A chi serve la norma sulle liste dei cda

L’articolo 12 della legge Capitali del marzo 2024 ha regolamentato la prassi secondo cui il consiglio di amministrazione uscente di una società quotata può decidere di presentare una propria lista per la nomina del nuovo consiglio, demandando a Consob il compito di emanare disposizioni attuative entro 30 giorni. Le nuove disposizioni del Regolamento emittenti (Re) Consob hanno visto la luce a fine ottobre 2025 (dopo ben 20 mesi di gestazione), con la conseguenza che la lista del consiglio è rimasta inutilizzabile per le (cruciali) tornate assembleari del 2024 e 2025, e potrà essere utilizzata solo a partire dal 2026. La nuova norma di legge del Testo unico della finanza (Tuf) contiene una serie di prescrizioni tanto restrittive quanto convolute. Tra le maggiori peculiarità risaltano i requisiti che la lista del consiglio uscente sia approvata dai due terzi dei consiglieri e contenga un terzo di candidati in più rispetto ai seggi e, laddove tale lista prevalga nella votazione per liste, una inusitata seconda votazione individuale su ciascun candidato della lista da parte dell’“assemblea”. La norma contiene poi un articolato meccanismo per l’allocazione dei seggi in caso di vittoria della lista del consiglio, a seconda che le prime due liste di minoranza ottengano complessivamente più o meno del 20 per cento dei voti. Il mercato è sempre libero. Per gli amici di Meloni A Consob spettava dirimere il punto dell’individuazione degli azionisti titolati a partecipare alla votazione individuale sui candidati della lista del consiglio vincente, su cui si giocava la partita dell’effettiva fruibilità di questo strumento di governance. Il testo proposto da Consob in base agli esiti unanimi della prima consultazione aperta al mercato propendeva, logicamente, per limitare la partecipazione al secondo voto ai soli soci che votano per la lista del consiglio nella prima tornata. Tuttavia, con una mossa inusuale, Consob ha ritenuto necessario acquisire il parere del Consiglio di Stato, il quale ha concluso che la lettera della norma («l’assemblea procede a un’ulteriore votazione individuale») impone di coinvolgere nella votazione tutti gli azionisti presenti. Il dato testuale avrebbe forse potuto essere superato rifacendosi al principio fondante del sistema di elezione per liste, imposto dal Tuf, secondo cui ogni socio può votare per un’unica lista, ovvero chiedendo un intervento chiarificatore del legislatore delegato, il quale peraltro nel frattempo stava lavorando all’ampia delega per la riforma del Tuf concessagli della legge Capitali. Invece, Consob ha scelto di adeguarsi al parere del Consiglio di Stato (non vincolante) ribaltando la sua posizione iniziale. Fatto sta che, come congegnata dopo l’intervento regolamentare, la lista del consiglio risulta di fatto inutilizzabile proprio laddove essa è necessaria, ossia nelle public company, nelle quali per definizione non esistono soci forti che possano presentare una lista “lunga”. Mps-Mediobanca, è nel metodo che si misura la credibilità di un sistema finanziario Infatti, la micidiale combinazione tra l’obbligo di includere un terzo di candidati più dei seggi, la seconda votazione individuale per candidato e la partecipazione al voto di azionisti avversi alla lista tramuterebbe l’elezione in un “tiro al piccione” con esiti imprevedibili e potenzialmente catastrofici per la stessa governabilità della società. Viceversa, l’inutilizzabilità della lista del consiglio non è un problema se la società ha un socio ovvero un gruppo di soci legati da un patto parasociale dichiarato in grado di determinare di diritto o di fatto l’esito del voto: in quel caso la lista del consiglio sarebbe comunque superflua, ben potendosi optare per una lista presentata da tali soci. In un solo caso gli svantaggi di una disciplina così pasticciata potrebbero essere più che compensati da altri benefici e far propendere per la presentazione di una lista da parte del consiglio uscente: quello di una società con uno o più soci forti, per quanto individualmente con quote di minoranza, che per vari motivi non intendano esporsi presentando a proprio nome una lista di maggioranza per l’elezione del consiglio. Al riguardo nei giorni scorsi la stampa ha riportato l’intenzione di Monte dei Paschi di convocare quanto prima l’assemblea per introdurre in statuto la lista del consiglio e quindi in tempo per il rinnovo previsto nel 2026. La posta in gioco è notevole: la prossima elezione del consiglio che guiderà il nuovo gruppo bancario MPS-Mediobanca determinerà anche il controllo della sua partecipazione in Generali, la quale a sua volta è l’ago della bilancia per la governance del Leone di Trieste.