Presenti, assenti e ripescati. A poco più di 40 giorni dalle elezioni federali partiti e liste di coloro che concorreranno per un seggio nel nuovo Bundestag sono ormai definiti, non senza qualche contrasto. A fine luglio la Corte costituzionale di Karlsruhe ha riammesso alle elezioni il Dkp, il Partito comunista tedesco, escluso a inizio luglio dalla Commissione elettorale per non aver presentato i documenti in tempo. Formazione storica della politica tedesca, la sua emarginazione aveva subito richiamato una serie di accuse rivolte sia alla Commissione elettorale, composta da 8 membri rappresentanti dei partiti, che ad alcune figure politiche come il presidente del Bundestag, Wolfgang Schäuble, che, secondo RT de, sarebbe stato in combutta con Georg Thiel, presidente proprio della Commissione, per eliminare il Dkp.  

Gli esclusi

Movimenti estremisti, formazioni ambientaliste, partiti eccentrici. Tra i partiti non riammessi alle elezioni dalla Corte di Karlsruhe, che ha confermato le 44 esclusioni decise dalla Commissione elettorale a eccezione del Dkp, ci sono veri e propri pezzi di storia della Germania di ieri e di oggi. Un esempio è il Deutsche Zentrumspartei, il Partito di centro tedesco che è anche la più antica formazione politica del paese.

Fondato nel 1870, fu forza di governo centrale durante sia il periodo imperiale che della Repubblica di Weimar: apparteneva allo Zentrumspartei Heinrich Brüning, cancelliere in carica durante il tramonto della repubblica tra il 1930 al 1932, prima dell’avvento di Hitler. Durante la repubblica federale, lo Zentrum ha perso sempre più importanza a favore dei cristianodemocratici ma, nonostante la marginalità e la mancata partecipazione alle elezioni sia del 2013 che del 2017, il partito resta ancora ben vivo, soprattutto a livello locale.

I centristi sono infatti piuttosto radicati in Land come il Nordreno-Westfalia e la Sassonia, dove hanno già annunciato la loro presenza alle prossime elezioni locali. La strada resta però ancora piuttosto impervia: nonostante il tentativo di smarcarsi dalle posizioni della Cdu/Csu, con una critica alle posizioni del governo ribadita sin dall’insediamento della nuova segreteria di Klaus Brall, il partito continua a non godere di molto consenso.

Stesso discorso per il movimento di estrema destra Die Republikaner, le cui idee politiche contro l’immigrazione si avvicinano molto a quelle di un altro partito estremista che invece è stato ammesso, Alternative für Deutschland. Fondato nel 1983, il partito ha subito ottenuto risultati importanti, come il 7,8 per cento ottenuto alle elezioni europee del 1989 e l’entrata nel parlamento regionale del Baden-Württemberg, dove ha ottenuto seggi fino al 2001.

Lo stop da parte delle autorità federali non ha comunque impedito ai Repubblicani di continuare a propagandare le loro idee politiche, come dimostra il loro bollettino online diffuso mensilmente in cui l’argomento principale, l’accoglienza degli immigrati, la fa da padrone. «A Würzburg la popolazione locale ha dovuto subire sulla propria pelle quello che da tempo dicono i patrioti, cioè che queste politiche migratorie fallimentari influenzano negativamente la sicurezza del nostro paese», scrivevano nel bollettino di luglio in merito al caso di un somalo che ha ucciso tre persone ferendone altre 10.

Sul tema le idee dei Repubblicani sono sempre state piuttosto rigide: ritengono infatti sia necessario sospendere qualunque legge sull’asilo e tutti gli accordi sul tema a livello internazionale, secondo il principio che «la Germania non è una terra di immigrazione».

