Il decreto sostegni bis è un mix tra un decreto sostegni e un mille proroghe. Al suo interno si trovano norme come crediti di imposta al 50 per cento per le società che fanno pubblicità ad aziende sportive e l’annullamento del pagamento del canone tivù per le imprese della ristorazione, ma anche l'aumento dei crediti di imposta per le aggregazioni bancarie e per le perdite fiscali dovute alla cessione dei crediti deteriorati, una nuova norma ad hoc per le banche pensata per spingere le fusioni e in particolare l’acquisizione di Mps. Un pacchetto che secondo la relazione illustrativa costeranno solo per gli incentivi alle fusioni 35,3 milioni nel 2021, 509,3 nel 2002 e 1,2 miliardi di euro nel 2023. Considerando gli effetti finanziari nel lungo periodo comunque l’erario perde da qui al 2034 30,4 milioni di euro.

Il regalo al futuro acquirente di Mps si trova all’articolo 23 del decreto sostegni bis e il primo regalo è quello di aumentare dal due al tre per cento il limite dell’ammontare complessivo delle perdite «pari alla somma somma delle attività dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione» e di estendere il beneficio «a tutte le perdite riportate a nuovo da parte della consolidante». 

 Cambiano anche i termini per approfittare del beneficio fiscale che vengono spostati di sei mesi al 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022. E cambia anche la norma sulla situazione patrimoniale della capogruppo, per cui si potrà fare riferimento al bilancio dell’esercizio precedente. Il limite per rendere operative le operazioni di fusione viene ora calcolato su un triennio invece che su un anno, passando  «al 30 giugno ed entro tre anni», mentre un tempo in effetti adeguato per concludere l’operazione Mps che il ministero dell’Economia dava quasi già per fatta a gennaio. 

In tutto la relazione illustrativa spiega che si tratta di un aggravio di costi per l’erario solo del 15 per cento in più. Anche Una spesa che ci accolliamo nel nome ancora una volta di Mps e che viene interpretata come una risposta allo slittamento dell’operazione con Unicredit.

Il cambio ai vertici di Unicredit, con l’arrivo del presidente Pier Carlo Padoan e soprattutto dell’amministratore delegato Andrea Orcel, ha infatti rallentato il risiko bancario. Dalle scelte di Unicredit dipendono non di principio ma di fatto le mosse degli altri attori: la banca di Orcel infatti potrebbe decidere di assecondare gli auspici del ministero dell’Economia per farsi carico del Monte dei Paschi di Siena oppure guardare a un istituto come Banco Bpm, da questo bivio dipende anche il destino di Bper che fino a qualche mese fa era raccontata come un istituto pronto al matrimonio come Banco Bpm.

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