Trent’anni e non sentirli. Erano le 14.51 del 30 aprile 1991 quando l’ultima Trabant usciva dallo stabilimento di Zwickau, cittadina di poco più di 90mila abitanti nel cuore della Sassonia. Fu un momento storico perché a causa della caduta del muro di Berlino, appena sei mesi dopo, la Repubblica democratica tedesca cessò di esistere, dando così inizio al processo di riunificazione delle due Germanie. Oggi lo stabilimento di Zwickau è passato in mano al gruppo Volkswagen, che lì produce auto elettriche: un segno dei tempi che cambiano ma le Trabant, quelle che venivano sprezzantemente definite “cartoni che corrono” o “bombardieri di plastica”, non sono certo scomparse. Infatti, negli ultimi dieci anni le immatricolazioni in Germania sono salite da 3mila a oltre 38mila. «È un piccolo miracolo», ha detto Ferdinand Dudenhöffer, direttore del Center Automotive Research, a Die Welt.

L’elettrico in crescita

A guardare i dati del mercato automobilistico tedesco quasi non ci si crede, visto la decisa virata verso le vetture elettriche, ormai in costante ascesa. Nell’ultimo quadrimestre sono state immatricolate ben 23.816 auto elettriche, una crescita vertiginosa del +413,8 per cento rispetto allo scorso anno. La fetta di mercato che occupano è ormai stabilmente sopra il 10 per cento ed è destinata ad aumentare, visto che il settore segna numeri in costante crescita da ormai un decennio. Se nel 2010 il numero di automobili in Germania era di 41,7 milioni, a gennaio 2021 sono diventate 48,2 milioni: secondo il Center Automotive Research questo significa che ci sono 580 automobili ogni 1.000 abitanti. Dopo un inizio anno difficile, il mese di aprile ha segnato la riscossa: secondo i dati dell’Autorità federale dei trasporti automobilistici ci sono state 229.650 nuove immatricolazioni di auto negli ultimi 30 giorni, un aumento del 90 per cento rispetto a dodici mesi fa, quando però c’era già il lockdown. Se invece paragonato ad aprile 2019, l’ultimo mese risulta essere in perdita: allora infatti furono immatricolate 310.715 nuove vetture, il 36 per cento in più rispetto ad oggi. Da inizio anno i tedeschi hanno acquistato 886.102 auto, il 7,8 per cento in più rispetto a gennaio-aprile 2020. A fare la parte del leone è ovviamente la Volkswagen, il 18,8 per cento di tutte le nuove auto immatricolate, che stacca Mercedes (9,6 per cento), Bmw (8,9 per cento) e Audi (7,3 per cento).

Il fenomeno Trabant

«Come raddoppi il valore di una Trabi? Facile, mettendo una banana sul sedile posteriore». Era questa una delle battute che circolava in Germania Est sul valore irrisorio della vettura prodotta dalla Veb Sachsenring Automobilwerke Zwickau. Un’ironia rimasta nel tempo, visto che persino Time ha riportato la Trabant al ventisettesimo posto tra le 50 peggiori vetture di tutti i tempi. Eppure, per trent’anni la Trabi è stata un vero e proprio simbolo per i tedeschi dell’est. Composta da un telaio in acciaio e una carrozzeria realizzata in duroplast, una speciale plastica che veniva da scarti di cotone dell’Unione Sovietica e resine con rinforzo fibroso provenienti dall’industria dei coloranti della Germania orientale, la vettura aveva un motore a due tempi, più simile a quello di una moto, e aveva bisogno di uno speciale combustibile con una parte di olio e cinquanta di benzina. Una macchina particolare che richiedeva lunghi tempi di attesa: per acquistarle i tedeschi dell’est dovevano attendere tra gli 11 e i 18 anni e spendere una cifra non indifferente, intorno ai 12mila marchi, che equivaleva allo stipendio di un anno. Sicure e affidabili, come venne dimostrato a fine anni Novanta quando superarono il test dell’alce (prova automobilistica che serve a verificare la stabilità della vettura di fronte a brusche sterzate), i problemi della Trabant erano soprattutto legati alla deperibilità delle parti in plastica, che curiosamente erano anche commestibili.

