Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del decreto di archiviazione dell’inchiesta “Sistemi criminali”, della Procura della Repubblica di Palermo, del 21 marzo 2001.


Pertanto, l’Ufficio, al fine di verificare ulteriormente l’attendibilità delle dichiarazioni del Pizza, sentiva il D’Andrea, e cioè una delle sue principali fonti di notizie. Ed il D’Andrea sostanzialmente ne confermava le rivelazioni, avuto soprattutto riguardo alla genesi e all’evoluzione del progetto politico del movimento politico fondato dall’avv. Egidio Lanari.

In particolare, il D’Andrea (di estrazione politica degli ambienti dell’estrema destra) ha così ricostruito la genesi della Lega Meridionale:

L’iniziativa della costituzione di quella lega fu del Gran Maestro siciliano Giorgio Paternò, massone di Piazza del Gesù (che poi risultò essere legato a Licio Gelli), mentre gli altri soci fondatori furono l’avv. Egidio Lanari (originario di Roma), Donato Cannarozzi (pugliese) e Alcide Ferraro (calabrese);

Vi furono numerosi incontri di Lanari e D’Andrea con Gelli;

Ben presto si crearono contrasti fra il gruppo di Lanari e il gruppo facente capo a Paternò e a Gelli, del quale facevano parte anche personaggi ritenuti da Lanari e D’Andrea legati ai “servizi segreti”, come Vanno Alessandro, e soggetti legati alla criminalità organizzata pugliese, come Vincenzo Serraino;

I contrasti derivavano dalla linea politica più spiccatamente separatista del gruppo facente capo a Gelli, nell’ambito di una strategia finalizzata a creare una contrapposizione con la Lega Nord;

Tale battaglia politica interna alla Lega Meridionale si concretizzò nei contrasti sul mutamento della denominazione del movimento che Gelli e Paternò volevano mantenere in “Lega Meridionale Centro–Sud–Isole” e Lanari e D’Andrea voleva no modificare in “Lega Meridionale per l’Unità Nazionale” (a voler così sottolineare la contrarietà all’opzione separatista);

In questa battaglia si erano inseriti alcuni significativi interventi su Lanari e D’Andrea di personaggi palermitani, massoni e/o vicini a Cosa Nostra: D’Andrea partecipò ad incontri con Giuseppe Mandalari, Giuseppe Greco (figlio di Michele Greco), Gaetano Lunetta (massone palermitano, a suo tempo implicato nel golpe Borghese) e Salvatore Bellassai (già responsabile della P2 in Sicilia ed implicato nelle indagini sul falso sequestro di Sindona), incontri nei quali si era fatto intendere al D’Andrea che un rafforzamento dello spirito separatista del movimento sarebbe stato gradito in Sicilia ed avrebbe garantito appoggi elettorali e finanziari;

Il fallimento del movimento politico era stato determinato dal permanere di questi contrasti e dal progressivo disimpegno, il successivo “boicottaggio” e la fuoriuscita dalla Lega Meridionale di tutto il gruppo gelliano.

*****

Le dichiarazioni del D’Andrea, dunque, costituiscono una sostanziale conferma delle rivelazioni di Massimo Pizza circa le origini della Lega Meridionale; il sorgere dei rapporti con Licio Gelli; la spinta “secessionista-separatista” che proveniva proprio da Gelli, dal suo gruppo e da una certa “massoneria siciliana” contigua alla criminalità organizzata; l’evoluzione del movimento; la spaccatura determinatasi con il gruppo “gelliano”; la fine di quell’esperienza politica.

E il D’Andrea è stato piuttosto preciso e circostanziato sui fatti di interesse nel presente procedimento, su singoli episodi, incontri, luoghi e persone, così da porre in condizione l’Ufficio di svolgere attività di riscontro, che ha avuto per lo più esito positivo.