Meno pericoloso e più folcloristico è invece l’Anarchist Pogo Party, creato quasi per gioco da due punk nel 1981 come movimento dedicato ai cosiddetti “parassiti sociali”. Un partito nato per scherzo che però ha sviluppato nel tempo una sua maturità politica, visto lo 0,5 per cento dei voti ottenuto nel 1997 alle elezioni locali di Amburgo (con un boom clamoroso nel quartiere St. Pauli, dove divenne il quarto partito) e lo 0,1 per cento ottenuto invece nelle elezioni del Bundestag del 1998, quando con lo slogan Birra gratis per tutti» riuscirono a ottenere una percentuale superiore persino a quella dei comunisti di Dkp.

Nonostante sia un movimento con 40 anni di storia e una scissione alle spalle (nel 2005 alcuni componenti lasciarono il gruppo e passarono a un altro movimento molto simile, Die Partei), le idee dell’Appd sono sempre rimaste uguali. Diritto alla pensione giovanile e libertà dal lavorare (come testimonia anche lo slogan di questa campagna Il lavoro è merda!») restano i punti principali, insieme all’abolizione della scuola dell’obbligo e della polizia e alla legalizzazione di tutte le droghe.

La Commissione elettorale e il caso Dkp

Per tutti loro a decidere l’esclusione è stato la Commissione elettorale federale, mai così contestata come stavolta. Composta da un presidente, 8 assessori, espressione dei partiti in parlamento, e due giudici del tribunale amministrativo, i suoi compiti principali sono decidere quali partiti possono partecipare alle elezioni e sancire i risultati nei vari Land, al netto di eventuali ricorsi.

Il problema principale però è un altro: oltre ai cosiddetti “partiti storici”, che contano rappresentanti nel Bundestag o nei parlamenti locali, devono anche valutare se le associazioni che vogliono partecipare alle elezioni, ma non hanno eletto rappresentanti nell’ultima tornata, possono farlo. Questo è il caso del Dkp, privo di rappresentanti a livello locale e nazionale, escluso dalle elezioni per alcuni documenti contabili non presentati in tempo e riammesso dalla Corte di Karlsruhe, in quanto «in grado di partecipare seriamente alla formazione della volontà politica del popolo a livello federale o statale».

Sarebbe stata una prima volta assoluta per il partito che, sin dalla sua nascita nel 1968, è sempre stato guardato con sospetto per le sue simpatie ad est e ancora oggi viene monitorato dai servizi segreti interni come movimento di estrema sinistra. Nonostante la marginalità degli ultimi anni, il sostegno e la solidarietà verso i comunisti tedeschi sono rimasti ben vivi. «È una completa battuta d’arresto per la Commissione federale. Eppure, questo è un buon segno: significa che l’avversario di classe ci teme», ha dichiarato il presidente del Dkp, Patrik Köbele, in un’intervista allo Spiegel.

L’esclusione del Partito comunista aveva subito richiamato l’attenzione dei media internazionali e di molti partiti comunisti del resto del mondo: in 50 hanno manifestato solidarietà al Dkp, compresi quelli dell’Abkhazia, regione contesa tra Russia e Georgia nel Caucaso meridionale.

Ad aver votato contro il Dkp in Commissione c’era anche Constanze Portner, rappresentante della Linke, finita nel mirino delle critiche per aver votato come tutti gli altri partiti a eccezione dei Grünen, che invece si sono astenuti. Un’azione aspramente contestata persino dal suo stesso partito che, dopo il voto contrario della sua rappresentante, ha subito emesso un comunicato in cui evidenziava il suo «disappunto per tale decisione, sebbene il voto della signora Portner non sia stato decisivo né ha avuto un risvolto politico».

Un sostegno, anche se indiretto, che fa il paio con quello di un’altra figura chiave del partito, il presidente del consiglio degli anziani della Linke, Hans Modrow. In un’intervista rilasciata alla Junge Welt, Modrow aveva ribadito la necessità di «solidarizzare con il Dkp, partito storico della sinistra tedesca, non abbandonandolo al suo destino». Un primo passo anche per cercare di recuperare un rapporto mai del tutto sereno tra i due movimenti che, invece di dialogare, hanno sempre preferito evitarsi. Una storia che adesso potrebbe essere destinata a cambiare.

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