Si racconta, infatti, che i tedeschi orientali che dopo l’unificazione e la fuga ad ovest mollarono le loro Trabi nei campi le ritrovarono mangiate da capre e maiali dopo qualche settimana. Oggi però la storia è differente. L’amore degli appassionati (si contano circa 100 fan club nella sola Germania) ha riportato a nuova vita le vecchie Trabi, restaurate o riportate in patria dall’estero. Il Times fa addirittura un paragone azzardato, mettendo a confronto le 38mila Trabi regolarmente immatricolate alle Tesla vendute in Germania, ferme a quota 34mila. Un paragone impari, visto che l’azienda di Elon Musk sta ultimando un gigafactory a Grünheide, alle porte di Berlino, dal costo finale di 5,8 miliardi di euro che partirà a luglio 2021. «Abbiamo i diritti di licenza dalla Trabant e ho notato che suscita di nuovo un grande clamore, anche in paesi come gli Stati Uniti. Anche i produttori online di pezzi di ricambio stanno riscuotendo un enorme successo», afferma Wolfgang Kießling, presidente dell’associazione Intertrab, il registro internazionale delle Trabant, a Euronews.

La nostalgia supera i confini

Il fenomeno delle Trabant non si può spiegare senza capire cos’è l’Ostalgie, la “nostalgia dell’est”. Un fenomeno di costume che non si ferma alle auto, come testimoniano il successo della Nudossi, “la Nutella dell’est”, e l’ampio seguito televisivo dello show per bambini di Sandmännchen, meglio noto in Italia come Sabbiolino, che, dopo la caduta del Muro, ha continuato ad essere un idolo dei più piccoli, anche a ovest. La Ostalgie però non riguarda solo la Germania, visto che in giro per l’Europa c’è ancora tanta nostalgia dei tempi che furono. E a dimostrarlo sono proprio le Trabi, che continuano a raccogliere proseliti in giro per l’Europa grazie al loro status di auto d’epoca.

Come in Bulgaria, dove sono venerate e ogni anno viene celebrato il Trabant Fest a Veliko Turnovo, città di 102mila abitanti a circa 223 chilometri da Sofia. Proprio nella capitale del paese, e più precisamente nel Museo storico nazionale, è stata conservata la Trabant più importante di tutte, la P601 utilizzata dal ministero degli Esteri bulgaro e benedetta da Papa Giovanni Paolo II nel 2002. Per chi volesse acquistarne una i prezzi sono spesso stellari: a Madison, nello stato americano della Georgia, una Trabant originale e senza modifiche è stata venduta alla bellezza di 25mila dollari, che al cambio fanno circa 20.700 euro. La passione è di casa anche in Italia, come racconta uno degli amministratori del gruppo Facebook ufficiale “Trabant Italia e auto dell’Est”, che conta poco più di mille membri.

«Il gruppo ha avuto una crescita esponenziale soprattutto nell’ultimo anno, a inizio 2020 eravamo ancora appena 35 iscritti», racconta Giacomo Giombetti, 25 anni e una passione per le Trabant che si porta dietro dall’infanzia. «Ricordo ancora quando vidi la prima Trabant su una rivista a 7 anni. Allora mi colpirono per il loro aspetto buffo, simile ad un giocattolo. Poi ho conosciuto la loro storia e ho deciso di comprarne una che oggi ho quasi finito di restaurare».

Secondo lui e Roberto Bianchin, un altro amministratore del gruppo, si possono stimare per difetto circa un centinaio di Trabant che circolano in Italia, con regolare immatricolazione. «Oggi il costo si aggira su alcune migliaia di euro. In Germania un esemplare di P60 costa anche 8mila euro mentre le più comuni, le 601, vanno tra i 2.000 e i 4.500 euro, così come in Italia». Quando ci si trova di fronte a una Trabant quello che conta «è che ci siano un motore che giri e un telaio in buone condizioni, oltre a freni non da buttare. Per questo il prezzo minimo è solitamente di 2.000 euro». Una passione che ormai ha contagiato in tantissimi, che tra poco si vedranno di persona. «A settembre abbiamo deciso di organizzare un raduno di auto storiche in Veneto. Sarà la nostra prima volta e in molti stanno rispondendo con entusiasmo: ci saranno tantissime Trabant, ma anche le Uaz, le Lada e le Skoda. Sarà un bellissimo tuffo nel passato».

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