Quando la pandemia da Covid-19 arriva in Europa all’inizio del 2020, l’Italia è il primo paese a doverne subire le conseguenze. Il governo si trova a dover impostare in fretta e furia misure prima sanitarie e poi economiche per far fronte all’emergenza. Da qui la storia è nota: la pandemia dilaga in Europa, con oramai 30 milioni di persone contagiate e più di 660mila decessi, con quasi 5mila solo nella giornata di ieri.

Quello che è meno noto, però, è come diversi governi hanno comunicato durante la pandemia. I mezzi di comunicazione sono stati essenziali: non solo servono a descrivere l’evolversi della pandemia, delle restrizioni e delle misure messe in campo, ma anche a creare un effetto di coordinamento attorno alle istituzioni, aumentando così l’efficacia delle misure. In Italia questo fenomeno è particolarmente accentuato; secondo uno studio pubblicato dalla società americana Edelman, l’Italia è stato il paese con la più alta percentuale di persone che accedevano quotidianamente a notizie e informazioni sul virus (quasi il 60 per cento) da inizio pandemia, superando così paesi come la Corea, il Giappone o gli Stati Uniti.

Non tutti i governi hanno usato i mezzi di comunicazione nello stesso modo. Nello specifico, l’Italia spicca per la scelta di aver affidato la comunicazione non tanto a canali tradizionali, ma ai profili social privati di Giuseppe Conte. Questa scelta ha determinato un aumento senza precedenti della visibilità della persona di Conte.

I numeri Italiani

Come tutti i politici, il presidente del Consiglio dimissionario ha una pagina personale sui principali social network (Facebook e Instagram, in questo caso). Su questa pagina, Conte ha condiviso video, dirette e informazioni ai cittadini durante tutta la pandemia. Un video del 10 aprile, al picco del lockdown, ha da solo registrato quasi 8 milioni di visualizzazioni, 165mila commenti e 60mila condivisioni.

E non è un caso isolato: dalla prima ondata, le dirette sulla pagina privata di Conte registrano in media 3 milioni di visualizzazioni. La conseguenze di questa impostazione mediatica sono, ovviamente, un aumento smisurato del numero di persone che hanno cominciato a seguire la pagina personale di Conte. Su Facebook, per esempio, Conte veniva seguito da poco più di un milione di persone. Ieri ne registrava più di 3,5 milioni. Un aumento di 2,5 milioni di persone in nemmeno 12 mesi. Numeri che portano il premier Conte, sconosciuto fino a tre anni fa, a gestire una pagina che raggiunge tante persone quante Matteo Salvini, il politico italiano più presente sui social network e che ha cominciato la sua carriera politica ai tempi del liceo.

Questa crescita della pagina personale del premier contrasta con una crescita molto più esigua dei canali ufficiali (+305mila di seguaci da inizio pandemia) i quali, tradizionalmente, passano da premier a premier, e rappresentano l’istituzione, non la persona.

Il confronto europeo

Tutti i leader europei hanno dovuto affrontare la pandemia. Anche loro, quindi, hanno dovuto usare mezzi di comunicazione per gestirla. Tuttavia, la scelta di personalizzare la comunicazione sembra molto italiana. Dal grafico sottostante si evince come nessun altro leader europeo abbia avuto un “boom” come quello di Giuseppe Conte, sia in termini relativi, sia in termini assoluti. Il motivo è che nessun altro leader ha usato esclusivamente canali personali, preferendo invece un mix di comunicazioni istituzionali, personali e televisive.

Angela Merkel non ha nemmeno una pagina Facebook; su Instagram, dove invece è presente, usa la pagina del Cancellierato, non la propria. Questa differenza di stile potrebbe trovare ragione nel maggior uso di social network da parte dei cittadini e politici italiani. Ma non è così: secondo gli ultimi dati Eurostat la percentuale di persone che usa i social media è simile in tutti i paesi considerati: dal 59 per cento della popolazione in Spagna al 42 per cento della popolazione in Italia e Francia.

Un’occasione mancata

I dati appena esposti mostrano come, durante la pandemia, in Italia si sia preferito privilegiare la persona anziché l’istituzione. Se questa scelta può essere considerata politicamente legittima, lo è meno da un punto di vista socioeconomico. L’Italia è uno dei paesi che registra il più basso tasso di fiducia nelle istituzioni. La bassa fiducia nelle istituzioni, studiata da una corposa letteratura accademica economica, è a sua volta un fattore essenziale per la tenuta del sistema democratico e del successo economico.

Se durante la pandemia si fosse rafforzato il rapporto tra i cittadini e le istituzioni, anziché tra i cittadini e una persona, si sarebbe lasciata una bella eredità ai governi futuri. Si è invece preferito creare un partito del premier dal nulla. Forse un’occasione persa, nella migliore delle interpretazioni.

 

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