Il governo sta lavorando per cercare di far scendere il prezzo di benzina e gasolio alle stelle e vuole intervenire sull’accisa, l’imposta fissa sui carburanti. Il ministro della Transizione Roberto Cingolani ha anticipato questa mattina al Senato che l’ipotesi sul tavolo è un’accisa mobile, ovvero variabile: il disegno prevede di usare il maggior gettito Iva incassato con l'aumento dei prezzi per scontare momentaneamente in maniera proporzionale le accise sui carburanti. Un funzionario del ministero dell’Economia riferisce che a marzo il maggior gettito Iva sui carburanti è stato di 200milioni, e a fine anno può superare i 2 miliardi, con cui andare a coprire lo sconto.

Come funziona l’accisa

Sulle accise c’è confusione. Il leader della Lega Matteo Salvini le ha usate come argomento di campagna elettorale del 2018 con una tabellona che descriveva le varie voci che le compongono e promettendo di taglia e incorrendo in uno degli errori più comuni sull’argomento: le accise sono in realtà una voce unica dal 1995, anno in cui fu varato il testo unico delle accise. Distinguere le componenti non è solo grossolano ma tecnicamente sbagliato.

Quello che è vero è che nel tempo, il peso sui consumatori è sceso (di poco) e salito a seconda dell’emergenza di turno: a oggi si tratta di 0,728 centesimi al litro sulla benzina e 0,617 sul gasolio. Una cifra che si aggiunge al costo del prodotto e su cui poi viene applicata l’Iva.

La storia

La stratificazione parte da lontano. Più esattamente dal 1935, quando venne stabilito da Benito Mussolini un aumento di 1,90 lire per la guerra in “Abissinia” (nome che venne dato all’Etiopia in età coloniale). Nel 1956 ci fu la crisi di Suez (+14 lire), nel 1953 il disastro del Vajont (+10 lire). Poi l’alluvione di Firenze e il terremoto del Belice, del Friuli, dell'Irpinia.

Tra le motivazioni successive degli aumenti anche le missioni in Libano e in Bosnia, fino ad arrivare anche al rinnovo dei mezzi pubblici e al finanziamento del Fondo unico per lo spettacolo (2012). Ogni volta – tranne rari casi – superata l’emergenza la cifra è rimasta ed è andata a concorrere alle entrate  del bilancio dello stato.

Il prezzo della benzina

Il prezzo alla pompa si calcola su più elementi: il prezzo del prodotto, l’accisa e l’Iva sulla somma. Dunque, facendo un calcolo percentuale, potremmo dire che oggi nonostante la cattiva fama, l’accisa ha un peso inferiore rispetto al prezzo finale, visto che ha un valore fisso mentre è aumentato il prezzo del prodotto in sé, dunque benzina e gasolio. Il Sole 24 Ore ricorda che il 15 marzo, con la benzina a oltre due euro al litro (2,18 euro) si trattava di 1,06 di prezzo industriale (dunque prodotto in senso stretto), i 72,8 centesimi di accisa e infine 39,4 centesimi di Iva.

Mentre continuano i negoziati tra Ucraina e Russia con alcuni spiragli, il prezzo del petrolio sta cominciando a calare e questo sta arrivando anche ai distributori. Secondo le rilevazioni di Staffetta Quotidiana i prezzi stanno cominciando a scendere: benzina self service a 2,105 euro/litro, diesel a 2,108 euro/litro.

Il ministro Cingolani nei giorni scorsi ha parlato di «truffa» sul prezzo, specificando poi che si riferiva alle speculazioni sul petrolio in ambito internazionale.

Il risvolto ambientale (ed economico)

Uno degli aspetti di cui si parla meno ma che non va dimenticato, è che l’accisa ricade su prodotti inquinanti. Come influisce questo sui consumi? Pur rientrando tra i beni di prima necessità, abbassare il costo finale di prodotti come benzina e gasolio deve essere una mossa ben ponderata.

Oggi esistono infatti gli sgravi sul diesel, un beneficio che supera i 5 miliardi e che il ministero della Transizione, pur non equivalendo a una reale entrata ma piuttosto a una mancanza di gettito, cataloga senza esitazioni tra i sussidi ambientalmente dannosi. Gli ambientalisti chiedono da tempo di eliminare questi aiuti.

Infine, attraverso le accise, i carburanti garantiscono un gettito miliardario: nel 2021 gli oli minerali e i derivati hanno raggiunto 23 miliardi 823 milioni (+2 miliardi 565 milioni rispetto al 2020, anno in cui i consumi erano scesi). Andare a ridurle se da una parte alleggerisce nell’immediato il peso sui consumatori, significa ridurre le entrate dello stato.

L’accisa mobile

Cingolani ha anticipato che il governo sta valutando la cosiddetta accisa mobile, ovvero una variazione al ribasso sì, ma in compensazione delle maggiori entrate dell’Iva.

Il precedente è di 14 anni fa. Consentirebbe al crescere dei prezzi industriali, dal momento anche l'ammontare dell'Iva pagata per ogni litro di rifornimento, di controbilanciare questo effetto. E in quest’ultima direzione è andato nel 2008 il disegno di legge Bersani sulle liberalizzazioni.

In sostanza prevedeva che se il prezzo del greggio superava del 2 per cento quello di riferimento fissato nel Documento programmatico di economia e finanza, e se nei due mesi precedenti non c’erano state riduzioni, l'accisa sarebbe stata ridotta proporzionalmente.

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