Banca d’Italia e Corte dei conti, o anche poliziotto buono e poliziotto cattivo nella valutazione del Documento di programmazione economica e finanziaria (Def) del governo, l’una pronta a ricordare che la spesa al momento è buona e l’altra a ricordare che c’è anche quella cattiva da ridurre. 

Oggi le commissioni Bilancio di Camera e Senato hanno condotto le audizioni sul Def licenziato giovedì dal governo che stima un deficit all’11,8 per cento per quest’anno, un debito molto vicino al 160 per cento del debito Pil. Il governo promette di farli ritornare ai livelli pre-crisi rispettivamente nel 2025 e in un decennio.

La cautela di Banca d’Italia

Banca d’Italia ha difeso le scelte del governo che ha appena varato un nuovo pacchetto triplo mettendo soprattutto l’accento sulla cautela necessaria nell’allentare i sostegni all’economia: con gli occhi sulle banche e sul sistema del credito, l’istituzione che fu dell’attuale primo ministro, Mario Draghi, e dell’attuale ministro dell’Economia, Daniele Franco, raccomanda appunto cautela nella fase di transizione che dovrebbe accompagnare l’aumento delle vaccinazioni, una fase in cui, ha spiegato il capo economista Gaiotti, anche le aziende sane rischiano di non farcela.

L’entità della correzione dei conti dipenderà, ha ribadito Banca d’Italia, dal successo nella crescita, alla quale, però, potrà dare un contributo «una rimodulazione della spesa pubblica». 

La Banca d’Italia ha voluto ribadire che il debito dell’Italia è sostenibile, anche se è chiaro che oggi il contesto dei tassi di interesse dipende anche dall’intervento della Banca centrale europea e che col tempo è esposto al rischio finanziario. 

Per diminuire il livello del debito, il governo deve puntare su investimenti pubblici ma anche sull’agevolazione attraverso nuovi strumenti di investimento dei patrimoni privati, sul rafforzamento delle infrastrutture e sulla concreta attuazione delle riforme, puntando a un miglioramento del saldo primario quando le condizioni macroeconomiche saranno migliori. 

La Memoria della Corte dei conti

La Memoria depositata dalla Corte dei conti è molto meno “comprensiva”. «Certamente il Recovery plan rappresenta un'opportunità unica per effettuare investimenti che aumentino il potenziale di crescita del Paese», si legge nel documento, ma per raggiungere tale obiettivo sarà necessario non rinviare ancora una volta la stagione di riforme da tempo sollecitate da tutti gli osservatori internazionali». 

Soprattutto, dice la Corte, «occorrerà seguire un cammino di finanza pubblica molto stretto. La crisi ha, infatti, evidenziato l’esigenza di aumentare strutturalmente alcune componenti della spesa sia corrente, sia in conto capitale».

Anche sul debito i termini sono ben più duri: «La sostenibilità nel medio-lungo termine di un debito già molto elevato prima dello scoppio dell'emergenza, e aumentato di oltre 21 punti nell'ultimo anno, richiede infatti di intraprendere rapidamente iniziative in più terreni di azione».

I magistrati contabili raccomandano un consistente impulso alla lotta contro «l'evasione fiscale per assicurare contestualmente una crescita del rapporto entrate su Pil e una riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese».

Sulla spesa soprattutto, dice la Corte dei conti, si dovrà fare il possibile, non appena le condizioni lo consentiranno, per affiancare all’espansione della “spesa buona” anche il contenimento (e in alcuni casi, da individuare attraverso scelte di policy, la restrizione) di quella “cattiva”».

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