Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello, presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


Il Procuratore Generale ha impugnato la sentenza della Corte d'Appello sia in ordine all'intervenuta assoluzione per le condotte successive al 1992 sia con riguardo a cinque ordinanze con le quali venivano decise questioni istruttorie.

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile la prima censura del P.G. con la quale aveva preteso di sollecitare una diversa valutazione del risultato di prova in ordine alla data fino alla quale si erano protratti i pagamenti; hanno sottolineato i giudici di legittimità che la Corte d'Appello aveva considerato, in particolare, che le dichiarazioni di Galliano, riguardanti la protrazione di pagamenti a "cosa nostra" fino al 1995, erano rimaste prive di riscontri obiettivi.

I giudici di legittimità hanno poi ritenuto manifestamente infondata la seconda censura con la quale il P.G. ricorrente aveva censurato la valutazione della Corte d'appello che, secondo l'assunto dell'accusa, aveva trascurato di considerare il movente politico degli attentati ai magazzini Standa di Catania, movente che era stato affermato nelle sentenze rese dai giudici di Catania che avevano giudicato quei fatti. Secondo i giudici di legittimità la Corte d'Appello aveva svolto un ragionamento diverso e non esposto a censure ed aveva dato atto della tesi sostenuta dall'accusa in ordine al movente politico degli attentati del 1990 ai magazzini Standa compiuto dal Santapaola ( così come aveva riferito il collaborante Siino) ed aveva anche considerato la volontà di "cosa nostra" palermitana a partire dagli '80 di avvicinare l'onorevole Bettino Craxi. Gli stessi giudici di merito avevano tuttavia ritenuto che detta volontà era stata estremamente imprecisa atteso che - secondo quanto riferito da Siino - Brusca nel 1991 aveva incitato il boss mafioso Santapaola ad effettuare azioni intimidatorie contro Berlusconi e che Riina, tra il 1992 ed il 1993, aveva iniziato ad attuare una politica stragista: "segno di assenza di contatti politici" .

Secondo la Suprema Corte la motivazione adottata dai giudici di merito era stata del tutto logica. Del resto - hanno osservato i giudici di legittimità - anche ove si fossero accertate le finalità politiche perseguite dai mafiosi attraverso gli attentati in questione, ciò non avrebbe escluso la necessità di individuare un ruolo del Dell'Utri nella composizione della vicenda relativa agli attentati alla Standa di Catania, ruolo che la Corte di appello aveva escluso sulla base di quanto era emerso nel processo catanese in cui non era stato provato né il pagamento di pizzo, né l'esistenza di trattative avviate nell'interesse della parte offesa. In relazione poi alla testimonianza di Garraffa Vincenzo, l'inattendibilità della stessa è stata reputata dai giudici di legittimità del tutto plausibile e completa, atteso che la Corte d'appello aveva evidenziato come le notizie sui movimenti di Dell 'Utri in merito agli attentati non potevano essere appresi da Garraffa da terzi che erano stati menzionati nella sentenza in quanto li aveva conosciuti m un periodo successivo ai suddetti movimenti.

È stata poi ritenuta del tutto fattuale e non rispettosa dei criteri contenuti nella sentenza Mannino in tema di valutazione indiziaria, la considerazione del P.G. in ordine al riconoscimento della validità delle asserite intromissioni di Alberto Dell'Utri nella vicenda degli attentati alla Standa. Anche il terzo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. I P.G. aveva definito un esempio di parcellizzazione della valutazione della prova, il criterio che aveva adottato la Corte d'Appello nella ricerca, e successiva esclusione, del patto politico mafioso del 1993- 1994, sulla base delle negazione della valenza probatoria di circostanze ed incontri avvenuti nel 1994 che la Corte d'Appello aveva ritenuto ininfluenti rispetto ad un patto che doveva avere avuto ad oggetto le consultazioni elettorali del marzo 1994. Il P.G. aveva rilevato che detto patto non doveva essere inteso in senso notarile, ma avrebbe comportato "sollecitazioni ed incontri" tra la mafia e Dell'Utri anche successivi alle elezioni per ottenere i risultati legislativi sperati a seguito di un clima politico favorevole che si era formato.

La Corte di Cassazione ha ritenuto detta doglianza inammissibile m quanto non specifica sulle ragioni di fatto che avrebbero dovuto sostenerla ed ha rilevato che la prova non poteva fermarsi all'accertamento dell'insorgere di "favorevoli contingenze determinate dal futuro assetto politico complessivo, non precisabili al momento della promessa e volte a sollecitare l'attuazione della consuete provvidenze legislative da cosa nostra ".

