È ormai quasi un quarto di secolo che l’Europa si è dotata di una moneta unica. L’euro, tuttavia, non è nato come progetto a sé stante; la sua introduzione è stata un passo fondamentale del cammino verso l’integrazione europea, che tuttavia resta lungo, difficile e lontano dal compimento. Tommaso Padoa-Schioppa, uno degli “architetti” della costruzione europea nella categorizzazione utilizzata in questo libro da Marco Buti, lo faceva notare già al momento della nascita dell’Unione economica e monetaria, quando ne sottolineava, oltre all’importanza, anche i rischi dell’incompiutezza.

L’introduzione dell’euro ha certamente prodotto importanti cambiamenti nella governance economica europea. Il suo impianto rifletteva, però, una logica in cui l’Unione europea, non disponendo di strumenti per la conduzione di una politica economica propria, agiva da coordinatore di quelle nazionali piuttosto che come un attore vero e proprio. In effetti il governo dell’economia si fondava su un fragile connubio tra forze di mercato e regole di bilancio.

(…) Tali regole, tuttavia, si sono dimostrate ampiamente insufficienti. Da un lato non sono state capaci di impedire l’insorgere di situazioni di squilibrio, effettive e percepite, nei conti pubblici, con rischi, anche gravi, per la stabilità finanziaria. Dall’altro, essendo concepite per favorire la conduzione di politiche nazionali prudenti e la riduzione di elevati debiti pubblici, non hanno fornito adeguati margini di manovra affinché la politica di bilancio potesse accompagnare la politica monetaria in chiave anti-ciclica, nonché assicurare il livello di infrastrutture (“beni pubblici”) necessario per una crescita equilibrata e sostenibile, non compromessa da tensioni sociali e mancanza di consenso politico.

Il test di Monnet

In questo volume Marco Buti raccoglie le analisi su numerosi temi da lui sviluppate durante gli anni in cui ha ricoperto incarichi apicali presso la Commissione europea e le inquadra all’interno di un ragionamento complessivo e unitario. Pur nell’ampia letteratura disponibile in materia, il libro è un contributo originale e importante. (…)

Nel capitolo introduttivo alla personale chiave di lettura si accompagna un interessante metodo di valutazione dell’azione dell’Unione al succedersi delle crisi di questi difficili anni. L’autore parte dall’idea di verificare se le risposte alle crisi passino il “test di compatibilità di Monnet”, valutandole cioè lungo tre direttrici: coerenza economica, vale a dire risposte adeguate alle necessità; coerenza istituzionale, vale a dire azioni intraprese a un corretto livello di governo; coerenza politica, vale a dire sostegno pubblico alla linea d’azione intrapresa. Buti non trascura di richiamare la ben nota frase di Jean Monnet, “pioniere” e padre fondatore dell’Unione europea, relativa a un’Europa forgiata nelle crisi e «somma delle soluzioni date a queste crisi»; egli osserva però che non per tutte le crisi si sono avute risposte tali da passare il test di compatibilità. (…)

Non posso non concordare con Buti sull’inadeguatezza della politica economica europea in risposta alle crisi del 2008 e, soprattutto, del 2011. La gravissima turbolenza finanziaria che ha caratterizzato la fase più acuta della crisi dei debiti sovrani ha reso palese l’incompletezza dell’architettura europea. Il “rischio di sostenibilità” dei debiti pubblici di alcuni paesi, effettivo o percepito e comunque a lungo trascurato dai mercati, si è rapidamente trasformato in un generalizzato “rischio di ridenominazione”. (…)

Negli anni successivi alla crisi, gli errori commessi diedero avvio a un dibattito sul completamento dell’Unione, stimolato anche dai Rapporti che disegnavano programmi di riforma lungimiranti e ambiziosi. Innovazioni di rilievo sono state effettuate con l’Unione bancaria realizzata nel 2014 e il piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali presentato dalla Commissione nel 2020.

La prima, pur operativa nei due pilastri del Meccanismo di vigilanza unico e in quello di risoluzione (peraltro privo di un backstop finanziario adeguato), ancora va completata con la definizione di un sistema unico di assicurazione dei depositi; manca, inoltre, tuttora un sistema efficace e uniforme di gestione delle crisi delle banche medio-piccole.

Il secondo, essenziale anche al fine di rimuovere gli impedimenti posti dalla frammentazione dei mercati nazionali a una trasmissione delle misure di politica monetaria pronta ed equilibrata, resta ancora, come osserva Buti, essenzialmente sulla carta. Le incertezze e i ritardi hanno in larga parte riflesso la contrapposizione tra istanze di riduzione e condivisione dei rischi, una contrapposizione che richiederà, per sbloccarsi, il verificarsi di un evento esterno.

La pandemia

La risposta di politica economica è stata in effetti drasticamente diversa quando, a partire dai primi mesi del 2020, è scoppiata la pandemia da Covid-19. Le misure di restrizione sociale resesi necessarie per contenere gli effetti sanitari della pandemia e l’incertezza a essi associata hanno determinato una nuova e più profonda recessione, estesa a livello globale. Questa volta gli interventi di contrasto europei sono stati decisi e tempestivi; ciò ha permesso di contenere buona parte dei danni economici e finanziari, potenzialmente assai gravi. La cooperazione tra paesi e il coordinamento tra le autorità monetarie e di bilancio hanno segnato una netta inversione di tendenza rispetto al recente passato.

Alle misure disposte dai singoli paesi si sono sommate iniziative a livello europeo finanziariamente ingenti e definite con modalità innovative sia rispetto al passato, sia rispetto allo schema originario regole-mercato. Attraverso uno strumento europeo di sostegno temporaneo (Sure, acronimo di Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) si sono finanziati con debito europeo prestiti a favore dei singoli paesi da utilizzare per l’adozione di misure contro i rischi di disoccupazione nei vari paesi, dando parzialmente attuazione a proposte avanzate in precedenza. (…) Inoltre, di particolare importanza è stato ovviamente l’accordo sul programma Next Generation Eu (Ngeu) col quale l’Unione europea ha deciso di reperire sul mercato oltre 800 miliardi di euro da destinare a prestiti e trasferimenti agli stati membri per finanziare piani pluriennali concordati di spesa e di riforme.

La risposta alla pandemia è stata quindi articolata su un nuovo schema di “isteresi positiva”: un’iniziale, ampia, espansione fiscale finalizzata a conseguire un aumento permanente del tasso di crescita economica sospinto da investimenti privati sostenuti da un grande sforzo infrastrutturale (nelle due transizioni, digitale e verde, e nelle riforme di accompagnamento previste dai Piani nazionali di ripresa e resilienza).

Naturalmente il pieno successo della nuova strategia potrà essere accertato solo nei prossimi anni e dipenderà da un utilizzo saggio ed efficace dei fondi “europei” provenienti da Ngeu, accompagnato dalla piena realizzazione delle riforme collegate: queste possono ancora essere percepite come “aliene” in quanto basate sulle raccomandazioni della Commissione specifiche per paese, ma stavolta potranno essere attuate in un ambiente meno ostile rispetto a quello prevalente dopo il 2010.

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