Con la decisione del governo Draghi di iniziare le riaperture alla fine di aprile, la pressione per accelerare la campagna vaccinale anti Covid-19 si è fatta ancora più forte. Ma mentre le consegne dei vaccini accelerano, alcune regioni continuano a essere in difficoltà. Medici e vaccinatori, però, rimangono ottimisti: se le consegne manterranno il passo, dicono, sarà possibile proteggere tutti i fragili entro l’estate.

Consegne e obiettivi

Fino ad oggi, il principale limite alla velocità di vaccinazione è stata la scarsità di consegne, causata soprattutto dai tagli alle consegne di AstraZeneca. Ma questo collo di bottiglia potrebbe essere presto superato.

Nell’ultima settimana, i produttori hanno consegnato in Italia circa 1,5 milioni di vaccini ed entro il 22 aprile sono attese altre quattro milioni dosi. In totale si tratta di quasi un terzo di tutti vaccini consegnati in Italia negli ultimi tre mesi e mezzo.

Non tutti però sono convinti che la macchina vaccinale riuscirà a reggere il passo di queste consegne. Il governo aveva promesso di raggiungere le 300mila somministrazioni al giorno a metà marzo e le 500mila alla metà di aprile.

Entrambi gli obiettivi sono stati mancati. Soltanto la settimana scorsa è stata superata la quota di 300mila vaccinazioni al giorno e questa settimana il numero è leggermente calato.

«Abbiamo sempre detto che mancavano i vaccini e abbiamo sempre dato per scontato che la capacità di inocularli fosse buona», dice Carlo Palermo, segretario dell’Anaao, sindacato dei medici dirigenti. Palermo ricorda che i centri vaccinali si sono moltiplicati, così come il numero dei vaccinatori. Oggi rimane ottimista: «La mia idea è che per quanto riguarda il personale non dovremmo avere problemi. Semmai possono esserci problemi organizzative locali».

Le regioni

In Italia sono le regioni a gestire il personale e le strutture necessarie a portare avanti il piano vaccinale. Il governo, il commissario straordinario e il ministero della Salute si limitano a fornire linee guida, spesso piuttosto flessibili. Ma il successo o il fallimento della campagna dipende dalle risorse locali.

«La verità è che la pandemia ha colpito un sistema sanitario che ha subito anni di taglia e con lacune di personale distribuite in modo non omogeneo sul territorio», dice Michele Vannini, responsabile salute del sindacato del pubblico impiego Fp-Cgil.

La Calabria, ad esempio, è una delle regioni che hanno avuto le maggiori difficoltà. La sanità regionale è commissariata da oltre un decennio e le sue infrastrutture, mai particolarmente sviluppate, hanno subito anni di tagli.

È anche a causa di queste difficoltà organizzative se la Calabria è riuscita ad ultimare l’accordo per coinvolgere i medici di medicina generale nel piano di vaccinazione soltanto questa settimana, quasi due mesi in ritardo rispetto alle regioni più virtuose.

«L’accordo ci consente finalmente di avere una potenza di fuoco di almeno 75mila somministrazioni a settimana», spiega Rosalbino Cerra, segretario della Federazione italiana dei medici di medicina generale calabrese. «A questo punto non abbiamo più il problema di chi fa i vaccini».

Ma restano altre difficoltà. Il sistema informatico di prenotazione, ad esempio, ha avuto enormi problemi e da due settimane, sostiene Cerra, non viene più aggiornato poiché Poste Italiane, incaricata di gestirlo, si sta occupando di risolvere i problemi simili che si sono verificati in Lombardia. «Una storia che sentiamo da 150 anni», commenta Cerra.

«Dateci i vaccini»

Ma i problemi hanno colpito anche regioni con una sanità ritenuta di alto livello. In Toscana la regione ha deciso di affidare le vaccinazioni degli over 80 ai medici di medicina di medicina generale e gli accordi sono stati ultimati a fine febbraio.

Poi «purtroppo il vaccino non ci è arrivato» dice Elisabetta Alti, medica di base in un ambulatorio a Firenze sud: «Abbiamo ricevuto meno di una dozzina di dosi a medico ogni settimana per un mese e questo ci ha portato ad avere un ritardo nelle vaccinazioni».

Negli ultimi giorni la Toscana ha recuperato buona parte del suo ritardo nelle vaccinazioni dei più anziani. «In due settimane finirò di vaccinare con la prima dose i miei over 80», dice la dottoressa Alti.

Il caso della regione ricorda allo stesso tempo quanto sia facile commettere passi falsi nella gestione delle vaccinazioni e come da questi errori si possa imparare qualcosa.

Come molti suo colleghi, anche Alti resta ottimista. «Dove l’organizzazione si è rivelata fallace i medici hanno ovviato. Dateci i vaccini, pensiamo noi a metterli nel braccio delle persone».

 

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