Manifestamente infondato è stato poi ritenuto il quarto motivo di ricorso con il quale il P.G. aveva messo in rilievo come il giudice di primo grado non aveva considerato che Cannella, a causa delle pressione che su di esso aveva esercitato Cesare Lupo, aveva riferito meno di quello che sapeva sul coinvolgimento di Dell 'Utri nel tentare di inserire esponenti di Sicilia Libera, partito " nato per volontà della mafia", all'interno delle liste di Forza Italia. I giudici di merito - a parere della Suprema Corte - avevano dato una motivazione del tutto plausibile: avevano in particolare rilevato che in ogni caso le dichiarazioni del Cannella non erano idonee a provare il coinvolgimento dell'imputato nelle attività politiche relative al periodo 1993-1994.

Le dichiarazioni rese dal Calvaruso in ordine al coinvolgimento di Mangano nel sostenere le iniziative di Cannella, per la nascita del nuovo movimento politico favorevole alla mafia, non avevano assunto alcun rilievo atteso che il collaborante aveva collocato la sospensione della decisione di uccidere il Mangano nel 1994 , data successiva all'espletamento delle elezioni del marzo del 1994.

Inammissibile, per manifesta infondatezza è stato ritenuto il quinto motivo di ricorso con il quale il P.G. aveva criticato la valutazione delle dichiarazioni rese da Cucuzza effettuata dalla Corte d'Appello che aveva escluso che potessero considerarsi riscontro esterno a quanto aveva riferito Galliano, sull'incontro avvenuto tra Dell 'Utri e Mangano, finalizzato ad ottenere promesse favorevoli in esecuzione del presunto patto politico stipulato ed avvenuto (secondo il Cucuzza) nella seconda metà del 1994; la Corte d'Appello aveva invece ritenuto che la data dell'incontro non era stata riscontrata da alcun elemento oggettivo.

Il P .G. ricorrente aveva preteso che i giudici di legittimità accreditassero delle congetture sul motivo per il quale si erano verificate le discrasie tra le dichiarazioni di Cucuzza e quelle di Galliano sulla data dell'incontro, senza indicare " il tema specifico al quale queste dichiarazioni afferirebbero " e rimettendo alla Corte di Cassazione, sui punti critici della sentenza impugnata, un'alternativa ricostruzione della vicenda. Veniva ritenuto inammissibile, per manifesta infondatezza, il sesto motivo di ricorso per Cassazione, con il quale il P.G. aveva censurato la valutazione della Corte d'Appello in ordine alle annotazioni, fatte sull'agenda della segretaria di Dell'Utri, che non potevano costituire prova degli incontri tra Dell 'Utri e Mangano.

Il P.G. ricorrente, con un ragionamento reputato dai giudici di legittimità "congetturale ed indimostrabile", aveva ritenuto che almeno un incontro poteva essere effettivamente avvenuto nel novembre del 1993 tra l'imputato ed il Mangano "non essendo stato provato il contrario".

[…] La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile, reputando il ragionamento seguito dalla Corte d'Appello ''plausibile e rispondente ai criteri della logica e della razionalità", il settimo motivo di ricorso relativo al ragionamento seguito dai giudici di merito nella parte in cui non aveva ritenuto che fossero stati provati i rapporti tra Dell 'Utri ed i fratelli Graviano (arrestati nel 1994 insieme ai loro favoreggiatori Giuseppe D'Agostino e Salvatore Spataro ), rapporti utili al fine di provare il legame di natura politica tra il Dell 'Utri e la mafia riferibile al 1994.

Veniva rilevato dal P.G. che i giudici di merito dovevano sospettare che D'Agostino (le cui dichiarazioni, secondo lo stesso procuratore, erano entrate nel dibattimento in quanto oggetto di contestazione effettuatao nell'interrogatorio di Dell'Utri), non avesse detto la verità in dibattimento, considerato che, per ben due volte nel 1996, aveva riferito al p.m. di avere chiesto ai Graviano di dargli una mano per inserire il figlio nella società calcistica Milan Calcio. La menzogna poteva essere legata al fatto che - subito dopo l'arresto dei Graviano - si aveva interesse ad escludere ogni rapporto tra i boss mafiosi e Dell 'Utri. Era stato anche censurato dal P.G. il fatto che le dichiarazioni di Spataro erano state ritenute non attendibili e che il provino del figlio di D'Agostino di cui avevano parlato i tecnici del Milan era stato collocato nel 1992 e non nel 1994.

