Siccità, tempeste, grandinate, alluvioni, mareggiate: la sequenza senza precedenti di eventi climatici estremi che hanno investito l’Italia nel 2023, dopo un 2022 pure costellato di disastri, ha provocato un’onda anomala nei bilanci delle compagnie di assicurazioni, che tra l’altro vendono anche polizze danni per i rischi cosiddetti catastrofali. I numeri? Eccoli.

Generali, il gruppo leader in Italia, nei primi nove mesi del 2023 ha visto aumentare fino a 875 milioni le perdite causate dal maltempo. L’anno scorso, la stessa voce del conto economico aveva raggiunto i 673 milioni nell’arco dei dodici mesi, già in forte aumento rispetto ai 493 milioni del 2021. Per Unipol, secondo in graduatoria sul mercato nostrano, le cose non sono andate granché meglio.

Da gennaio fino a fine settembre le perdite si aggirano attorno ai 450 milioni, in gran parte da addebitare all’alluvione di primavera in Emilia-Romagna seguita dalle tempeste di vento e grandine che in luglio hanno colpito il Nord Italia.

Il conto finale, per Unipol come per Generali, è destinato a salire ancora, visto che i dati fin qui pubblicati si fermano a settembre e non tengono conto delle alluvioni che poche settimane fa hanno devastato gran parte della Toscana. Passata la boa del 2023, lo scenario non è affatto destinato a migliorare. Anzi, il futuro che ci aspetta dal punto di vista climatico minaccia di essere ancora più nero.

È questa la previsione pressoché unanime degli scienziati, che associano l’aumento della concentrazione di Co2 nell’atmosfera a una maggiore frequenza degli eventi naturali estremi. In altre parole, l’impatto del clima che cambia è destinato a crescere per le famiglie e per le imprese.

Lo stesso discorso, però, vale anche per le assicurazioni, che dovranno far fronte a risarcimenti sempre più elevati. Gli oneri sono già aumentati del 30 per cento tra il 2019 e il 2021, secondo quanto calcolato dall’Ivass, l’authority che vigila sul mercato delle polizze, un dato che dovrà essere aggiornato, e di molto, al rialzo dopo i disastri degli ultimi due anni.

In prospettiva, però, il climate change può anche trasformarsi in un grande affare per le assicurazioni, a patto di adattare il modello di business alle nuove condizioni di mercato. Una spinta decisiva per le compagnie è arrivata nelle scorse settimane dalla politica. L’ultima legge di bilancio, all’articolo 24, introduce una novità assoluta: per la prima volta tutte le aziende italiane dovranno dotarsi di una polizza contro i danni provocati a “terreni e fabbricati, impianti e macchinari” causati da eventi catastrofali. E cioè, si legge nel testo della norma, “sismi, alluvioni, frane inondazioni ed esondazioni”.

Il contratto a copertura di questi rischi va stipulato entro la fine dell’anno prossimo. Va da sé che un obbligo di questo apre le porte a nuove opportunità di profitto per le compagnie. Secondo alcune stime il volume d’affari di queste polizze anti catastrofi potrebbe sfiorare i 10 miliardi l’anno, come raccolta premi supplementare che finirà nelle casse dei gruppi assicurativi.

Non mancano i rischi, però. Infatti, è possibile che le compagnie rifiutino di assicurare aziende con sede in aree molto esposte, per esempio, a pericoli di inondazioni. In casi come questi la legge prevede sanzioni che vanno da 200 mila euro a un milione di euro “in caso di violazione o elusione dell’obbligo a contrarre”. D’altra parte, per estendere il più possibile la copertura a garanzia delle imprese, il governo ha deciso anche di aprire un paracadute a favore delle assicurazioni.

Funziona così: la Sace, società pubblica, potrà arrivare a coprire fino al 50 per cento degli indennizzi in caso di catastrofe. In questo modo lo Stato si fa in parte carico degli oneri che potranno in futuro gravare sulle compagnie per effetto della nuova legge. Sace comunque non avrà facoltà di spesa illimitata. Il tetto massimo degli interventi non potrà superare i 5 miliardi l’anno nel prossimo triennio.

Secondo il ministro Giancarlo Giorgetti, che un mese fa ne ha parlato in un convegno organizzato dall’Ania, l’Associazione di settore delle assicurazioni, l’intervento della Sace inaugurerebbe una sorta di alleanza tra pubblico e privato a vantaggio degli imprenditori che si trovano sempre più esposti ai cambiamenti climatici, ma non dispongono di coperture assicurative adeguate, molto inferiore a quelle che sono invece la regola nei maggiori paesi europei, dalla Germania alla Francia.

A quanto sembra, però, l’alleanza offerta dal ministro dell’Economia è stata accolta con molte riserve dalle compagnie. “Abbiamo accolto con grande favore la norma”, ha detto pochi giorni fa la presidente dell’Ania, Bianca Maria Farina nel corso della sua audizione sulla Legge di bilancio. La nuova legge però, ha subito aggiunto Farina, “non si fa carico di molti aspetti tecnici e questo potrebbe rendere molto difficile se non addirittura impossibile mettere in pista questo nuovo provvedimento”.

La materia è complicata, ma semplificando al massimo si può dire che il tetto dei 5 miliardi indicato dal governo per l’intervento della Sace è giudicato troppo basso dalle assicurazioni, che, in pratica, chiedono a Giorgetti che venga fissato una sorta di tetto massimo oltre il quale le compagnie non avrebbero l’obbligo di risarcire i danni. Insomma, va bene l’obbligo di assicurare, ma in cambio le assicurazioni pretendono anche un tetto alle perdite che dovrebbero assorbire in caso di catastrofi.

A occhio non sembra una richiesta facile da esaudire, perché vanificherebbe almeno in parte la protezione che il governo dice di voler garantire alle imprese. La strada verso l’approvazione della legge di bilancio però è ancora lunga e la lobby delle polizze è molto influente. Staremo a vedere.

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