Racconta un finanziere di lungo corso, un professionista al centro di molti intrecci tra politica e affari, che la primavera scorsa le banche creditrici della Sampdoria si trovarono a valutare l’offerta messa nero su bianco da Alessandro Barnaba per conto del fondo Merlyn partners, sede in Lussemburgo, uffici a Londra.

La lettera di Barnaba, con toni ultimativi, proponeva di spostare in una nuova società il titolo sportivo della squadra genovese, la rosa dei calciatori e gli immobili della società da tempo sull’orlo del dissesto, confinando il resto in una bad company, compresi i debiti verso gli istituti di credito, che avrebbero dovuto accettare tempi lunghi di rimborso oltre a recuperare solo in parte i loro prestiti a rischio.

Non se ne fece niente, la proposta venne respinta e il salvataggio prese altre strade. A distanza di sei mesi, il nome di Barnaba torna sotto i riflettori delle cronache finanziarie. Il nuovo palcoscenico è molto distante da quello calcistico, ma il copione ricorda quello già andato in scena per il salvataggio della Samp.

Piano alternativo

La lettera questa volta è stata recapitata al consiglio di amministrazione di Tim e insieme a Barnaba è siglata anche da Stefano Siragusa, già top manager del gruppo di tlc guidato da Pietro Labriola, da cui è uscito nell’estate dell’anno scorso. La missiva, 36 pagine in tutto, chiede al cda di valutare un piano alternativo a quello di cui si parla da mesi che prevede la cessione della rete al fondo statunitense Kkr con il contributo del Tesoro, pronto a investire 2,5 miliardi, e di atri potenziali investitori.

Governo contro

L’affondo di Merlyn, del tutto inatteso, ha fatto scalpore e sollevato molti interrogativi, se non altro perché la proposta è arrivata nella serata di venerdì scorso, con una sola settimana d’anticipo rispetto alla riunione del cda di Tim fissata per il 3 novembre, quando gli amministratori del gruppo di tlc esamineranno l’offerta targata Kkr. Nel week end Palazzo Chigi ha subito chiuso le porte ai nuovi arrivati, bollando la loro iniziativa come “estranea alle intenzioni del governo”.

D’altra parte, riesce difficile immaginare come potrebbe essere altrimenti, visto che solo due mesi fa il ministero dell’Economia si è allineato a un’offerta che andava in una direzione opposta a quella recapitata quattro giorni fa.

Merlyn, infatti, propone di non vendere la rete, che “deve restare agli italiani” e di cedere invece le attività cosiddette consumer, cioè i servizi alla clientela. Quella di Telecom, però, è una storia infinita che da anni, anzi, ormai da un quarto di secolo, alterna ribaltoni a manovre sotterranee, in cui ciò che appare spesso è solo la parte visibile di un intreccio ben più complicato che sfugge a un primo sguardo.

Intrecci di Stato

Per capire meglio conviene quindi tirare i fili che partono dai protagonisti di quest’ultimo colpo di scena, fili che riconducono a Luigi Bisignani, il mediatore d’affari, che da anni, come Domani ha già raccontato, dimostra grande interesse per le vicende delle telecomunicazioni italiane, da Tim fino a Open Fiber. Di Siragusa si sa che è un manager inserito da tempo nel mondo delle partecipazioni statali. Fino al 2016 è stato al vertice di Ansaldo Sts, poi nel cda di Saipem, di Enav e infine nella squadra di vertice di Tim, da cui è uscito in modo piuttosto traumatico l’anno scorso. Da allora il suo nome è circolato per i più svariati incarichi, da ultimo nel gruppo Ferrovie dello Stato (come ad di Rfi) e anche di Iren, la municipalizzata dell’energia partecipata dai comuni di Genova e Torino. Adesso Siragusa, che ha fondato un suo veicolo societario (Rari Nantes srl) punta a prendere il posto di Labriola al vertice di Tim e anche questa volta, come già in precedenza, la sua candidatura gode dell’appoggio di Bisignani.

Dossier giallorosso

Il quale, in passato, si è interessato anche al dossier della Roma calcio, dalla complicata vicenda del nuovo stadio della capitale ai passaggi di proprietà che hanno portato la squadra sotto il controllo di James Pallotta e poi, nel 2020, di Dan Friedkin. In entrambe le operazioni ha avuto un ruolo anche Barnaba, che all’epoca scese in campo per conto di Jp Morgan, la grande banca d’affari per cui il cinquantenne manager, romano e romanista, ha lavorato sin dai primi anni Duemila con i più svariati ruoli e da ultimo come responsabile delle special situations, cioè operazioni di salvataggio spesso basate su complesse operazioni anche con il ricorso a strumenti derivati. Prima della Sampdoria, Merlyn si è fatta avanti, questa volta con successo, per comprare il Lille, squadra della massima serie del campionato francese sull’orlo del dissesto. Il salvataggio servì trarre d’impaccio anche il fondo Elliot, grande creditore del club transalpino, noto dalle nostre parti come azionista del Milan, ceduto nel 2022.

Mps e Renzi

Il nome del banchiere di Jp Morgan ricorre più volte anche nella complicata storia di Mps. Non solo per i maquillage contabili realizzati tra il 2005 e il 2009, ma anche, anni dopo, quando Jp Morgan entrò in scena nell’aumento di capitale sponsorizzato dall’allora premier Matteo Renzi che avrebbe dovuto essere finanziato dal Qatar. L’operazione sfumò quando Renzi lasciò Palazzo Chigi dopo la sconfitta nel referendum, Nel 2020 Barnaba si è messo in proprio, creando Merlyn advisor con l’ex collega di Jp Morgan, l’olandese Maarten Petersen. Nel frattempo, il banchiere d’affari, che in alcuni recenti documenti ufficiali, dichiara di essere residente a Montecarlo, si è dedicato anche ad altro, rilevando la boutique romana del lusso Battistoni (dai conti in rosso). L’operazione è stata conclusa attraverso Gryphon holding, la società personale di Barnaba in Lussemburgo. Lo stesso trampolino da cui ora l’ex banchiere di Jp Morgan tenta il grande salto addirittura verso Tim.

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