La Cassazione ha a tal proposito rilevato che:

- non era stato rispettato il principio dell'autosufficienza del ricorso che imponeva di allegare la copia integrale o la trascrizione integrale del contenuto dell'atto ( l'interrogatorio di D'Agostino: n.d.r.);

-le dichiarazioni rese dal D'Agostino nel corso delle indagini preliminari erano state valutate corrispondenti a quelle rese m dibattimento dallo stesso D'Agostino, negative di interessamenti di Graviano presso Dell 'Utri e la società Milan Calcio in favore del figlio;

- il tema in questione sarebbe stato utile per dimostrare non già accordi di rilievo penale, ma relazioni di contiguità e frequentazione tra l'imputato e soggetti gravitanti in ambienti mafiosi ed in quanto tali non idonee ad integrare l'ipotesi delittuosa in contestazione;

- non era stato neppure indicato come "l'ipotetico favore fatto da Dell'Utri a Graviano nel gennaio del 1994 relativamente alla questione d'interesse calcistico potesse costituire elemento di riscontro individualizzante dell'accusa principale, rappresentata dalla realizzazione di un patto politico che avrebbe dovuto riguardare le elezioni del marzo del 1994 con soggetti mafiosi neppure coincidenti con quelli menzionati".

E' stata poi ritenuta manifestamente infondata ( ai limiti della "soglia assolutamente prossima all'inammissibilità " e peraltro infondata nel merito), la censura con la quale il P.G. si era lamentato della negativa valutazione fatta dalla Corte in ordine all'attendibilità intrinseca del collaborante Spatuzza Gaspare. Detta censura - ha ritenuto la Corte di Cassazione - aveva proposto un accertamento sul fatto che si sottraeva al sindacato demandato ai giudici di legittimità. Questi ultimi hanno ritenuto che la Corte d'Appello aveva fondato il proprio giudizio sull'attendibilità del collaborante appena citato su di un "ragionamento logico e completo" ritenendo che Spatuzza, prima di parlare dell'incontro che aveva avuto con Graviano presso il bar Doney ( nel corso del quale quest'ultimo gli aveva rivelato che avevano ottenuto ciò che volevano dal mondo politico grazie a persone come Berlusconi e Dell 'Utri), aveva lasciato trascorrere troppo tempo. Il collegamento, poi, tra detto incontro e quello precedente avvenuto tra gli stessi soggetti a Campofelice di Roccella nel 1993, nel corso del quale Spatuzza era stato convocato dal Graviano per progettate un nuovo attentato per " smuovere" i politici di Roma, era stato frutto di personale convincimento operato dallo stesso collaborante.

[…] E' stata giudicata inoltre inammissibile la doglianza con la quale il P.G. aveva chiesto alla Corte di Cassazione di interpretare le intercettazioni secondo il significato che era stato loro attribuito dal Tribunale e non già dalla Corte d'appello, interpretazione che costituiva un giudizio di fatto devoluto al giudice di merito, non sindacabile da parte della Cassazione ove la ricostruzione fosse stata frutto di un'operazione logica e completa da parte del giudice di merito.

La Corte d'appello - nel caso in esame - aveva messo in rilievo non solo la distanza di tempo (cinque anni) intercorsa tra le conversazioni ed il patto politico mafioso che dette conversazioni avrebbero dovuto dimostrare ed il fatto che Dell'Utri era stato eletto in un collegio del Nord e non già nel collegio Sicilia-Sardegna; ma anche che la conversazione intercettata nel 1999, da cui si era desunto l'impegno elettorale di "cosa nostra" in favore di Dell 'Utri, non aveva provato l'esistenza di un patto a monte e la sua natura sinallagmatica.

La Corte di Cassazione ha messo in rilievo che il motivo di ricorso proposto dal P .G. non aveva sostanzialmente aggredito i passaggi della sentenza impugnata ove i giudici di merito avevano spiegato le ragioni per le quali non sussistevano le ragioni per configurare - dopo il 1992 - la condotta di concorso esterno in associazione mafiosa a carico di Dell'Utri; quest'ultimo - anche ove avesse eventualmente accettato l'appoggio elettorale di " cosa nostra" - non aveva posto in essere alcun comportamento " capace di determinare, anche istantaneamente, un concreto effettivo rafforzamento del sodalizio mafioso di riferimento misurabile ex post in termini apprezzabili e non rapportabili semplicemente alla causalità psichica".

