Il mercato mediatico tedesco, il quinto più grande del mondo, è animato da veri giganti dell’editoria. A Berlino ha sede Axel Springer SE, che in Germania possiede il tabloid Bild e il giornale conservatore Die Welt, due pesi massimi dell’informazione politica. Più a sud hanno sede le case editrici della Franfkurter Allgemeine Zeitung (Francoforte sul Meno) e della Sueddeutsche Zeitung (Monaco), due quotidiani noti in tutta Europa per le loro inchieste e gli scoop.

Questi pesi massimi nazionali rappresentano però la minoranza nel panorama pubblicistico tedesco. Il vero potere politico risiede infatti nelle 312 pubblicazioni regionali, spesso sconosciute al di fuori di singoli stati federali o addirittura dai comuni di provenienza.

Delle 12 milioni di copie quotidiane acquistate dai tedeschi nel terzo quadrimestre del 2021, ben 10 milioni appartenevano a giornali a tiratura locale. Forse per la struttura federale della Bundesrepublik e la veneranda età di molti quotidiani locali, oppure per la loro capillare distribuzioni nelle immense zone suburbane della Germania interna, questi giornali rappresentano veri e propri capisaldi dell’informazione tedesca. A riprova di ciò basta vedere quante importanti interviste vengano concessi da ministri o capi di partito a giornali come la Rheinische Post di Düsseldorf o il Tagesspiegel di Berlino. 

Proprietà opache ed élite locali

Nonostante l’importanza di queste testate, è molto difficile mapparne le intricate strutture proprietarie. Alcuni giornali appartengono a conglomerati nazionali, che riuniscono sotto un unico cappello pubblicazioni di diversi stati federali, ma molti altri sono proprietà di notabili appartenenti alle élite locali, con interessi radicati nel territorio.

L’influenza degli editori, una preoccupazione che tocca anche le redazioni più indipendenti, è particolarmente marcata nel contesto tedesco. Da un lato non esiste infatti una legge federale che protegge l’autonomia dei giornalisti; dall’altro, la legislazione attuale concede ai proprietari il diritto di assumere giornalisti discriminando secondo le loro convinzioni politiche e religiose, accordando alla proprietà il diritto di decidere l’orientamento politico e culturale della pubblicazione.

Il lavoro dei giornali locali è però spesso influenzato con metodi molto prosaici. La testata investigativa indipendente Correctiv.Lokal, specializzato in giornalismo regionale, riporta numerosi casi di “unione personale” fra proprietà e redazione.

Sono tantissimi gli esempi in cui gli editori di quotidiani locali hanno installato propri parenti nel ruolo di caporedattore, e sono numerosi anche i casi censura su articoli poco apprezzati dai proprietari (l’episodio più inquietante citato nell’inchiesta riguarda la riscrittura di un articolo sulla violenza delle forze dell’ordine contro persone di colore, operata da un ex poliziotto amico della proprietà).

La mancanza di trasparenza dilaga: l’inchiesta di Correctiv descrive ad esempio come l’editore della Westfälische Nachrichten, presidente della camera di commercio locale, abbia fatto assumere come caporedattore il portavoce di un’associazione industriale della regione. Il risultato è che il quotidiano ha iniziato a citare dati e opinioni della camera di commercio in maniera acritica e senza indicare il conflitto di interessi.

Il problema spesso non è neanche percepito come tale: «Il problema principale dei giornali locali è che dipendono spesso da pochi acquirenti di pubblicità locali. A ciò si aggiunge una certa fierezza per i traguardi delle aziende locali», spiega Johnathan Sachse, direttore di Correctiv.Lokal.

A peggiorare una situazione già critica è la crisi generalizzata del mercato dell’informazione, che impedisce alle redazioni di mettere a repentaglio il rapporto con le proprietà. Dal 2013 il settore giornalistico ha perso in media l’1,1 per cento di introiti all’anno, e dall’inizio della pandemia le entrate dei giornali locali sono fluttuate in maniera molto più intensa che sul mercato nazionale.

La digitalizzazione, che avrebbe dovuto aiutare a coprire il buco lasciato dal crollo del settore pubblicitario, procede a rilento. Il risultato sono testate locali, boccheggianti e a corto di risorse, vulnerabili a finanziatori estranei al mondo editoriale.

Imprenditori biotech e autocrati caucasici

La gravità della situazione emerge in maniera particolare se si guarda alla capitale. La Berliner Zeitung è un quotidiano storico fondato nel 1945 nella zona d’occupazione sovietica e sopravvissuto alla caduta del muro grazie alla radicazione nei quartieri, i Kiez che tanto caratterizzano la vita cittadina.

Pochi anni fa la Bz è stata acquistata dalla coppia di imprenditori Silke e Holger Friedrich, decisi a salvare il giornale dalla rovina finanziaria. Pur promettendo di non intervenire nelle decisioni di redazione, i due hanno immediatamente messo mano alla linea editoriale. L’acquisto ha fatto scalpore fin dal 2019, quando nel “manifesto” pubblicato in seguito all’acquisizione la coppia si è lanciata in un elogio all’ex capo del governo della Germania Est Egon Kranz.

Nei mesi successivi i due hanno imposto la propria linea in maniera molto poco socialista, consigliando la pubblicazione di commenti positivi su Centogene, un’azienda di biotecnologia di cui Holger Friedrich è azionista. Nel corso del 2021 la presenza della coppia si è fatta ancora più asfissiante grazie a un giro di vite sulla struttura del giornale e l’aggiunta di collaboratori di un’azienda tecnologica dei Friedrich alle riunioni di redazione.

Ma i giornali locali non servono solo come strumenti di influenza; essi stessi possono essere usati come “portafogli” di denaro sporco. Questa è ad esempio l’accusa mossa all’ex deputato Cdu della Turingia Mark Hauptmann. Nel corso degli anni, il suo Südthüringer Kurier ha ospitato numerose pubblicità e articoli sull’Azerbaigian, le cui imprese sono curiosamente interessate alla piccola regione del deputato. L’accusa della procura della Turingia è che l’acquisto di pubblicità non fosse altro che un modo per corrompere l’allora deputato, che spesso ha sostenuto una linea a favore del regime di Baku in parlamento.

Lo strapotere degli editori impedisce ai quotidiani locali di “controllare i controllori”, cioè i giornali nazionali con il potere di influenzare la politica di uno dei paesi più influenti dell’Unione europea.

Basta pensare allo scandalo di ottobre 2021, quando il New York Times ha rivelato numerose accuse di molestie sessuali mosse da giornaliste del tabloid Bild contro l’allora direttore Julian Reichelt. Il quotidiano americano si è interessato al caso in seguito all’acquisto da parte di Springer, il gruppo editoriale della Bild, del sito di informazione americano Politico.

Contestualmente è emersa anche la notizia che Dirk Ippen, proprietario di numerosi giornali locali, aveva impedito la pubblicazione di un’inchiesta analoga del Münchner Merkur e della Frankfurter Rundschau, con motivazioni ambigue e viste con sospetto dagli stessi giornalisti del suo gruppo editoriale.

La rivelazione del Nyt ha portato alle dimissioni di Reichelt, che da direttore della potentissima Bild era ormai divenuto una delle figure più influenti del panorama mediatico tedesco. E in un paese in cui il connubio fra politica e giornalismo è così incestuoso, tale potere vorrà certo dire qualcosa.

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