Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 presieduta da Tina Anselmi


Prendendo adesso in esame il materiale sequestrato proveniente alla Commissione come frutto dell'operazione eseguita a Castiglion Fibocchi un dato sopra ogni altro colpisce l'attenzione dell'osservatore: la constatazione che il nucleo della documentazione avente valore fondamentale ai fini dell'indagine non era contenuto nella cassaforte dell'ufficio, suo naturale luogo di deposito, ma in una valigia.

Questa valigia conteneva, oltre ad una lista degli iscritti alla Loggia P2, tutta una serie di documenti che denunciavano in quali attività e di quale rilievo la Loggia era implicata; si noti che qualora infatti la Guardia di Finanza avesse provveduto al sequestro del solo materiale contenuto nella cassaforte — nella quale erano altre copie dei soli elenchi — il dato conosciuto agli investigatori sarebbe stato soltanto quello relativo all'appartenenza ad una Loggia massonica di un certo gruppo di eminenti personalità. Il materiale contenuto nella valigia ha invece la natura di denunciare al contempo l'esistenza della Loggia, poiché contiene una ulteriore serie di elenchi, nonché la sua valenza politica, per la natura dei documenti a quegli elenchi annessi.

Rimane pertanto dimostrato che il blocco di documentazione a noi pervenuta ha una intrinseca reciproca funzionalità, perché la valigia che li conteneva, oggetto invero strano per collocare materiale di tal fatta, aveva un suo autonomo valore di eccezionale significato.

Avendo riguardo a queste considerazioni, l'importanza intrinseca dei documenti contenuti nella valigia, esaminati nella loro reciproca correlazione, porta a ritenere che questo materiale era verosimilmente inserito in un processo di trasferimenti dell'archivio di Licio Gelli, che l'incerta e contrastata ultima fase della vicenda del Venerabile, prima tratteggiata, rende attendibile ed al quale siamo indotti a pensare sia per la costituzione, da far risalire a questo periodo, della cosiddetta Loggia di Montecarlo, intesa da Gelli come alternativa alla localizzazione italiana del centro delle sue attività, sia dall'esistenza di una duplicazione dell'archivio in questione nella residenza uruguayana del Venerabile.

Questa ricostruzione, che non possiamo collocare nell'ambito delle certezze acquisite per l'incompletezza di informazioni su tale ultimo periodo, peraltro riveste certamente connotati di estrema attendibilità.

Quel che è fuori dubbio è che comunque essa ci consente di affermare che la documentazione in possesso della Commissione non può che essere presa in attenta e seria considerazione per la primaria constatazione che essa si trovava al centro di un complesso gioco nel quale i protagonisti le attribuivano altissimo valore, e tra essi va ricordato il Comandante generale della Guardia di Finanza, autore del maldestro tentativo di insabbiamento già ricordato.

Le considerazioni esposte sono riferite naturalmente agli attori espliciti di questa vicenda ed ai suoi retroscena, ed in nulla attengono alla integrità ed attendibilità dell'inchiesta giudiziaria e della operazione di sequestro in sé considerata, come si evince se non altro dalle modalità di esecuzione predisposte dall'organo inquirente ed attuate da quello procedente, delle quali è testimonianza eloquente la denuncia che il colonnello Bianchi effettuò dell'indebita ingerenza tentata nei suoi confronti dal superiore gerarchico.

La risposta al quesito circa la veridicità e completezza delle liste precede logicamente ogni altro problema ed esso sarà da verificarsi tenendo ben presenti l'oggetto e le finalità della legge istitutiva che all'articolo 1 demanda alla Commissione di accertare, tra l'altro, «la consistenza dell'associazione massonica denominata Loggia P 2».

Questo compito postula non già l'esigenza di analitici riscontri individuali sulla effettiva appartenenza alla loggia dei singoli iscritti, riscontri che invece sono propri dell'inchiesta giudiziaria finalizzata all'accertamento di responsabilità individuali, ma richiede per contro un giudizio complessivo inerente al numero e alla qualità degli affiliati che consenta di delineare «la consistenza» della loggia, al fine di poterne poi valutare i contenuti.

Quando si passino in rassegna le risultanze acquisite sul punto, pare corretto distinguere quelle emergenti da accertamenti riferibili all'autorità giudiziaria o ad altre autorità, da quelle desumibili da indagini disposte dalla Commissione o da documenti acquisiti. Quanto alle prime, si ricorda che la sentenza emessa dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura nei confronti dei magistrati iscritti nella lista ha dichiarato la «complessiva attendibilità» degli elenchi e della documentazione; nella requisitoria del procuratore della Repubblica di Roma, l'estensore mostra invece di non credere «alla veridicità delle liste degli iscritti»; a sua volta il Comitato amministrativo di inchiesta costituito a suo tempo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri esprime il dubbio che la lista non sia un «puntuale elenco di coloro che avevano effettivamente aderito alla P 2»; infine, nell'appello proposto avverso la sentenza del giudice istruttore di Roma, il procuratore generale presso la corte d'appello muove dal presupposto della «attendibilità complessiva di elenchi e documentazione sequestrati salvo riscontri negativi».

Vi è poi da considerare che la «relazione informativa sulla Loggia P 2» effettuata dal Sisde, per la parte relativa all'analisi strutturale dell'elenco dei novecentosessantadue (962) presunti affiliati, si sofferma sulla eterogenea e contraddittoria compresenza di alcuni componenti, postulando la esigenza di integrare le risultanze con il dato relativo alle domande di ammissione, ma esclude l'ipotesi di una falsificazione dell'elenco medesimo.

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