Inammissibile è stata reputata la decima doglianza con la quale il P.G. aveva contestato il ragionamento della Corte d'Appello nella parte in cui aveva ritenuto che le dichiarazioni di Mangano, rese alla fine 1993 o nel 1994 sugli incontri politici che aveva avuto con Dell 'Utri erano state frutto di millanterie. La Corte d'Appello aveva poggiato detta convinzione sul fatto - desunto da prove testimoniali - che Mangano era considerato all'interno di cosa nostra un chiacchierone. I giudici di merito avevano ritenuto che con la condotta millantatrice, Mangano aveva cercato di accreditarsi presso i boss Bagarella e Brusca come utile collegamento con Dell'Utri in modo da sfuggire alla condanna a morte decisa dallo stesso Bagarella.

Neppure - a parere della Corte di Cassazione - poteva reputarsi capace di inficiare il ragionamento della Corte d'Appello il fatto, dedotto dal P.G, secondo cui Mangano era presente ad una cena ad Arcore la notte di Sant'ambrogio del I 974 essendo "tali fatti già ritenuti provati a capaci di dimostrare l'esistenza di un concorso esterno riferibile in epoca antecedente al 1992, sulla base di una condotta del Del/' Utri diversa da quella del patto politico-mafioso ".

[…] Veniva dichiarata altresì inammissibile la undicesima censura che costituiva la riproposizione dei motivi di gravame già sottoposti alla Corte d'Appello e che detto giudice aveva respinto sostenendo in diversi passaggi della sentenza - invero non aggrediti specificamente, secondo i giudici di legittimità, con il ricorso del P.G. - che non sussistessero gli estremi per la configurazione del concorso esterno nella condotta ascritta all'imputato nel periodo successivo al 1992. Il P.G. aveva censurato l'operato del giudice di secondo grado nella parte in cui, disattendendo i principi affermati nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte del 2005, aveva ritenuto che non sussistessero le prove per poter configurare il patto politico mafioso patto, patto che invece nel caso in esame poteva desumersi :

-dai rapporti tra Dell'Utri e gli" emergenti" fratelli Graviano;

-dai plurimi rapporti esistenti tra Mangano e Dell 'Utri anche prima dell'epoca indicata (1994) dal Cucuzza, rapporti di cui vi era traccia nelle annotazioni dell'agenda del 1993, epoca in cui il D'Agostino aveva ricevuto dal Graviano la promessa di ottenere tramite amicizie milanesi l'inserimento del figlio nella formazione giovanile del Milan;

- dal summit di mafia, tenutosi alla fine 1993, di cui aveva parlato Spatuzza, nel corso del quale Graviano - all'epoca latitante - aveva annunciato allo stesso Spatuzza "una cosa politica" dalla quale tutti avrebbero tratto vantaggi;

-dall'incontro avvenuto nel gennaio del 1994 tra Graviano e Spatuzza al bar Doney nel corso del quale il primo aveva comunicato al secondo di avere ottenuto quello che il gruppo voleva, grazie alla serietà di Berlusconi e di Dell'Utri;

- dal fatto riferito da La Marca secondo cui Mangano, che era andato da Dell 'Utri alla vigilia delle elezioni del 1994, era tornato invitando il collaborante a votare Forza Italia, perché gli avevano "qualche possibilità per il 41 bis";

-dai due incontri che il Mangano aveva avuto con Dell 'Utri a Como dopo le elezioni dei 1994, così come aveva riferito il collaborante Cucuzza, all'esito dei quali vi era stata la promessa della emanazione di provvedimenti legislativi favorevoli in materia di regime carcerario (" 41 bis") ed di misure cautelari per il delitto di associazione mafiosa;

-dalle dichiarazioni del collaborante Giusto Di Natale che aveva riferito di avere visto Giuseppe Guastella, reggente di Resuttana, tornare euforico da un incontro con Mangano, che aveva dato buone speranze, dopo avere parlato con Dell'Utri, di "cose politiche".

[…] Secondo la Corte di legittimità la sentenza impugnata, passando in rassegna le dichiarazioni dei collaboranti aveva ritenuto che esse non contenessero elementi da cui desumere un impegno preciso in tema di interventi legislativi che Dell'Utri aveva preso net confronti del Mangano. […].

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