interessamento di Mfe per la tedesca ProsiebenSat.1. C’è un aggiornamento flash che faciliterà molto la vita di Piersilvio Berlusconi. Il Cda di Mfe, la holding che controlla Mediaset, ha infatti dato luce verde all’aumento di capitale richiesto dal management. Il capitale sociale ora supera 173 milioni di euro, ma l’iniezione di liquidità era necessaria per permettere al gruppo di rilanciare sull’offerta di Ppf. Il gruppo ceco che a sua volta ha messo gli occhi su Prosieben.Sat1 ha superato il prezzo dell’offerta di acquisto di azioni offerto da Mfe, che è già primo azionista del gruppo tedesco con oltre il 30 per cento della proprietà. L’obiettivo della casa madre di Mediaset è quello di costruire un polo europeo in grado di rivaleggiare con colossi come Netflix, ma per farlo deve consolidare la propria quota. 

Ppf vuole arrivare al limite del 29,99 per cento senza superarlo in modo da non dover lanciare un’Opa, ma per il momento sarebbe ancora disposta a un’alleanza con Mfe. La decisione del Cda del Biscione, però, fa pensare che quest’opzione non sia una strada che piace a Pier Silvio Berlusconi, più interessato a consolidare il suo ruolo di padrone solitario di Prosieben. Il termine per aderire all’offerta di Ppf – considerata comunque non del tutto soddisfacente dalla proprietà – è fissato al 13 agosto. Ma, verosimilmente, conviene aspettarsi colpi di scena. 

Crossover episode/3

Torna la nostra rubrica a quattro mani con con l’”amicollega” Ornella Cosenza. Stavolta parliamo del concetto di cittadinanza e di quando ci si sente a casa in un posto, due sensazioni che non sempre coincidono. 

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