Nessun ordine esplicito, questo no. Da Palazzo Chigi, però, è comunque arrivata un’indicazione chiara, uno di quei consigli di cui è impossibile, e politicamente rischioso, non dare seguito. «Nella gara per la presidenza di Confindustria è opportuno tenere un profilo basso». Questa, in estrema sintesi, la linea dettata dalla presidenza del Consiglio alle aziende a controllo pubblico, che saranno chiamate, al pari delle altre imprese associate, a esprimere una preferenza per il nuovo numero uno del sindacato degli industriali.

I gruppi di Stato, a cominciare dai colossi come Eni, Enel o Leonardo, sono quindi liberi di votare chi preferiscono, ma senza partecipare pubblicamente alla contesa con dichiarazioni e prese di posizione a favore di questo o quel candidato. L’obiettivo, ovvio, è quello di evitare ogni intervento che potrebbe essere interpretato come un coinvolgimento diretto del governo in una competizione a cui non viene attribuito grande peso politico.

Colpi bassi

Meglio stare alla larga, quindi, e prendere le misure al presidente una volta eletto. Facile a dirsi, perché poi, nei fatti, ora che siamo nel pieno di una competizione in cui abbondano come non mai veleni e colpi bassi, neppure il variegato mondo delle partecipazioni statali (come si chiamavano una volta) riesce davvero a rispettare fino in fondo la consegna del silenzio.

In ambienti finanziari, per esempio, molti osservatori interpretano parole e opere di Paolo Scaroni, il presidente dell’Enel, come un sostegno al ligure Antonio Gozzi, il patron del gruppo Duferco. Gozzi, che è anche presidente di Federacciai, al momento viene descritto come il terzo incomodo in una gara che vede ai primi due posti l’imprenditore emiliano del legno Emanuele Orsini ed Edoardo Garrone, pure lui ligure, a capo di Erg. Più staccato il quarto candidato, il mantovano Alberto Marenghi.

Secondo indiscrezioni, a Scaroni non dispiacerebbe la poltrona di presidente del Sole 24Ore, ora occupata da Garrone, e quest’ambizione spiegherebbe in parte il suo attivismo nella partita. Va detto che Scaroni si sarebbe schierato a titolo personale, mentre l’Enel guidata dall’amministratore delegato Flavio Cattaneo, si è fin qui tenuta fuori dalla mischia, come da indicazioni governative. Si vedrà al momento del voto, quale sarà la scelta del gruppo pubblico, che secondo quanto si racconta a Roma, potrebbe infine scegliere Orsini.

La scelta di Ansaldo

Per Gozzi ha invece già preso posizione, in questo caso con dichiarazioni pubbliche, l’amministratore di Ansaldo Energia, Fabrizio Fabbri, un manager di Stato, visto che l’azienda che dirige è controllata da Cassa depositi e prestiti. «Mi piacerebbe vedere al vertice di Confindustria Antonio Gozzi», ha detto Fabbri due giorni fa in un’intervista al quotidiano genovese Il Secolo XIX.

L’uscita estemporanea del manager, non proprio in linea con l’ordine di scuderia governativo, è stata accolta con una certa sorpresa a Roma. Fabbri, che viene da una lunga esperienza nel settore petrolifero, ha anche spiegato di apprezzare le posizioni di Gozzi favorevoli al nucleare, un settore in cui Ansaldo Energia è da sempre molto impegnata.

Energivori schierati

Il settore dove il patron di Duferco raccoglie maggiori consensi è quello delle aziende energivore, dall’acciaio, al vetro, alla carta, che apprezzano il programma di un candidato che appare come il più propenso a battersi contro nuove riforme green, soprattutto in sede europea.

Va anche considerato che Gozzi dirige un gruppo con un giro d’affari globale e stretti legami con il mondo della produzione e del trading di energia. Non per niente anche Proxygas, l’associazione che raccoglie le imprese che estraggono o commerciano metano, ha garantito il suo sostegno a Gozzi in sede di presentazione della candidatura. Questa presa di posizione, raggiunta con il via libera dell’Eni, non avrebbe però ricevuto il sostegno di altri associati di peso come Enel ed Edison, che si sono astenute.

Conta finale

Le grandi manovre sono destinate a proseguire in queste ultime due settimane, che potrebbero rivelarsi decisive nella corsa alla presidenza. Il bizantino sistema elettorale di Confindustria prevede infatti che sarà una commissione di saggi a scegliere la coppia di imprenditori che parteciperà al voto finale in calendario il 4 aprile. Quel giorno, davanti ai 182 membri del Consiglio generale dell’associazione, andrà in scena quasi certamente un ballottaggio a due, ma non è neppure da escludere che saranno tre gli imprenditori ammessi all’ultimo round.

I saggi, cioè Mariella Enoc, Andrea Moltrasio e Ilaria Vescovi, sono impegnati in questi giorni in un giro di sondaggi sul territorio, da Nord a Sud della Penisola. Entro metà marzo si saprà chi sono candidati che andranno alla conta, designati sulla base dei risultati delle consultazioni dei saggi.

Garrone ha fin qui raccolto consensi soprattutto tra i grandi imprenditori del nord, a cominciare dalla potente Assolombarda e poi, tra gli altri, Marco Tronchetti Provera e Emma Marcegaglia..

Orsini è più forte tra piccoli e medi industriali e nelle scorse settimane ha ricevuto l’endorsement del banchiere Carlo Messina, a capo del gruppo Intesa.

Gozzi è impegnato in un forcing per recuperare posizioni e spera di essere ammesso al voto del 4 aprile in consiglio generale. Sarebbe una sorpresa, ma non si sa mai.

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