Per esempio, dei rapporti ed incontri con il Gelli, in relazione al comune per corso politico all’interno del nascente fenomeno del leghismo meridionale, vi sono molteplici conferme, comprese le annotazioni degli incontri, rinvenute nelle agende sequestrate allo stesso Gelli e le relazioni di servizio della Digos di Arezzo aventi ad oggetto le frequentazioni della sua villa da parte dei vari personaggi che ruotavano intorno alla Lega Meridionale, così come sono risultati confermati i legami con ambienti della criminalità organizzata pugliese di alcuni di questi soggetti [38 Cfr. anche le dichiarazioni su Serraino Vincenzo, già riportate, di Marino Pulito (cfr. supra parte I cap. 5 §2 e segg.)].

Peraltro, dalle dichiarazioni di D’Andrea non è emersa alcuna specifica con ferma della natura “illecita” del progetto politico sottostante l’esperienza della Lega Meridionale.

E del resto, la principale fonte di notizie di Pizza sull’esistenza di un vero e proprio “piano eversivo-violento” – a dire dello stesso Pizza – fu Carmelo Corte se e non D’Andrea. Non può, d’altra parte, sottacersi che le dichiarazioni di D’Andrea sulla genesi dei sui rapporti con Pizza hanno gettato una luce ambigua sulla figura dello stesso Pizza.

Non fu infatti un malinteso – a dire del D’Andrea – che determinò la sua convinzione che il Pizza appartenesse ad una qualche struttura investigativa o informativa statale. Ma fu il Pizza stesso a presentarsi ora come “ufficiale di polizia giudiziaria”, ora come “funzionario dei servizi”, arrivando al punto di chiedere al D’Andrea di essere puntualmente informato di ogni sua convocazione da parte della Procura di Palermo, in modo tale da potergli fornire in tempo le notizie che D’Andrea avrebbe, poi, dovuto riferire ai magistrati inquirenti nei suoi successivi interrogatori.

Ed ha sorpreso non poco, altresì, la circostanza che, in data 27 dicembre 1999, un importante periodico nazionale di informazione ha riportato la notizia secondo la quale Massimo Pizza, indicato come “collaboratore” della Procura di Palermo, era soggetto appartenente ai servizi segreti, addirittura capo del “celebre ufficio K” col nome in codice “Polifemo” (notizia peraltro destituita del tutto di fondamento, come comunicato dalla Direzione del Sismi a seguito di formale richiesta di questo Ufficio [ Cfr. “Panorama” del 27/12/1999]).

Pertanto, certi dubbi sulla figura del Pizza, piuttosto che diradarsi, si sono incrementati, anche alla luce di ulteriori emergenze: da alcune intercettazioni telefoni che è emerso, ad esempio, che egli, presumibilmente al fine di guadagnarsi la fiducia di Lanari e D’Andrea, aveva loro riferito cose non vere, preannunciandogli prossime “clamorose” iniziative della Procura di Palermo fondate sulle sue dichiarazioni e sui documenti che i due gli avevano consegnato.

Sicché, alla luce di tale quadro, pur essendo innegabile la convergenza delle dichiarazioni di Pizza con quelle dei collaboratori più accreditati finora esaminate, esse non appaiono dotate di sufficiente attendibilità, se non nella parte in cui risultano pienamente riscontrate.

Il che può affermarsi soltanto per quella parte delle dichiarazioni integralmente confermate da D’Andrea, quando queste ultime siano, a loro volta, riscontrate aliunde: in conclusione, soltanto le rivelazioni concernenti la genesi della Lega Meridionale e la controversa vicenda dei rapporti di quel movimento politico con Licio Gelli e la massoneria (compresa quella siciliana), in merito alla quale – va segnalato – la versione di D’Andrea appare, allo stato, solo parzialmente confermata dalla risultanze degli accertamenti svolti dalla Dia.

[Nell’informativa Dia n.3815/98 del 31/1/1998, infatti, sulla base della documentazione acquisita e delle pubbliche dichiarazioni al momento delle dimissioni di Gelli dalla Lega Meridionale, si perviene alla conclusione che Gelli “ave va tentato di operare una trasformazione della Lega del Lanari in direzione di un più marcato nazionalismo, senza riuscire nell'intento” e non in direzione più spiccatamente secessionista, come sostenuto da D’Andrea].

© Riproduzione riservata